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Che fine ha fatto il patto sociale per l’Italia di Bonomi e Draghi

C’è da registrare il naufragio del patto sociale che avviene proprio mentre il segretario generale della Cisl al congresso della sua associazione aveva provato a rilanciarlo. L’opinione di Luigi Tivelli

Mi sembra che gli organi di informazione non abbiano colto a sufficienza il grave significato del naufragio del “patto sociale per l’Italia” di cui nei giorni scorsi il presidente di Confindustria Carlo Bonomi è stato costretto a prendere atto. Circa otto mesi fa, Bonomi ad una grande assemblea di Confindustria che per la prima volta si svolgeva nel Palazzo dei congressi dell’Eur lanciò la proposta del “Patto per l’Italia”, cioè di un grande patto sociale subito ripresa e rilanciata dalla stessa tribuna dal presidente del Consiglio Mario Draghi.

Mi era sembrato un ottimo inizio e il manifestarsi del combinato disposto del lancio del “patto sociale per l’Italia” da parte dei due presidenti rappresentava una risorsa fondamentale per il Paese.

Ebbene, purtroppo, nei giorni scorsi, all’assembla privata di Confindustria, il presidente Bonomi è stato costretto ad “archiviare” la pratica, prendendo atto che “si è inabissata la prospettiva su cui avevamo insistito tanto, cioè di affrontare la ripresa attraverso un grande patto per l’Italia. Un rinnovo in forma revisionata e corretta di quello che nel 93 era stato il patto sociale del presidente del Consiglio Ciampi. Bonomi ha sottolineato in questa assemblea che i partiti preferiscono rapporti bilaterali col presidente del Consiglio “e una parte del sindacato ha risposto che avrebbe solo parlato col governo e non certo con noi”.

Uno dei principali soggetti che ha incoraggiato negativamente tali atteggiamenti è stato il ministro del lavoro Orlando. Ora, purtroppo, c’è da registrare il naufragio del patto sociale che avviene proprio mentre il segretario generale della Cisl al congresso della sua associazione aveva provato a rilanciarlo. Ci hanno pensato le defezioni prima dei leader di Cgil e Uil Landini e Bombardini e, per non poca parte di quella del ministro Orlando, ad inabissare questa prospettiva per l’Italia, dando un colpo di grazia ad un progetto che per certi versi era tale da riprendere al meglio la grande proposta di patto sociale e politico dei redditi lanciata dal ministro del bilancio Ugo La Malfa nel governo Fanfani, preparatorio del centrosinistra, del 1962. E così, “l’Italia sociale” si muove come vascello nell’ambito di tante quotidiane tempeste e tempestine mentre di un vero e serio patto sociale, accompagnato tra l’altro da una seria politica attiva del lavoro, ci sarebbe più che mai bisogno.

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