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La Russia perde l’Ucraina ma vince l’Italia?

L’instabilità italiana, alimentata da Salvini, Berlusconi e Conte, le paure sottili e profonde diffuse da certa stampa esasperata sui rischi di crisi alimentare, di disagi sul gas, creano uno spazio oggettivamente molto interessante per le strategie totali di Putin. L’Italia è ben più importante dell’Ucraina, con tutto il rispetto per Kyiv. L’editoriale di Francesco Sisci

I due piani di battaglia sono talmente diversi da apparire inconciliabili, eppure forse non è così. Il presidente russo Vladimir Putin è un attento stratega. Egli mischia azione militare, a sovversione, diplomazia e politica su vari livelli e varie altezze con destrezza ammirevole. Quindi, senza essere nella sua mente, come si fa a escluderlo? E soprattutto quale sarebbe la ragione di coincidenze altrimenti folli?

Si vedano i recenti eventi in Ucraina, per iniziare. Da circa una settimana le truppe russe hanno ripreso ad avanzare nel Donbass dopo tre mesi di sconfitte cocenti. Ma come avanzano? Con l’artiglieria bombardano villaggi, paesini radendoli a zero. Costringono la popolazione a fuggire e poi occupano spazi vuoti che sono solo cumuli di macerie.
Cosa faranno di queste macerie? Ricostruiscono? E quanto gli costa? Lasciano tutto distrutto? E così creano un deserto che li contamina.

Queste erano le tattiche che i russi avevano già usato in Cecenia o Siria, ma lì i Russi avevano un obiettivo strategico, quello di eliminare ogni base ostile, e non avevano il problema o il cruccio di ricostruire. Né ceceni o siriani sono russi. Gli ucraini non sono la stessa cosa, forse.
Infatti se da un punto di vista tattico c’è l’avanzata russa da un punto di vista strategico in questi giorni si è consumata una sconfitta strategica russa imponente. La chiesa russa ortodossa dell’Ucraina si è staccata dall’obbedienza a Mosca.

Circa il 60% degli ucraini era di fede russa ortodossa. Kiev è la culla della fede russa ortodossa, ben più antica e autorevole di Mosca. Inoltre gli ucraini sono più religiosi dei russi e molti preti ortodossi in Russia sono ucraini. Quindi lo scisma degli ortodossi russi in Ucraina spacca anche la chiesa ortodossa russa in Russia, uno dei pilastri del consenso interno di Putin.

Inoltre anche sul campo: se la guerra si fa con l’artiglieria il vantaggio di Mosca è momentaneo. Se la Nato fornisce obici e tank agli ucraini, come sta succedendo in queste ore, la situazione si ribalta di nuovo in poco tempo.
Le truppe russe sono demotivate, spaventate, hanno subito forse 30 mila morti, il 15% delle forze schierate all’inizio.
I russi non vogliono andare in prima linea e ci vanno i poveracci delle repubbliche autonome, i mongoli buriati, i caucasici dell’Ossezia. Gli armamenti scarseggiano se Mosca ha rimesso in moto i T62, carri vecchi di 60 anni.

D’altro canto gli ucraini difendono la loro terra. Sono testardi e coriacei, non c’è mancanza di combattenti. Le armi poi è solo un problema di permessi. Alle spalle, le maggiori potenze industriali del mondo, Usa e Ue hanno possibilità di forniture praticamente infinite.

Né i ricatti sul grano per esempio hanno un senso di medio o lungo termine. L’Ucraina esporta grano perché è troppo caro produrlo altrove. Ma nel momento che ce ne fosse proprio bisogno, gli Usa da soli potrebbero nutrire tutto il mondo.
Infine, la minaccia di bloccare davvero il carico delle navi di grano ucraino è debole. Se si arrivasse sul serio a un braccio di ferro, una batteria di missili antinave harpoon potrebbe affondare tutta la flotta russa del Mar Nero in poco tempo.

Queste cose Putin le sa sicuramente. Potrà sbagliare qualche importante decimale nelle equazioni dei calcoli politici, ma i risultati non variano di molto. Dove va a parare allora? Alla escalation fino alla guerra nucleare? Mmhh… un uomo così razionale e controllato scivolerebbe in azioni così irrazionali?
Non si sa, ma c’è un’ipotesi più reale.

Non riuscendo a prendere Odessa, dove un napoletano nostalgico inventò “O Sole mio”, potrebbe cercare di conquistare la patria di quel “sole mio”. Qui la partita potrebbe essere meno in salita.
Il leader della Lega Matteo Salvini, parte della maggioranza di governo, annuncia da giorni di volere andare a Mosca, non si sa per fare o dire che. Chiedere a Putin di fermarsi e uscire dall’Ucraina? Di arrendersi? Offrirgli assistenza?

Salvini è sospettato di avere ricevuto aiuti e denari da Mosca. L’accusa non è mai stata chiarita, ed è tornata come un nuvolone oscuro in questi mesi di guerra quando il leghista ha avuto atteggiamenti ambigui rispetto a Putin.
Poi c’è Giuseppe Conte, leader del M5s, anch’esso parte della maggioranza di governo. Egli sembra che voglia togliere l’appoggio al premier Mario Draghi e spingere per le elezioni a ottobre. La caduta di Draghi, in queste condizioni internazionali, spingerebbe in alto lo spread e rischierebbe di mandare in default l’Italia, provocando scossoni importanti nella UE.

Conte ha avuto anche lui posizioni ambigue sulla guerra in Ucraina sostenendo posizioni “pacifiste” che di fatto appoggiavano l’aggressione russa contro la difesa ucraina.
Oltre a loro anche il leader di Forza Italia (FI), Silvio Berlusconi, ha difeso Putin pubblicamente.
Sulla carta queste formazioni hanno la maggioranza netta in parlamento e potrebbero non solo fare cadere questo governo ma formarne uno di segno completamente opposto sulla guerra. Questo naturalmente solo in teoria, perché al di là dei leader, i parlamentari di Lega, M5s e FI sanno bene i rischi che correrebbe il paese in caso di caduta di Draghi.

Ma l’instabilità italiana, le paure sottili e profonde diffuse da certa stampa esasperata sui rischi di crisi alimentare, di disagi sul gas, creano uno spazio oggettivamente molto interessante per le strategie totali di Putin. L’Italia è ben più importante dell’Ucraina, con tutto il rispetto per Kyiv.
Quindi, come e più che nella prima guerra fredda, l’Italia appare essere la caccia grossa della partita europea. Ciò impone subito un cambio di atteggiamento delle istituzioni e degli alleati verso quanto sta accadendo a Roma, e forse anche un cambio di passo sull’impegno Nato in Ucraina con una messa in mora molto più precisa verso Putin.
Comunque, queste sono supposizioni, cattivi pensieri. O forse, come diceva un saggio e spiritoso leader italiano, a pensare male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca.

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