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A Wall street la sbornia è finita. E la Bce… La versione di Messori

Intervista all’economista e docente. A breve Francoforte metterà mano ai tassi, portandosi in scia alla Fed come era inevitabile che accadesse. Ma non sempre i prezzi seguono il costo del denaro, anzi. A Wall Street festa finita ma è meglio così, simili aggiustamenti pongono fine al surriscaldamento dell’economia americana

Basta con gli eccessi, forse è tempo di una finanza più vera, più reale, che sia se stessa. In altre parole, giù la maschera e meno sbornie sui listini. Quanto visto nei giorni scorsi sulla principale Borsa mondiale e raccontato da Formiche.net, non è un temporale estivo, violento e veloce. Ma è qualcosa di più profondo, forse strutturale. Che cosa ci sia dietro il ripiegamento della finanza allegra a Wall Street lo spiega a Formiche.net Marcello Messori, economista e gran conoscitore di cose d’Oltre Atlantico.

Nelle ultime settimane da Wall Street sono arrivati segnali piuttosto eloquenti circa l’attuale malessere delle Borse. L’indice S&P è ai minimi dal marzo del 2021 e il Nasdaq ha perso il 27% in 6 mesi. Possiamo leggerla come un ritorno alla normalità dopo il boom dei titoli tecnologici dei mesi del lockdown e all’indomani della fine della politica accomodante della Fed? 

L’accelerazione nella stretta monetaria della Fed ha pesato negativamente sulle aspettative degli investitori finanziari. La preoccupazione è che la reazione ritardata, che sta caratterizzando tale politica, sfoci in scelte eccessive e abbia effetti recessivi sull’economia reale, sommandosi alle difficoltà indotte dal persistere delle strozzature nelle catene internazionali del valore derivanti dalla pandemia e dagli ulteriori squilibri dovuti alle conseguenze economiche della guerra.

Però tale sboom, se così possiamo chiamarlo, non è necessariamente un male… O no?

Gli aggiustamenti nelle quotazioni dei mercati servono anche a riequilibrare gli eccessi derivanti dal surriscaldamento dell’economia statunitense addirittura precedente lo shock pandemico. Resto peraltro dell’idea che, se il quadro macroeconomico internazionale non subisse ulteriori deterioramenti nel prossimo futuro, la dinamica inflazionistica statunitense non sarebbe di lunghissima durata. Alcuni aspetti tecnici indicano la possibilità che, già ora, non si sia lontani dal picco. Il problema è che l’incertezza geo-economica e geo-politica è talmente elevata e radicale da avere conseguenze anche in un’area economica meno colpita dall’impatto bellico.

Una conclusione, Messori?

Semplice, fare previsioni sugli andamenti dei mercati è esercizio difficilissimo e probabilmente inutile.

Parliamo di Europa. In Italia e in generale nel Vecchio Continente, stiamo assistendo a un rialzo generalizzato dei rendimenti sui titoli pubblici. Come si spiega? E quanto c’entra la guerra in Ucraina?

Credo che il rialzo nei tassi di mercato nell’area dell’euro sia, principalmente, il frutto di un effetto-contagio rispetto ai rialzi statunitensi. Del resto, questo effetto-contagio è anche ciò che spiega perché la Bce, pur essendo consapevole che il tasso di inflazione europeo è molto diverso da quello statunitense ed è poco controllabile con gli strumenti della politica monetaria, sia costretta a perseguire una politica monetaria di intonazione restrittiva. Pertanto, si innesca una sorta di circolo vizioso. Vede, poiché vi è il contagio, la Bce e gli investitori di mercato reagiscono accentuando con le loro scelte gli aumenti nella struttura dei tassi di interesse.

Ecco, la Bce. Finora colomba, ma ancora per poco. L’inflazione in Italia come in Europa galoppa ormai a livelli altissimi e non sembra destinata a ripiegare. Quanto ancora può traccheggiare Francoforte?

Come dicevo, la Bce sta avviando una svolta nella propria politica monetaria e, tra pochi mesi, inizierà ad aumentare i tassi di interesse di policy. La dinamica inflazionistica europea non è, tuttavia, particolarmente sensibile alle scelte di politica monetaria perché dipende soprattutto da shock dal lato dell’offerta.

Che cosa significa?

Gli aumenti nei prezzi delle materie prime e in particolare dei prodotti energetici dovuti all’invasione russa dell’Ucraina, che erano già lievitati a causa delle strozzature indotte dalla pandemia, sono poco sensibili a strette monetarie a meno che queste ultime non si traducano in severi impatti recessivi. Vedremo quindi come la Bce saprà incidere sul tasso di inflazione senza compromettere le prospettive di un’economia europea che aveva appena recuperato, in media, i livelli di attività pre-pandemici.

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