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Il “pivot to economy” del Quad spiegato dal prof. Patalano (Kcl)

Jet cinesi e russi assieme nel Pacifico e dichiarazioni d’amore di Mosca a Pechino nelle ore della riunione a Tokyo di Australia, Usa, Giappone e India. Con la guerra in Ucraina, Xi e Putin rilanciano la narrazione dello scontro tra democrazie e autocrazie. I quattro rispondono riconoscendo l’importanza dell’agenda di prosperità, e non soltanto di sicurezza, dice il docente del King’s College London

Ora che l’Occidente “russofobo” ha assunto “una postura da dittatore, i nostri legami economici con la Cina cresceranno ancora più velocemente”. Parola di Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, che rispondendo ad alcune domande nel corso di un evento a Mosca ha rilanciato il rapporto tra le due autocrazie. L’ha fatto nel giorno del summit a Tokyo del Quad che riunisce i leader di, da sinistra a destra nella foto, Australia (il neoeletto primo ministro Anthony Albanese), Stati Uniti (il presidente Joe Biden), Giappone (il primo ministro Fumio Kishida) e India (il primo ministro indiano Narendra Modi). Inoltre, nelle stesse ore i jet militari cinesi e russi volavano congiuntamente sul Mar del Giappone e sul Mar Cinese Orientale.

Quella tra Russia e Cina è un’amicizia “senza limiti”, siglata a Pechino il 4 febbraio scorso, cioè tre settimane prima l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, dal leader cinese Xi Jinping e dall’omologo russo Vladimir Putin. L’ambiguità cinese verso quella che la Russia definisce “operazione militare speciale” per la “denazificazione” dell’Ucraina sembrava aver dimostrato che in realtà alcuni limiti ci sono. Per esempio, i principi di non-interferenza e sovranità invocati da Pechino quando si parla di Taiwan poco si confanno a un’invasione militare come quella russa contro l’Ucraina.

Ma le parole di Lavrov sembrano confermare un interesse russo verso una maggiore cooperazione con la Cina e dunque un crescente divario tra democrazie e autocrazie. “Dobbiamo smettere di dipendere dalle forniture di qualunque cosa dall’Occidente per garantire lo sviluppo di settori di importanza critica per la sicurezza, l’economia o la sfera sociale della nostra patria”, ha dichiarato, sottolineando che l’obiettivo di Mosca ora è sviluppare ulteriormente i legami con Pechino. La Cina, ha poi fatto notare, dispone di tecnologie dell’informazione e della comunicazione “che non sono in alcun modo inferiori all’Occidente. Un importante accordo qui assicurerà vantaggi reciproci”. Musica per le orecchie di Pechino che spesso utilizza la narrazione del win-win per accordi come quelli sulla Via della Seta che piuttosto appaiono predatori e espansionistici.

“La guerra in Ucraina ha creato l’opportunità per rafforzare la narrazione sinorussa e quella convergenza strategica sancita nel documento del 4 febbraio per presentare un fronte alternativo a quello delle democrazie liberali e all’ordine internazionale”, commenta Alessio Patalano, professore di War & Strategy in East Asia presso il King’s College London, a Formiche.net. “È una narrazione potente che ha molto seguito in alcune zone dell’Asia e dell’Africa come dimostrano i tanti silenzi sull’aggressione di Mosca”, osserva ancora.

Dalle dichiarazioni conclusive del Quad e del bilaterale nippostatutinense “emerge chiaramente la volontà di puntare su iniziative economiche riconoscendo l’importanza dell’agenda di prosperità, e non soltanto di sicurezza, verso i Paesi più piccoli e quelli in via di sviluppo, dove si concentrerà in futuro il confronto tra Stati Uniti e Cina”, fa notare il professor Patalano. Basti pensare al recente caso delle Isole Salomone: “portare prosperità, sicurezza e pace nelle isole del Pacifico e nell’Indo-Pacifico” è uno degli obiettivi statunitensi ribadito in occasione del recente viaggio in Asia orientale di Kurt Campbell, coordinatore dell’Indo-Pacifico al Consiglio per la sicurezza nazionale, e Daniel Kritenbrink, capo del bureau degli Affari dell’Est asiatico e del Pacifico al dipartimento di Stato.

Per questo, durante il viaggio in Asia, il presidente Biden ha presentato l’Indo-Pacific Economic Framework, un nuovo meccanismo per compensare il fallimento dell’accordo di libero scambio Trans-Pacific Partnership con i Paesi asiatici, abbandonato dall’amministrazione Trump.

Inoltre, “la dichiarazione di Stati Uniti e Giappone parla di un ordine internazionale libero e aperto superando per la prima volta la definizione di Indo-Pacifico libero e aperto. Ciò rappresenta anche il riconoscimento di Tokyo del fatto che l’Indo-Pacifico ed l’Euro-Atlantico sono collegati”, continua lo studioso. In questo contesto va letta anche il recente impegno dell’Unione europea verso il Giappone con l’avvio di un partenariato digitale in occasione del vertice tenutosi due settimane fa a Tokyo.

Ma attenzione. “Il successo futuro del Quad è legato all’India”, prosegue il professor Patalano. “E per questo, dipende da quanto sarà centrale il tema dei valori delle democrazie soprattutto dopo l’invasione russa dell’Ucraina. L’India ha una problema da gestire: la dipendenza industriale e militare dalla Russia. Ma più viene spinta ad assumere una posizione chiara, più è improbabile che lo faccia. E quest’ultimo summit sembra suggerire che ciò sia stato compreso visti gli ampi richiami a prosperità e resilienza e alla necessità di sviluppare opportunità assieme”.

Anche la Cina si sta muovendo seguendo l’agenda della prosperità. “Lo dimostra il recente viaggio di Wang Yi, ministro degli Esteri, in Eritrea, Kenya, Comore, Maldive e Sri Lanka e il prossimo che farà nelle isole del Sud del Pacifico tra cui le Salomone e Kiribati”, osserva Patalano. “Pechino può offrire infrastrutture digitali per la prosperità a Paesi che potrebbero non condividere le preoccupazioni occidentali per i prodotti cinesi, il più delle volte legate a ragioni di sicurezza piuttosto che alla loro qualità”.

Così il cerchio della narrazione sinorussa si chiude. “Guardando anche ad alcune nicchie di know-how come su satelliti, avionica e telecomunicazioni, la Russia può essere complementare alla Cina”, spiega il professor Patalano. “Per questo, il rischio di un mondo con sistemi tecnologici non in comunicazione tra loro è reale. Lo diventa ancor di più se a ciò si aggiunge la chiave politica che oggi vede le democrazie quanto le autocrazie tentare di rendersi meno dipendenti le une dalle altre”, conclude.



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