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Chi c’è dietro le società cinesi che vogliono un gioiello della robotica italiana

La cinese Efort Intelligent Equipment vuole aumentare la sua partecipazione in Robox, azienda del Novarese, dal 40% al 49%. Secondo gli esperti d’intelligence economica di Datenna, il livello di influenza dello Stato è elevato e il tipo di produzione è perfettamente in linea con il programma Made In China 2025, che punta al dominio high-tech

È il prossimo 31 maggio la scadenza prevista dal contratto per l’aumento della partecipazione dal 40% al 49% dell’azienda cinese Efort Intelligent Equipment, leader nella robotica, nell’azionariato di Robox, società italiana con sede nel Novarese. Per l’operazione Il gruppo cinese ha messo sul piatto 2 milioni di euro. Inoltre, intende spendere 1 milione di euro per un accordo di licenza tecnica per accedere a codici sorgente e file.

Di questo affare ci siamo già occupati alcune settimane fa. In quell’occasione avevamo evidenziato che Efort dichiara sul suo sito di essere coinvolta nei “progetti di robotica del ministero dell’Industria e della tecnologia dell’informazione, del ministero della Scienza e della tecnologia, della Commissione nazionale di sviluppo e riforma e di altri ministeri” del governo cinese. Inoltre, spiega di aver “partecipato alla formulazione di una serie di standard nazionali per la robotica” sempre all’interno dunque delle attività con il governo cinese.

Da un’analisi di Datenna, società olandese che si occupa di intelligence economica sulla Cina, realizzata per Formiche.net, emerge che Efort ha tre principali azionisti: Wuhu Yuanhong Industrial Robot investment Company Ltd., Wuhu Yuanda Venture Capital Co. Ltd., e Anhui Xinwei Cornerstone Industry Upgrade Fund Partnership (Limited Partnership). La prima, attraverso la seconda, è controllata da Wuhu Construction Investment Co. Ltd., un’azienda statale gestita dalla sezione di Wuhu, prefettura nella provincia di Anhui, della Commissione per la supervisione e l’amministrazione dei beni di proprietà statale del Consiglio di Stato (Sasac).

La terza, una società in accomandita semplice, è di proprietà di Anhui Xinan Cornerstone Industrial Upgrade Fund Partnership, che a sua volta è controllata da tre principali azionisti che detengono ciascuno il 30% del capitale: Anhui Development and Investment Co. Ltd, Bozhou Xinwang Cornerstone Equity Investment Partnership e Anhui Jianan Investment Fund Co. Ltd. Sia la prima sia la terza sono controllate da imprese statali. Per questo, spiegano gli esperti di Datenna, “si può presumere che il livello di influenza dello Stato sia elevato anche in Anhui Xinwei Cornerstone Industry Upgrade Fund Partnership, sebbene il livello esatto dipenda dal grado di coordinamento tra le diverse unità governative”.

Oltre ai legami tra Efort e il governo cinese attraverso gli investimenti, Datenna ha guardato anche alle figure di punta dell’azienda e ne ha individuate tre degne di nota: Xu Lijin, rappresentante legale, presidente e direttore di Efort, collegato a diverse aziende della robotica nella zona, è anche politicamente coinvolto nella Conferenza politica consultiva del popolo cinese; Xia Feng, rappresentante legale di Wuhu Yuanhong, che è anche coinvolto nella gestione di una serie di sussidiarie e di altre imprese di robotica e di investimento della zona, e dal settembre dello scorso anno è anche segretario e presidente della Sasac di Wuhu; Wang Jinhua, rappresentante legale di Wuhu Yuanhong e di altre otto società dell’area, già presidente del comitato per l’acqua di Wuhu, è stato destituito dalla carica nel novembre dello scorso anno e un mese dopo è stato nominato rappresentante legale, direttore generale e presidente di Wuhu Yuanda.

“Il livello di influenza dello Stato [cinese] è considerato elevato e la produzione di componenti robotici è allineata alle priorità di sviluppo industriale definite nel progetto Made In China 2025”, spiegano gli esperti di Datenna a Formiche.net con riferimento alla strategia attraverso con cui Pechino vuole raggiungere il dominio globale nella produzione high-tech. Tuttavia, continuano gli stessi, “questi rapporti legano l’azienda a varie istituzioni governative più che al Partito comunista cinese”.

Un campanello d’allarme per l’Italia che, complice anche il caso “cinese” Alpi Aviation, ha recentemente deciso di rafforzare la sua normativa sui poteri speciali, in particolare sui prodotti dual-use come i droni (Alpi Aviation) e la robotica (Robox).


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