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Le radici europee del pivot asiatico di Biden

Non è davvero una sorpresa: la guerra russa in Ucraina non cambia le priorità strategiche americane, il viaggio asiatico di Biden dimostra che la Cina è il primo avversario. Una chiamata alla responsabilità per l’Ue (e l’Italia). Il commento di Giovanni Castellaneta, già ambasciatore italiano a Washington DC

Il viaggio di questi giorni di Joe Biden è la chiara dimostrazione di quali sono le reali priorità di politica estera dell’attuale amministrazione americana. Da tempo Washington guarda con crescente interesse alla regione dell’Indo-Pacifico con la finalità di rafforzare le proprie alleanza nell’area in chiave di contenimento anti-cinese. La vera partita geopolitica, strategica ed economica del prossimo decennio si giocherà lì e non in Europa, con buona pace delle velleità espansionistiche e neo-imperiali della Russia di Putin.

Ciò ovviamente non significa che i rapporti con i Paesi europei siano di scarsa rilevanza per gli Usa o vengano messi in secondo piano rispetto a quadranti considerati più importanti: l’amministrazione Biden ha dimostrato fin da subito la propria volontà di invertire la rotta rispetto agli anni di Trump durante i quali le due sponde dell’Atlantico avevano continuato ad allontanarsi.

Ora, l’invasione russa dell’Ucraina ha offerto all’Occidente una nuova occasione per rafforzare i propri rapporti e per rilanciare l’Alleanza atlantica: una circostanza che non può che risultare gradita agli Stati Uniti dopo anni in cui questi ultimi si aspettavano che i membri europei della Nato diventassero più “produttori” e meno “consumatori” di sicurezza.

Il possibile ingresso di Finlandia e Svezia nell’Alleanza atlantica, pur non rappresentando una grossa novità a livello sostanziale (Helsinki e Stoccolma partecipano già da anni ad esercitazioni militari congiunte con gli altri Paesi Nato e in caso di attacco potrebbero contare sulla immediata solidarietà della Ue), potrebbe essere un ulteriore elemento positivo in questo senso.

Innanzitutto, l’inclusione nella membership di due Stati tradizionalmente neutrali sarebbe un messaggio forte nei confronti della Russia con il fronte baltico a nord che sarebbe coperto interamente. Inoltre, le ricadute di tale estensione potrebbero essere importanti anche a livello europeo, nell’ottica della creazione di una vera Difesa comune che non potrebbe esistere senza una “spina dorsale” rappresentata da un’industria della Difesa continentale.

In tal senso, rapporti più stretti con Paesi che hanno importanti aziende del settore (basti pensare a Nokia e Saab) sarebbe utile per favorire quella convergenza di standard produttivi che consentirebbero al comparto della Difesa europeo di sfruttare economie di scala e fare quel salto dimensionale necessario per consentire all’Ue di diventare un soggetto autorevole a livello internazionale.

Nell’ottica di una maggiore condivisione di responsabilità e “divisione del lavoro”, dunque gli Usa dovrebbero sostenere questo processo di “maturazione” in atto in Europa per poter dedicare meno risorse alla difesa del Vecchio Continente e concentrare maggiore attenzione alle questioni strategiche in Asia. Il vertice del nuovo formato “Quad” conferma del resto come la principale competizione dei prossimi anni sarà contro la Cina e i suoi progetti di espansionismo non solo economico, con chiaro riferimento a Taiwan.

Paragonare l’Ucraina all’isola al largo delle coste cinesi non è del tutto corretto, trattandosi di due contesti estremamente diversi: ma la compatta risposta dell’Occidente all’invasione russa, unitamente alle difficoltà economiche in cui versa attualmente Pechino, potrebbero indurre Xi Jinping a un atteggiamento più prudente verso gli Usa e i suoi alleati nella regione, cercando di privilegiare il mantenimento di uno status quo che in questo momento farebbe gioco a tutti. Non è il momento di aggiungere altri motivi di tensione ad un panorama internazionale che negli ultimi anni ha già dovuto sopportare troppi elementi di stress.

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