Con il ministro per il Sud abbiamo discusso del forum di Sorrento, delle nuove prospettive per il Meridione, del sostegno all’Ucraina e della stabilità politica: nel 2023 si incardinano i progetti del Pnrr, non possiamo rischiare crisi di governo. E anche dopo le elezioni, “sarà ancora compito di chi incarna i valori della competenza e della serietà”
Lo scorso fine settimana si è tenuto a Sorrento il primo summit Verso Sud, organizzato dal Ministero per il Sud e la Coesione territoriale e Ambrosetti, con la partecipazione di Sergio Mattarella, Mario Draghi, nove ministri italiani e cinque membri di governi del Mediterraneo Allargato, oltre a dirigenti di grandi aziende e voci autorevoli di quest’area in cui l’Italia può esercitare una grande influenza politica, economica ed energetica. Di questo, della tenuta del governo e delle tensioni legate al cronoprogramma del Pnrr e al sostegno militare all’Ucraina abbiamo parlato con il ministro Mara Carfagna.
Un bilancio di Verso Sud: gli obiettivi sono stati raggiunti? Che reazioni ha avuto?
Per due giorni alla vecchia lettura rinunciataria del Sud si è sovrapposto un racconto più orgoglioso e aderente alla realtà, e questo è uno dei risultati principali del Forum. Credo sia finalmente “passato” un messaggio importante: oggi, grazie al Pnrr e agli altri Fondi europei e nazionali, il Sud è l’area del Paese da cui si attende il maggiore sviluppo, il maggiore salto di qualità nelle infrastrutture, la maggiore avanzata in termini di servizi e diritti per i cittadini.
Il secondo risultato che mi piace mettere in luce è l’attivazione di un positivo confronto sul tema dell’energia e della diversificazione dell’import energetico italiano. È uno dei punti più urgenti della nostra agenda nazionale e sono certa che le interlocuzioni internazionali che abbiamo attivato a Sorrento con rappresentanti dei governi del Mediterraneo e di importanti soggetti del settore energia daranno frutti.
Un libro bianco, 8 aree tematiche, 10 obiettivi. Ma se dovesse scegliere due temi più urgenti, da mettere al primo posto in queste settimane?
Il libro bianco delinea un piano organico per la crescita del Sud. Gli obiettivi e gli interventi sono tra loro collegati. Gli investimenti per migliorare la dotazione infrastrutturale del Mezzogiorno implicano, ad esempio, anche un rafforzamento dell’attrattività turistica. La sfida della transizione energetica comporta un’evoluzione e una specializzazione del sistema produttivo. Posso indicare quindi due temi che non sono più urgenti degli altri, ma che è particolarmente urgente riconoscere come straordinarie opportunità per il Sud.
Uno è quello dell’economia del mare. Il Mediterraneo copre l’1% della superficie marina della Terra, ma assorbe il 20% delle spedizioni totali e il 30% del traffico petrolifero. Considerando che la guerra in Ucraina impone all’Italia e all’Europa di diversificare i canali di approvvigionamento, le nuove rotte energetiche passeranno per la gran parte dal Mediterraneo. Il secondo tema è quello dell’alta tecnologia. L’economia del Sud registra un’incidenza dell’export high-tech sull’export totale superiore al 20%; siamo a livelli analoghi a quelli di Israele. Il dato medio italiano non arriva all’8%. Il che significa che il Sud ha già oggi le carte in regola per crescere moltissimo anche in questo campo.
Mario Draghi ha parlato di obiettivi del Pnrr, per il 40% dedicato al Mezzogiorno, e rispetto delle scadenze. Come siamo messi nel cronoprogramma?
La riserva di almeno il 40% delle risorse del Pnrr al Sud non era una prescrizione europea, ma è stata una scelta del governo italiano e stiamo monitorando attentamente, con analisi ex ante ed ex post, che questo impegno sia rispettato. Ad oggi la stima delle risorse destinate al Mezzogiorno ammonta a 86 miliardi, pari al 40,8% del totale. Allo stato, quindi, siamo in linea con l’obiettivo. Per altro questa non è una sfida che riguarda solo il governo nazionale, ma l’intero sistema Paese, a partire dalle istituzioni del Sud, a cui è richiesta una prova di responsabilità e di efficienza, perché come dimostra l’esperienza di questi anni non sempre la disponibilità delle risorse assicura la realizzazione degli interventi.
Il professor Pirro su Formiche.net ha parlato del Sud come hub energetico del Mediterraneo. Dopo il Tap, ora tornano sul tavolo il gasdotto Eastmed in arrivo a Otranto, i progetti fotovoltaici ed eolici sbloccati in tutte le regioni. Può essere questa la chiave per nuovi investimenti in infrastrutture? Come si pone il Ministero della Cultura con le sue sovrintendenze davanti alla necessità di più autorizzazioni e in minor tempo?
L’intero governo era perfettamente consapevole, prima della guerra, e lo è a maggior ragione adesso, che ci sono ragioni di oggettiva e non discutibile urgenza a imporre un rapidissimo cambio di passo nei tempi e nelle modalità di valutazione dei progetti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Il ricorso alle fonti rinnovabili e il raggiungimento di target di decarbonizzazione è una parte essenziale e non un ostacolo di una politica di tutela ambientale. La transizione energetica, con la diffusione di impianti eolici e solari, implicherà una transizione anche della nostra percezione del territorio e della nostra stessa idea di paesaggio.
Già oggi il Sud produce un terzo dell’energia rinnovabile del Paese: il 52,3% della quota complessiva di eolico, solare e bioenergie con un primato praticamente assoluto nell’eolico (96,4% del totale nazionale). Il decreto energia ha già previsto importanti semplificazioni per l’installazione di impianti di produzione da fonti rinnovabili. Il Governo procederà su questa linea e le assicuro che non c’è alcun ministero né alcun ministro che si sia dichiarato o che si dichiarerà contrario.
Parliamo della tenuta del governo: come farete a garantire che il vostro esecutivo superi la fase autunnale e arrivi alla primavera? Possono essere le armi all’Ucraina la causa della frattura della maggioranza?
Il prossimo anno sarà decisivo per incardinare i progetti del Pnrr e per continuare il contrasto al Covid, che non è più un’emergenza, ma continua a essere un problema serissimo, di cui non si possono prevedere le evoluzioni. Quindi la stabilità di un esecutivo, a cui in questa legislatura non si danno alternative, dovrebbe essere considerata da tutti i partiti della maggioranza un valore, anche rispetto alla guerra della Russia all’Ucraina. Su questo punto la posizione dell’Italia è chiarissima ed è quella assunta e ribadita fin dall’inizio dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi e dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella e sostenuta da un amplissimo fronte parlamentare.
Non c’è ragione per cui l’Italia debba cambiare posizione. Il sostegno politico, finanziario e militare assicurato dai Paesi dell’Ue e della Nato all’Ucraina è la condizione per cui una trattativa di pace sia effettiva e non sia una resa di Kiev alla violenza di Mosca. L’Italia è in prima linea nel tentativo di favorire almeno una tregua nei combattimenti, anche per scongiurare una emergenza umanitaria di proporzioni colossali e siamo tutti consapevoli che una pace si tratta a un tavolo di negoziato e non sul campo di battaglia. Per fare questo però è essenziale che la resistenza ucraina continui e l’occupazione russa sia fermata.
Abbiamo dedicato un articolo all’intervento di Mitsotakis a Georgetown. Il premier greco è la dimostrazione che dopo una fase populista può esserci posto per una politica conservatrice in grado di rimettere in pista un paese del Sud Europa, anche grazie a un nuovo posizionamento internazionale. Qual è la sua idea di Italia in Europa e nell’asse atlantico?
Negli ultimi anni moltissimi paesi europei e non solo europei sono stati catturati da un meccanismo di fortissima polarizzazione del consenso politico, che ha comportato a destra come a sinistra forme di antagonismo anti-europeo e anti-americano molto accentuato. La Grecia è uno dei Paesi che ha sperimentato gli effetti di questa deriva, con la vittoria della sinistra anti-sistema di Syriza. Allo stesso modo, in Italia, alle ultime elezioni hanno trionfato partiti che proponevano addirittura l’uscita dall’euro e avevano riferimenti internazionali dichiarati nelle autocrazie russa e cinese.
Penso che il Covid e la guerra abbiano aiutato a fare chiarezza delle illusioni populiste e sovraniste. Dopo la pandemia e lo straordinario impegno delle istituzioni europee per arginare le conseguenze economiche e sanitarie del Covid e dopo l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia e la reazione compatta della Nato, dovrebbe essere chiaro a tutti che non esiste alcuna speranza di crescita, coesione e sicurezza fuori o contro l’Unione e il nostro sistema di alleanze.
Capitolo post-elezioni: tra un anno quali alleanze potrebbero funzionare? Una replica della maggioranza Draghi (con o senza Draghi)? O il centrodestra troverà l’unità e riuscirà a tornare compatto al governo dopo 12 anni dalla burrascosa fine del Berlusconi-IV?
Quello che mi aspetto è che tutti gli schieramenti e partiti facciano tesoro del patrimonio di rispetto e credibilità che il Governo Draghi ha costruito per l’Italia. La dura emergenza del Covid prima e della guerra in Ucraina poi ha messo in luce l’insensatezza, anzi direi addirittura il pericolo, della demagogia trasversale e dilagante che per anni ha addebitato i problemi italiani a complotti o a responsabilità esterne, collegate, in un modo o nell’altro, all’Europa e all’America. Questo governo di salvezza nazionale, a cui tutti partecipiamo nel nome dell’interesse dell’Italia e degli italiani, ha riabilitato i valori della competenza e della serietà in un Paese stanco di avventure e di salti nel buio. Chi saprà interpretare meglio questi valori, credo, avrà dalla sua il consenso e la possibilità di costituire la futura classe dirigente.