Nell’intervista-analisi rilasciata a Gianfranco D’Anna la Consigliera del Csm e Magistrato di cassazione Loredana Micciché traccia un bilancio della difficile situazione della giustizia nel mostro Paese
È un momento cruciale per la magistratura. Nonostante l’esempio di Calamandrei e il sacrificio di Falcone, Borsellino, Occorsio, Alessandrini, Livatino, Saetta, Chinnici, Costa, Terranova, Ciaccio Montalto e di tantissimi altri giudici uccisi da mafia e terrorismo, l’indipendenza dei magistrati sancita dalla Costituzione quale fondamento della democrazia è spesso ignorata, o peggio aggirata, strumentalizzata ed attaccata dalla politica e da vari leader di partito.
Tutta colpa della politica o le toghe ci hanno messo del loro, come evidenzia il marasma mediatico e giudiziario dei cosiddetti casi Palamara e Amara? “Situazioni preoccupanti che segnalano la crisi di una intera classe dirigente che non può non ricollegarsi alla generale crisi della classe dirigente di tutto il Paese” afferma la Consigliera del Csm Loredana Micciché, magistrato di Cassazione e esponente di primo piano di Magistratura Indipendente.
Che tempi ci sono per il rinnovo del Csm e che succede se il Parlamento non dovesse riuscire a varare in tempo la riforma?
I tempi della riforma sono nelle mani della politica, certamente credo non ci siano assolutamente spazi per riuscire a votare a luglio con una nuova legge. Si può ragionevolmente pensare ad elezioni a settembre, con una eventuale proroga di fatto se si dovesse votare più in là, ma non credo che si possa andare molto oltre l’inizio del prossimo autunno.
Valutazione della riforma Cartabia?
Sugli aspetti della riforma che riguardano la carriera dei magistrati, le valutazioni di professionalità, l’inasprimento del regime disciplinare il Csm ha espresso un parere critico che ho votato, e al quale non posso che riportarmi. Quanto all’aspetto inerente alla posizione dei magistrati al termine di un mandato elettivo di natura politica, preciso che il parere ha considerato con favore il divieto di rientrare nelle funzioni giudiziarie, mentre è parsa troppo severa la limitazione imposta a chi ha rivestito incarichi di diretta collaborazione presso i ministeri. Complessivamente, ritengo che la riforma si sia posta molti obiettivi ambiziosi che era oggettivamente difficile raggiungere, obiettivi rispetto ai quali le soluzioni adottate non mi sembrano soddisfacenti.
Perimetro e limiti dell’associazionismo interno alla Magistratura, le cosiddette correnti?
Sono convinta della impossibilità di eliminare le idee (o meglio, al contrario, della bontà di avere e coltivare ideali), e quindi della impossibilità di eliminare l’associazionismo giudiziario. È naturale credere e propugnare una visione della magistratura e del modo di essere magistrati, ed è giusto che non esista un pensiero unico nell’esercizio del governo autonomo, poiché in qualsiasi sistema democratico è fondamentale il pluralismo e la conseguente sintesi delle diverse posizioni. Faccio un esempio semplice: liberalismo o imposizione di divieti assoluti agli incarichi extragiudiziari? Ciò detto, è a tutti chiaro che l’associazionismo deve recuperare la sua funzione ideale ed abbandonare le degenerazioni clientelari.
Bilancio di una travagliata consiliatura ed eredità per la prossima?
La presente consiliatura, a tratti drammatica, ha comunque portato a termine riforme importanti in gran parte condivise (circolare sulle tabelle, sugli uffici di procura, sulle conferme dei dirigenti), in parte non del tutto condivise ( accesso alle funzioni di legittimità, limitazione agli incarichi extragiudiziari). Dopo il sofferto periodo che ha condotto alle altrettanto sofferte dimissioni di cinque consiglieri, la consiliatura si è caratterizzata per una accesa conflittualità, dovuta proprio alle contrapposizioni delle opposte visioni associative, ispirate, da un lato, a idee giustizialiste e, dall’altro, a posizioni più garantiste. Le vicende di questi anni hanno dimostrato che non esiste il bene assoluto o il male assoluto, e hanno comunque generato la positiva volontà di riparare agli errori commessi. I prossimi consiglieri spero potranno intraprendere un percorso di sintesi e pacificazione.
Cosa manca ancora perché si possa affermare che la Magistratura ha davvero voltato pagina?
I tempi di recupero a seguito di scandali sicuramente esistenti (ma anche amplificati dalla stampa) non possono essere brevi. Personalmente, e posso dire lo stesso per i colleghi con cui ho lavorato, ho svolto il compito assegnatomi cercando di studiare e decidere sulla base degli atti, delle circolari e dei curriculum dei candidati. L’errore umano è fisiologico, ma per quanto mi riguarda non sono stati seguiti metodi di spartizione. Segnalo però, quanto agli incarichi direttivi, che spesso i pareri provenienti dai locali consigli giudiziari non attestano le criticità dei candidati, rendendo così inevitabili nomine poi discusse. Occorrerebbe una maggiore responsabilizzazione dei dirigenti perché vengano evidenziati, nei rapporti informativi, eventuali profili problematici dei candidati aspiranti ad incarichi direttivi e semidirettivi. In conclusione, spetta ai prossimi consiglieri il compito di proseguire il difficile cammino verso il recupero della credibilità da parte dei cittadini e dei colleghi: voglio però dire anche che il percorso deve essere intrapreso certamente da chi ha posizioni di responsabilità, ma coinvolge tutta la magistratura. E aggiungo che le visioni disfattiste verso le Istituzioni di certo non aiutano a restituire ai magistrati l’autorevolezza e il rispetto che meritano.
A rinfocolare le polemiche si è aggiunto da ultimo anche il concorso per l’accesso in magistratura…
Ritengo improbabile, in base alla semplice legge dei numeri, che oltre 3500 giovani dichiarati non idonei all’ultimo concorso abbiano commesso errori ortografici o gravi errori di diritto. Certamente possono esserci stati molti casi di errori gravi, ma tremilacinquecento sono davvero troppi. Troppo ingeneroso sarebbe il giudizio per la Scuola e l’Università italiana e, in generale, per i nostri giovani che sono il futuro del Paese e che, mi risulta, all’estero ottengono parecchi successi. Penso invece che selezionare solo una bassissima percentuale di idonei, lasciando scoperti 90 posti di magistrati in una situazione drammatica per gli uffici giudiziari, sia frutto di una scelta ispirata a criteri tecnici improntati a un rigore che ritengo incomprensibilmente estremo, posto che la prova orale ben consente, nei casi dubbi, di fugare eventuali incertezze sulle capacità dei candidati. E mi riferisco soprattutto a quei casi in cui uno dei compiti risulta svolto in modo brillante e valutato con un voto alto. Segnalo che, dopo l’entrata in vigore di leggi che sono una vera mannaia per i processi penali (mi riferisco al regime delle improcedibilità), il Consiglio Superiore ha dovuto lasciare scoperti molti posti delle Corti d’Appello, ove i processi si bloccheranno: questo perché non avremo abbastanza magistrati da immettere nei posti di primo grado, che a loro volta non possiamo lasciare troppo scoperti (altrimenti i processi non si celebreranno).Insomma, bisognava dare ad almeno altri 90 di questi 3.500 ragazzi una chance in più. Non è molto, ma per la giustizia italiana sarebbe stato moltissimo.