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La lezione ucraina per gli 007 cinesi

Di Richard Fontaine

Non è ancora chiaro se e quanto i leader cinesi fossero a conoscenza di tutti i dettagli specifici riguardo ai piani del presidente Putin. Di certo più di una lezione è stata imparata a Pechino.L’analisi di Richard Fontaine, direttore del Cnas (Center for a new american security)

La guerra russa in Ucraina pone alcune legittime domande per quanto riguarda il comparto dell’Intelligence. Tra questi interrogativi, sicuramente figura il ragionevole dubbio su quanto i servizi segreti della Repubblica Popolare Cinese fossero a conoscenza delle intenzioni russe nell’area e se sì, se ne abbiano sottovalutato le implicazioni di medio periodo. Su questo bisogna sottolineare che i rapporti dell’Intelligence di pubblico dominio indicano che, a fine febbraio, i funzionari degli Stati Uniti si occuparono di avvertire i vertici cinesi delle intenzioni del presidente russo Vladimir Putin e che anzi chiesero anche a Pechino di predisporre assistenza per tentare insieme uno sforzo che evitasse una guerra.

Da queste fonti pubbliche emerge poi che non solo dopo questa sollecitazione i cinesi ritennero che Putin non avrebbe invaso il territorio ucraino, ma che i vertici di Pechino condivisero anche le informazioni statunitensi con i funzionari russi, rassicurandoli sul fatto che non avrebbero ostacolato un’eventuale azione di Mosca. Comunque, non è ancora chiaro se e quanto i leader cinesi fossero a conoscenza di tutti i dettagli specifici riguardo ai piani del presidente Putin in Ucraina e il suo obiettivo di abbattere il governo di Kiev.

Certo è, comunque, che i vertici di Pechino sapessero dell’imminenza della guerra e che, quando gli è stato chiesto un sostegno nell’evitarla, non l’hanno concesso. In ogni caso risulta ancora difficile capire come l’Intelligence di Pechino abbia letto l’invasione russa in Ucraina, soprattutto con riferimento alle lezioni che la guerra può fornire ai vertici cinesi in merito alla questione di Taiwan.

Sicuramente la Repubblica Popolare guarda oggi con grande attenzione a ciò che accade in Ucraina, in primo luogo per valutare come l’esercito russo si muova nella sua guerra di conquista, ma anche e soprattutto per comprendere la reazione della comunità internazionale, e per quanto tempo le misure più coercitive – comprese le pesanti sanzioni economiche – rimarranno in vigore.

Dall’esperienza russa Pechino potrebbe trarre la conclusione che un attacco all’isola di Taiwan probabilmente comporterebbe costi maggiori di quelli che sono oggi previsti, o potrebbe addirittura scommettere che il mondo non si assumerebbe mai l’onere di prendere un provvedimento sanzionatorio contro la Cina come quello attuato nei confronti della Russia, trattandosi di un’economia molto più grande. Oppure, ancora, i cinesi potrebbero semplicemente aspettare di vedere come procedono le cose.

Comunque, a livello di Intelligence, rimane chiaro che il cosiddetto bunker cinese con la pandemia si è ancor più avviluppato su se stesso e che i servizi segreti occidentali hanno sempre più difficoltà nel penetrarlo. Ma lo stesso non può dirsi per l’impianto russo. Su questo si può quindi sostenere che le valutazioni rese pubbliche dalla comunità di Intelligence degli Stati Uniti che riguardavano i piani e le intenzioni russe sono state notevolmente accurate.

Il governo del presidente statunitense Joe Biden ha infatti sostenuto fin da subito che le intenzioni della Russia erano quelle di invadere l’Ucraina e questo nonostante il negazionismo di Mosca. I servizi segreti americani hanno affermato anche che Putin avrebbe lanciato un’invasione su larga scala e che non si sarebbe semplicemente fermato a guadagnare territorio nel Donbass, sostenendo anche che la Repubblica federale stava creando una serie di pretesti ad hoc per giustificare un attacco non provocato.

Queste previsioni statunitensi si sono poi rivelate molto accurate nonostante le ripetute smentite da parte russa. Perciò, in conclusione, anche se i servizi segreti cinesi di Xi Jinping sembrano essere di difficile comprensione per l’apparato di Intelligence statunitense e occidentale, lo stesso non può dirsi più vero per la Russia.

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