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A Sorrento nasce un nuovo Sud. L’analisi del prof. Pirro

Il professor Pirro ha appena svolto una ricerca, la più vasta degli ultimi 30 anni, che ha scandagliato in profondità siti di decine di grandi imprese con le loro supply chain e stabilimenti di centinaia di cluster di pmi: la vulgata di un Meridione sempre sottosviluppato è senza fondamento. E la due giorni di “Verso Sud” lo confermano, in vista della creazione di un grande hub energetico del Mediterraneo

Si, hanno ragione tutti coloro che a Sorrento nella due giorni (meritoriamente) organizzata dalla ministra Carfagna sulle prospettive di sviluppo del Sud hanno evidenziato come l’Italia meridionale sia già da tempo una grande piattaforma produttiva saldamente integrata a livello nazionale ed europeo, e un hub energetico di assoluto rilievo per il Paese.

Chi scrive da molti anni ormai anche su queste colonne ha presentato analisi di dettaglio sull’industria localizzata nel Mezzogiorno, e annuncia che sta per essere pubblicata un’altra grande ricerca su tutta l’industria manifatturiera insediata nel Meridione, svolta (dal sottoscritto) con la Srm del gruppo Intesa Sanpaolo: una ricerca, la più vasta degli ultimi 30 anni, che ha scandagliato in profondità regione per regione siti di decine di grandi imprese con le loro supply chain e stabilimenti di centinaia di cluster di pmi che dimostrano come la vulgata che vorrebbe un Sud sempre sottosviluppato sia in realtà destituita di ogni fondamento, pur persistendo tuttora il divario con il Nord.

Allora, affermare come ha detto giustamente il presidente Draghi, che il Mezzogiorno dovrà essere sempre di più un grande hub energetico di rilievo mediterraneo, è affermazione che trova conforto nella constatazione che già oggi nel Sud approdano 3 metanodotti da Algeria, Libia e Azerbaijan, due elettrodotti con Grecia e Montenegro, e che già oggi il Sud vede alcune regioni (come la Puglia) detenere il primato della generazione di energia da fonte eolica e fotovoltaica, e che già oggi il petrolio della Basilicata – i cui giacimenti sono i più ricchi on shore nell’Europa comunitaria – è una preziosa risorsa per l’Italia.

Ben vengano pertanto altri metanodotti (il Poseidon ad Otranto), nuovi elettrodotti sottomarini, nuovi rigassificatori – a Porto Empedocle e a Gioia Tauro, già progettati a suo tempo – ancoraggi di navi per la rigassificazione, e si accelerino al massimo gli iter di approvazione dei giganteschi investimenti nei parchi eolici off-shore floating all’esame del Mite: si pensi, al riguardo, che solo i cinque progettati dalla Falck Renewables prevederebbero investimenti per 14 miliardi.

Contemporaneamente, però, si sblocchino (se necessario in deroga al Pitesai) le attività estrattive di gas (ed anche di petrolio) che sarebbero possibili nel Basso Adriatico e nello Ionio, ove sono notevoli le riserve accertate di petrolio e di gas, ma il cui utilizzo si è finora scontrato con le posizioni espresse dall’estremismo ambientalista che ha prodotto sinora danni al nostro sistema economico, della cui gravità ora stiamo prendendo piena contezza alla luce anche della crisi in Ucraina.

E last but non least, presidente Draghi, assuma lei le redini per il pieno rilancio delle Acciaierie d’Italia di Taranto, la più grande fabbrica manifatturiera del Paese per numero di addetti diretti (8.123), oltre che il maggior impianto siderurgico a ciclo integrale d’Europa, che a dieci anni ormai dal sequestro della sua area a caldo – avvenuto il 26 luglio del 2012 – fatica ancora, nonostante l’ingresso di capitale pubblico nella compagine societaria, a trovare coordinate operative e risorse finanziarie adeguate per una piena ripartenza possibile e conveniente per l’economia pugliese, meridionale e nazionale

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