In ogni cosa che Aldo Moro ha pensato, scritto, detto, risalta il rispetto della libertà dell’uomo, il riconoscimento della sua dignità, la condivisione di una precisa responsabilità. Insomma, la democrazia che si concretizza quando la politica permette alla libertà di coniugarsi in ogni dimensione umana. Il ricordo di Antonello Di Mario a pochi giorni dal 44° anniversario della morte
Sono 44 anni che Aldo Moro non c’è più. A volte proviamo ad immaginare quello che avrebbe fatto se fosse stato ancora in vita in questa fase di crisi profonda. Un esercizio di pura fantasia, dato che lo statista sarebbe un ultracentenario, forse senatore a vita dopo esser diventato Presidente della Repubblica nell’estate del 1978. Invece, il 9 maggio di quell’anno i terroristi delle Brigate Rosse l’hanno ucciso, dopo averlo tenuto prigioniero per 54 giorni in uno spazio ristretto e spoglio.
Credo che Aldo Moro si sarebbe preoccupato di tenere unito il Paese, di rassicurare i cittadini, di fare in modo che nessuno rimanesse escluso e l’Italia isolata nel contesto europeo e nel quadro internazionale. E avrebbe avuto anche timore per un virus dilagante di cui non si conoscevano antidoti scientifici e vaccini risolutivi. Lui temeva molto le malattie e consigliava medicine e cure a chi aveva problemi di salute: lo faceva coi suoi familiari, amici, colleghi ed addirittura con gli studenti al termine delle lezioni universitarie. Nel corso di un congresso democristiano, Mariano Rumor, presidente del Consiglio ebbe un malore. Aldo Moro, che gli era accanto, tirò fuori da una delle sue borse che teneva sempre con sé una compressa che il premier riuscì ad inghiottire, riprendendosi miracolosamente. In quelle borse, di cui si è tanto parlato, lo statista portava documenti riservati, appunti, le tesi dei suoi laureandi di Scienze politiche, ma anche farmaci di ogni tipo. Moro ha rappresentato tante cose, tutte diverse, ma esercitate nella piena libertà anche negli ultimi giorni quando ha pensato, scritto e pregato in uno stato di grande costrizione e totale solitudine.
L’uomo è creato nel segno della libertà e ne porta la responsabilità, nella dignità che la caratterizza e nel compito necessario per attuarla. In ogni cosa che Aldo Moro ha pensato, scritto, detto, risalta il rispetto della libertà dell’uomo, il riconoscimento della sua dignità, la condivisione di una precisa responsabilità. Insomma, la democrazia che si concretizza quando la politica permette alla libertà di coniugarsi in ogni dimensione umana. La politica, quindi, che ha un senso solo quando parte dall’uomo ed arriva all’uomo. Ogni violazione della democrazia rappresenta un’azione contro la libertà che si ritorce non solo contro l’uomo, ma anche contro lo Stato. La cifra della libertà morotea sta nella consapevolezza che anche in uno stato di necessità qualcosa di buono può emergere a favore del bene comune e contro chi causa il male. Per Moro il bene prevaleva sempre sul male, non si vergognava mai di parlare di cose proprio come il bene ed il male mantenendo la volontà di cercare sempre la verità, di usare le parole giuste per capirla e condividerla.
“Agire uniti nella diversità” è un articolo pubblicato su Il Giorno, il 10 aprile del 1977, Aldo Moro invita a riflettere sugli ostacoli che si frappongono alla liberazione dell’uomo nella società. ”L’esperienza politica – scrive – come esigenza di realizzare la giustizia nell’ordine sociale, di superare la tentazione del particolare per attingere valori universali, è coinvolta dunque nello sforzo di fare, mediante il consenso e la legge, l’uomo più uomo e la società più giusta. Il che vuol dire perseguire, con gradualità e limiti certo inevitabili, la salvezza annunciata, ad un tempo luminosamente certa e paurosamente lontana. Possiamo tutti insieme, dobbiamo tutti sperare, provare, soffrire, creare, per rendere reale, al limite delle possibilità, sul piano personale, come su quello sociale, due piani appunto che si collegano ed influenzano profondamente, un destino irrinunciabile che segna il riscatto dalla meschinità e dall’egoismo. In questo muovere tutti verso una vita più alta, c’è naturalmente spazio per la diversità, il contrasto, perfino la tensione. Eppure, anche se talvolta profondamente divisi, anche ponendoci, se necessario, come avversari, sappiamo di avere in comune, ciascuno per la propria strada, la possibilità e il dovere di andare più lontano e più in alto”.