Sul salario minimo è bene che si precisi che le somme proposte sono lorde. Sono innumerevoli costi che vanno conteggiati per garantire un lavoratore nei suoi diritti sociali e contrattuali basici. Si faccia il conto di quanto rimarrebbe in tasca di coloro che si intende aiutare se da 8-9 euro bisognerà sottrarre tutti gli oneri
Sale il consenso in Italia per aumentare il salario, alleggerendo il fisco ed aumentando nelle buste paga la parte fissa e quella della crescita della produttività, ma ritorna alla ribalta il salario minimo. Ne parla il ministro del Lavoro come l’ex ministro; ne parla il sindacato come Confindustria. Tra questi c’è chi descrive il salario minimo come la soluzione per risolvere la incresciosa condizione di coloro che vengono ingiustamente retribuiti con un gramo salario.
Ma la causa di questo male proviene da imprenditori spregiudicati che si dotano di compiacenti sindacatini e associazioni imprenditoriali ghost senza né arte né parte, che prestano loro su commissione, la copertura di “contratti pirata” al ribasso. Chi si occupa di questi temi, è consapevole che non è affatto sufficiente considerare solo gli effetti di un fenomeno negativo per correggerlo, ma lo si può arginare soprattutto analizzando la causa, se non si vuole addirittura aggravarlo.
Infatti in Italia non mancano buoni contratti pattuiti tra i sindacati comparativamente più rappresentativi e grandi associazioni di impresa in ogni settore. Questi, con i contratti che stipulano, stabiliscono minimi salariali riconosciuti in ogni occasione da giudici che li applicano quando sono chiamati ad intervenire su tariffe salariali inferiori praticate da imprese che rubano sul salario. In giudizio, per i salariati, risultano sempre adeguate le tariffe minime dei ccnl, nella considerazione di più sentenze emesse dalla Corte Costituzionale orientate ad assicurare un “salario dignitoso in grado di compensare l’opera prestata dal lavoratore”. Dunque basterebbe sorvegliare la rappresentatività delle associazioni del lavoro stipulanti i contratti collettivi di lavoro di settore, per mettere fuori gioco i “pirati”, se è questo l’obiettivo che si intende ottenere. A meno che invece, l’obiettiivo sia quello di rattrappire l’indispensabile ruolo primario autonomo delle parti sociali nella contrattazione, spostando sullo Stato ruoli che non gli appartengono.
Sul salario minimo è bene che si precisi che le somme (8-9 euro) che si propongono, sono lorde. Va ricordato che ci sono innumerevoli costi che vanno conteggiati per garantire un lavoratore nei suoi diritti sociali e contrattuali basici. C’è la parte previdenziale che va attribuita all’Inps, come quella della previdenza integrativa; quella della sanità integrativa; dell’Inail; il finanziamento dell’istituto della cassa integrazione; il diritto alla tredicesima; quella fiscale ed ancora altri costi minori. E allora si faccia il conto di quanto rimarrebbe in tasca di coloro che si intendono aiutare se da 8-9 euro bisognerà sottrarre tutti gli oneri descritti. Poi ci sono i diritti contrattuali normativi che sottolineano l’appartenenza ad un mondo del lavoro civile e rispettoso della dignità dei lavoratori.
Se dunque si intende stabilire il salario minimo con gli elementi annessi dei costi elencati e connessi ai diritti contrattuali, credo che si debbano definire gli obiettivi concreti per risolvere il problema, senza mutilare l’efficienza contrattuale, senza la permanenza in campo dei pirati, senza offrire alla politica un ulteriore luogo per le campagne elettorali italiane anche sui contratti di lavoro. Ecco, si dovrà fare chiarezza su più aspetti per comprendere la bontà del dibattito sul minimo salariale. Ad esempio: varrà anche per le partite iva ed altri contratti cosiddetti parasubordinati, che spesso sono supposti tali per non corrispondere tutti diritti dei lavoratori dipendenti?
Dunque, il salario minimo di garanzia si potrà ottenere, ma non scantonando da questi temi. E intanto prima di tutto si metta all’ordine del giorno il potenziamento del salario per tutti i lavoratori, raggiungendolo con un sensibile abbattimento del fisco sul salario, e in più attraverso la detassazione completa sulla parte retribuita di produttività, per cogliere in un sol colpo 2 obiettivi: dare respiro alle famiglie e ai consumi interni; sviluppare maggiore produttività per puntellare la nostra claudicante competitività.