Il politologo: “Con la sua aggressione assurda all’Ucraina, Putin ha reso lo status dei neutrali non più una garanzia di sicurezza. Il presidente turco? Non è credibile come negoziatore. Il rafforzamento della Turchia è uno dei tanti regali che dobbiamo alla leadership miope di Merkel”. E poi il ruolo della Cina e il viaggio di Draghi
Vladimir Putin è il miglior impiegato della Nato, è lui ad aver provocato la fine della neutralità di quei paesi che, per paura, oggi vogliono aderire all’alleanza atlantica. Lo dice a Formiche.net Vittorio Emanuele Parsi, professore all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e uno dei politologi italiani più esperti, autore de “Titanic – naufragio o cambio di rotta per l’ordine liberale” (Il Mulino), secondo cui il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan non è più credibile come negoziatore tra Ucraina e Russia.
È credibile il presidente turco come mediatore nel conflitto russo-ucraino dopo la sua contrarietà all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato?
Assolutamente no, perché sta mettendo a repentaglio la posizione condivisa da parte dei paesi atlantici e renderebbe ancora più sovrapponibile la membership Nato alla membership dell’Unione. Ha inoltre addotto motivazioni irricevibili che toccano il diritto di asilo dei curdi, senza dimenticare altri scenari.
Ovvero?
In Siria, con Putin, ha messo in tensione la Nato, come ha già fatto con la guerra all’Isis: non è assolutamente un nostro vero alleato. Se guardassimo a chi si sta mettendo di traverso a Nato e Ue vedremmo, rispettivamente, Erdogan e Orban: sono due membri autoritari di due organizzazioni democratiche. Per questa ragione sono entrambi irricevibili.
La partita del gas, che vedeva gli Usa fermare l’Eastmed, è connessa alla postura turca?
Ci sono elementi con cui poter trattare con Erdogan e non è escluso che, da giocatore privo di scrupoli quale è, lo faccia fino in fondo. Detto ciò, penso che il gas non vada sopravvalutato: anche a Orban è stato offerto di poter continuare ad acquistare gas e petrolio, ma lui vorrebbe porre il veto ad una decisione della Commissione. Così come vuole danneggiare la Commissione – che lo ha posto sotto procedura di attenzione prima della guerra – Erdogan vuole indebolire la Nato, non rafforzarla. E’ convinto di poter giocare una sua partita nel Mediterraneo orientale: sarebbe questo contro i nostri interessi nazionali, per come ci ha trattati in Libia e per come punta ai giacimenti di gas al largo di Cipro e Israele. Lo ricordo ai sostenitori italiani di Erdogan.
Come giudica il fatto che si stia riavvicinando a realtà mediorientali con cui aveva rotto i ponti?
Il rafforzamento della Turchia è uno dei tanti regali che dobbiamo alla leadership miope e narcotica di Angela Merkel: è sua la regia del pessimo accordo sui migranti raggiunto con Erdogan. A nemmeno un anno dalla sua scomparsa politica, quello che in pochi ieri dicevamo, oggi inizia ad essere più chiaro a tutti, ovvero il danno permanente che Merkel ha causato alla Nato e alla pubblica sicurezza. Per cui certamente sono stati commessi degli errori che non vanno reiterati: Erdogan è inaffidabile.
Antony Blinken ha detto sì all’invio in Turchia degli F-16 Viper dopo aver espulso il paese dal programma degli F-35: come mai?
È molto più importante che non vi siano ostacoli alla membership di Finlandia e Svezia, per una questione di principio, che non dare qualcosa in più a Erdogan. Non c’è paragone tra le due cose. Inoltre lui potrà anche essere convinto di essere eterno, ma nessuno lo è.
Il consigliere e capo negoziatore ucraino Mykhailo Podolyak ha scritto su Twitter che “finalmente il mondo intero si è stancato della Russia, nessuno è più interessato alle minacce di Mosca, i confini della Nato raggiungeranno la periferia di San Pietroburgo”. Che ne pensa?
Non è che noi siamo così lontani da San Pietroburgo, perché i confini estoni sono più o meno simili a quelli finlandesi. Il punto è che Putin, attaccando l’Ucraina, ha reso lo status dei neutrali non più una garanzia di sicurezza. Prima di allora Svezia e Finlandia non avevano mai pensato di entrare nella Nato. È ovvio che la politica di Putin lo abbia reso l’impiegato modello della Nato. Bisognerebbe dargli un premio, perché con le sue azioni dissennate ha fatto crescere quote di mercato.
Nell’architettura di sicurezza del futuro quali saranno le strategie da migliorare?
Il paradosso è che adesso Putin ha scatenato la sua guerra e tutti siamo dentro una logica bellica. Ma a un certo punto il conflitto cesserà e non ci sarà alcuna escalation nucleare: torneremo a ragionare di un mondo in cui ci sono le grandi economie, l’innovazione tecnologica e un problema di inclusione dei grandi popoli. La Russia non ha alcun asset del genere: non è una grande economia, non rappresenta una grande massa come l’Africa subsahariana, non è un grande polo tecnologico, non è leader del commercio internazionale come Usa, Ue e Cina.
Quindi?
Ragionando sull’equilibrio del futuro dovremmo chiederci come uscire da questo imbuto di forze in cui ci ha cacciato Putin per entrare in una logica in cui la questione della sicurezza militare sia meno oppressiva, aprendo ad una nuova fase delle relazioni tra Usa, Ue e Cina. Torneremo a giocarci la scommessa di un mondo in cui la minaccia della forza sarà meno rilevante, tanto sull’Atlantico che sul Pacifico. Putin ha innescato questa situazione per riportarci tutti in una logica che è l’unica in cui lui potrebbe avere delle carte in mano: la logica della forza militare. Ma non diamo troppa importanza all’energia.
In che senso?
Entro il 2027 saremo fuori dagli idrocarburi russi e nel giro di un decennio saremo fuori dalla dipendenza dagli idrocarburi: si chiama Next Generation Eu, o abbiamo smesso di crederci di colpo perché ci sono le minacce di Mosca?
Le parole di Mario Draghi alla Casa Bianca, assieme al discorso di Emmanuel Macron a Strasburgo, sono un chiaro viatico europeo per la fase post bellica?
Giustamente Draghi, parlando a nome dell’Europa, riafferma doverosamente il sostegno militare ma al contempo raccoglie l’idea di futuro che noi abbiamo tutto da scrivere. In cui sì saremo pronti a difenderci, ma senza dimenticare che non è questo il mondo che abbiamo costruito nel secondo dopoguerra e che vogliamo continuare a costruire. In seguito bisogna capire quali saranno le condizioni per arrivarci: la mia idea è che la triangolazione con Pechino serva per arrivare a parlare con i russi. I cinesi hanno sempre più in testa di aver fatto una enorme sciocchezza ad aver dato il disco verde a Putin al vertice bilaterale. Conto molto su questo, oltre che su un altro elemento: quando Putin capirà di essere completamente isolato cercherà una via di uscita. E i cinesi possono aiutarci a confezionarne una che non sia umiliante, ma che non gli regali con il negoziato ciò che non è stato capace di prendersi con la forza, visto che la guerra l’ha iniziata lui e non noi.
@FDepalo