Dalla “guerra per procura” fomentata dagli Stati Uniti alle balle nucleari. Fenomenologia della propaganda russa che sulla tv italiana dà fiato al partito anti-americano (e fa godere Putin). Il commento del generale Carlo Jean
Molti dei “salotti buoni” dei centri studi di geopolitica e relazioni internazionali del nostro Paese hanno fatto propria – talvolta con mal celato entusiasmo e sempre con molta spocchia – l’interpretazione russa secondo la quale la guerra in Ucraina sarebbe una guerra per procura decisa e finanziata dagli Stati Uniti per loro interessi nazionali, sempre più confliggenti con quelli europei e italiani. Non sarebbe più una guerra per salvare l’Ucraina, come lo era all’inizio, ma per sconfiggere la Russia.
Gli Stati Uniti vorrebbero indebolirla definitivamente, non tanto per impedirle di riprendere l’aggressione, quanto per renderla un alleato insignificante sia per l’Europa che per la Cina. Come by-product, tale politica, che comporta il prolungamento del conflitto in Ucraina, indebolirebbe anche l’Europa. Essa, ne sosterrebbe la maggior parte dei costi e resterebbe più esposta al rischio che Putin, per disperazione, faccia ricorso alle armi nucleari. Rimarrebbe perciò più docile alla volontà di Washington.
I sostenitori del fatto che la guerra in Ucraina sia “per procura”, con Zelensky prono alla volontà americana, sostengono che a Putin debba essere concesso qualcosa, che evidentemente non può conquistare con le armi, per indurlo a sedersi al tavolo dei negoziati di pace. Peccato per gli ucraini, ma cosa contano i loro interessi rispetto alla pace e ad evitare il rischio di una guerra nucleare? Beninteso, le concessioni che accontenterebbero Putin non vengono precisate. Per ora i russi vogliono tutto.
È impossibile persuadere gli ucraini di concederglielo. Entrambi sono convinti di poter migliorare, combattendo, la loro posizione negoziale. Ciò irrita i sostenitori della “guerra per procura” e i fautori della trattativa di pace a ogni costo. Ma, invece di prendersela con l’aggressore, cioè con Putin, se la prendono con l’aggredito, cioè con Zelensky e i suoi protettori Nato e americani. Forse hanno letto Clausewitz, che afferma che, a iniziare ogni guerra è proprio l’aggredito. Il conquistatore è sempre pacifico. L’ideale per lui è avanzare fra gli applausi e lanci di fiori. Invece il difensore, invece di applaudirlo, gli spara contro. Quindi la colpa della guerra e delle sue inevitabili brutture è sua. Secondo i pacifisti ad oltranza, gli ucraini andrebbero quindi puniti (!).
I fautori della tesi della “guerra per procura” non giungono ad affermare che gli Usa l’abbiano provocata deliberatamente (ingannando Putin sul fatto che non sarebbero intervenuti, oppure addirittura pagandolo perché, aggredendo l’Ucraina, fornisse loro l’occasione di consolidare il loro potere, in primo luogo sui riottosi europei).
Esponenti di questa scuola – diciamo di pensiero – come il prof. Revelli, suggeriscono che le responsabilità non sono solo del Cremlino. Gli Stati Uniti renderebbero impossibile ogni trattativa di pace, sostenendo o, addirittura, provocando gli ucraini più radicali. Per il “Partito della Pace”, l’Italia dovrebbe dissociarsi dalla Nato e dall’Ue, se non riuscisse a cambiarle. Secondo qualche mente più “illuminata” o “poetica” di tale inclita cerchia, l’Italia dovrebbe denunciare ogni accordo al riguardo con gli Usa e con l’Europa, e allearsi invece con la Cina e l’India (sic!), per promuovere una conferenza di pace (senza tener conto che New Delhi e Pechino sono più interessate a fare affari cha alla pace in Ucraina).
Mentre capisco che la guerra per procura degli Usa e della Nato, per interposta Ucraina, sia un “cavallo di battaglia” della propaganda della Russia – alla cui opinione pubblica è sempre più difficile spiegare come la “gloriosa armata” sia stata bloccata da una masnada di ucraini, nazisti e gay, mi riesce difficile capire le critiche appena velate rivolte all’Ucraina e la resistenza a darle aiuti per difendersi, mentre prima vi era stata una mobilitazione di solidarietà.
Ha influito di certo il ritardo della mobilitazione della propaganda russa nei media italiani, della cui diffusa infiltrazione ha parlato Franco Bernabè a “Otto e 1/2”. Esso deriva verosimilmente dal fatto che anche gli “agenti d’influenza” erano persuasi che il tutto si risolvesse in pochi giorni. L’entità degli aiuti militari e finanziari americani e le espressioni poco diplomatiche del presidente Biden e di suoi collaboratori hanno influito sul mutamento delle percezioni dell’opinione pubblica, ma non certamente sulla trasformazione del conflitto in una guerra per procura. Il sostegno dell’Urss non ha trasformato la guerra dei Viet Cong in una per procura del Cremlino. Con il “Lend and Lease” americano di fine 1940, la guerra dell’Uk non è divenuta per procura.
Affermarlo è anche ingiusto nei confronti degli ucraini. Si battono con coraggio e subiscono distruzioni sicuramente non per gli USA. Anzi, hanno spesso manifestato una certa indipendenza nei confronti di Washington. Prima, con il “non voglio un passaggio, ma munizioni” di Zelansky, quando alla fine di febbraio gli Usa volevano esfiltrarlo da Kiev. Poi, con la sua proposta di “neutralità garantita” fatta dalla delegazione ucraina nelle trattative in Turchia. Essa sorprese gli Stati Uniti che non la commentarono per vari giorni. Quando si resero conto che la garanzia sarebbe gravata soprattutto su loro, tirarono fuori la tesi che una vittoria dovesse comportare l’“indebolimento della Russia”, per dissuaderla da ulteriori aggressioni. Tale tesi mi sembra logica. Nessuno vuole rimanere insabbiato per anni a garantire la sicurezza dell’Ucraina. Non si accontenterebbe neppure che quello ucraino divenga un conflitto congelato, pronto ad esplodere dopo una tregua.
“Apriti cielo”! Il partito della “guerra per procura”, si è scatenato contro gli Usa, contro la Nato e contro Draghi. È stato raggiunto dai “profittatori politici della guerra” che, per qualche voto, non vogliono che l’Italia dia all’Ucraina armi pesanti. Il sarcasmo internazionale nei loro confronti rimane anche se, dalle dotte discussioni sulla differenza fra armi offensive e difensive, ora si è limitato al divieto di trasferire all’Ucraina carri armati. Secondo tale bizzarra tesi, per loro natura i carri potrebbero provocare l’escalation del conflitto.
È un’idea balzana. I russi stanno lentamente avanzando nel Donbass con masse di carri, contro cui ci si può difendere solo, checché ne pensino i Napoleoni nostrani, con altri carri. La spiegazione dell’insistenza sui carri armati può essere diversa. I nostri “prodi” possono essersi accorti che il governo non ha intenzione di dare carri armati all’Ucraina. Quindi il divieto di darli, consente di racimolare qualche voto senza fare danni. Oppure si sono accorti che l’Italia ne possiede pochini di moderni: 150 “Ariete” in tutto, rispetto – sempre secondo il Military Balance 2022 – agli 858 dell’Ucraina e ai 2927 della Russia.
Per un Paese come l’Italia è necessario mantenere il livello di prestigio e di credibilità internazionale consentito dalle “baruffe chiozzotte” della sua “sgangherata” classe politica. Sarebbe opportuno che si attenuasse l’allineamento massiccio di molti alle tesi della guerra per procura sostenute dal Cremlino e che si facesse qualche analisi geopolitica seria sui prevedibili assetti dell’Europa e del mondo dopo la fine del conflitto in Ucraina e di quali siano i concreti interessi nazionali, da far valere innanzitutto a livello europeo e transatlantico.