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Papa pro-Putin? La guerra siriana aiuta a capire

Si accende il dibattito se Francesco, anche sull’Ucraina, sia in realtà a favore di Mosca. Che ne discutano in molti, preoccupati delle sofferenze e della delusione che emerge dal cattolicesimo e dall’ortodossia ucraine, vittime di questa aggressione, mi ha interessato. Perché lo stesso è accaduto al riguardo della sorella maggiore, la guerra siriana. La riflessione di Riccardo Cristiano

C’era una volta “il” pensiero cattolico. Secondo “il” pensiero cattolico il papa aveva sempre ragione. E dunque il pensiero era proprio “il” pensiero. Poi è arrivato Francesco. Un papa che dice “chi sono io per giudicare” ha aperto un’epoca nuova: innanzitutto perché sta trasformando la Chiesa, non più un giudice eterno, arcigno, al di sopra e al di là della Storia. Proprio per questo  alcuni ne hanno dedotto che il papa ha sempre ragione, ad eccezione di questo che ha sempre torto. Questo dato di fatto ha tolto interesse al confronto, dimostrando scarsa consuetudine con l’idea di non avere tutti la stessa idea, dal colore che devono avere le palline da tennis al senso di questa guerra.

Ora si accende il dibattito se Francesco, anche sull’Ucraina, sia in realtà a favore di Mosca. Che ne discutano in molti, preoccupati delle sofferenze e della delusione che emerge dal cattolicesimo e dall’ortodossia ucraine, vittime di questa aggressione, mi ha interessato. Perché lo stesso è accaduto al riguardo della sorella maggiore, la guerra siriana. Molti esponenti cattolici e musulmani vicini a Francesco e alla sua teologia della fratellanza, come molti miei amici siriani, percepirono le sue scelte come un abbandono dei siriani in favore di Mosca. Trovo che parlare di questo abbia valore perché non parliamo di quegli ambienti che, per capirci, ritengono questo papa l’antipapa. Al contrario. Ma se Francesco è più forte del Komintern, se il confronto apre le finestre e fa respirare tutti, allora ricordare cosa è successo ieri può essere importante anche per capire cosa accade oggi. E rendersi conto che a deformare Francesco, questa è la mia tesi, è la rappresentazione della realtà, cioè di ciò che lui fa, o propone.

Francesco era papa da poco nel 2013, quando ebbe luogo la strage chimica della Ghouta, i disperati suburbi di Damasco dove l’esercito di Assad, ormai è dato per certo, massacrò con il sarin un numero imprecisato di persone, le stime più diffuse parlano di circa 1500 individui, tra i quali molti bambini. Stati Uniti e Gran Bretagna avrebbero pensato a un intervento che non volevano fare per tanti motivi; lo scarso consenso delle opinioni pubbliche ma anche l’enormità dell’arsenale chimico siriano. Se il regime fosse caduto chi si sarebbe impossessato di quelle armi? Con la famosa lettera a Putin e poi con la preghiera mondiale per la pace Francesco sembrò voler fermare un’azione militare che personalmente ritenevo indispensabile e che non avrebbe fatto invadere la Siria, ma reso inagibili le piste da cui decollavano gli aerei siriani che massacravano i siriani. Francesco dimostrò di pensarla diversamente: la sua idea era quella di favorire un circolo virtuoso che avvicinando russi e americani portasse alla distruzione di tutte le armi chimiche e poi a un processo politico di riforme che avrebbe rifatto con il consenso della comunità internazionale una Siria vivibile per i siriani.

Molto di più di quel che Obama sarebbe stato disposto a pensare. La macchina sembrò decollare, russi e americani fecero ammettere a Assad di avere un enorme e illegale arsenale chimico, che l’Onu avrebbe distrutto (non tutto). La risoluzione fu unanime. Ma davvero russi e americani vedevano di buon occhio l’avvio di un circuito virtuoso? Proprio la crisi in Ucraina, nel 2014 li allontanò e entrambi dimenticarono le buone intenzioni. Mosca così usò quell’occasione per tornare nel Mediterraneo, impossessandosi di quella crociata neo-con, la guerra al terrorismo, che la portò a invadere la Siria, su gentile invito del regime, proprio nell’anno seguente, il 2015. Da allora l’unico leader mondiale che si è speso con tutti per i siriani è stato Francesco, in innumerevoli circostanze. Non ricordo un Concistoro dedicato a una discussione sull’attualità che non sia quello che ebbe luogo allora, proprio sulla questione siriana. E poi con appelli, lettere, dichiarazioni ufficiali, il dramma dei siriani è rimasto davanti agli occhi di un mondo a dir poco distratto solo grazie a lui. Sarebbe inutile citare tutti gli Angelus dedicati ai rimossi milioni di profughi ammassati ad Idlib, o le missioni cardinalizie per sollecitare Assad a rispettare i diritti umani calpestati.

Ma la rappresentazione di questo tentativo non c’è stata. La rappresentazione di quella preghiera e di quella pagina da pochi capita è stata ben altra: il papa avrebbe aiutato Assad e Putin a combattere i terroristi distruggendo la Siria, deportando i siriani, riempiendo le carceri e le fosse comuni, cioè sarebbe stato protagonista di uno schema assolutamente binario, manicheo, nel quale le vittime erano i cattivi. Anche in questa guerra, si sente solidarietà con le vittime? È questo il problema!

Il mondo cristiano, in Siria e in Europa, si piegò a una narrativa in gran parte omogenea alla propaganda di Mosca e Damasco, che nella loro rappresentazione diventavano i buoni contro un blocco di cattivi. Il nemico perfetto, l’Isis, aveva compiuto il miracolo. Ovviamente i cattivi c’erano in chi dirottò e poi sequestrò la rivoluzione tradita e abbandonata ai marosi locali, ma pochissimi oggi hanno il coraggio di dire che dall’altra parte c’erano i buoni. Ciò che mi sembra evidente è che la realtà di ciò che ha tentato Francesco è offuscata dalla rappresentazione della realtà, e dalle pulsioni profonde di molti che, magari in buona fede, rappresentano uno sforzo diplomatico e umano da parte di Francesco in modo molto diverso da quello che è stato o cercava di essere.

Oggi il racconto oppone bellicisti e pacifisti e vede un patriarca indossare l’elmetto e benedire i carri armati: Francesco invece ha saputo dire che non sa se le armi vadano date o no agli ucraini. Sa di non poter benedire le armi, ma di non poter neanche negare il diritto a difendersi? A me sembra così, e dicendo che è troppo lontano per dirlo ha demandato ai vescovi ucraini. Ma ha aggiunto che in Ucraina è come in Ruanda. Parole durissime, che sono scomparse rispetto a quelle sulla Nato che abbaia. È qui il punto che pochi colgono. Come l’iniziativa sulla Siria anche questa rischia di essere rappresentata piegandola ai parametri degli opposti estremismi e non del processo virtuoso che Francesco vorrebbe innescare. Allora discuterei di questo: come è stata rappresentata l’iniziativa di Francesco?


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