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Meno credito, più finanza (e Apple). Le banche italiane nel report Fabi

La pandemia, ma forse non solo lei, ha comportato una evidente ritirata dal credito e spostato l’obiettivo sui prodotti finanziari. Si allarga così dunque vistosamente la forbice tra i due principali ambiti di attività del settore bancario italiano. Ecco come e perché

Meno credito, quello artigianale, tutto prestiti a famiglie e imprese e più finanza. Forse meno creativa di quanto visto in passato, a spese dei risparmiatori, ma sempre finanza. L’ultimo rapporto della Fabi, la federazione dei lavoratori del credito, guidata da Lando Sileoni, parla chiaro. La pandemia, ma forse non solo lei, ha comportato una evidente ritirata dal credito e spostato l’obiettivo sui prodotti finanziari: si allarga dunque vistosamente la forbice tra i due principali ambiti di attività del settore bancario italiano, con le agenzie ormai sempre più simili a negozi finanziari.

L’anno scorso, evidenzia la ricerca, sul totale di 82 miliardi di euro di ricavi, quelli legati alle commissioni hanno raggiunto il 53,6% (pari a 44 miliardi) del totale, rispetto al 46,4% (pari a 38 miliardi) dei proventi riconducibili ai finanziamenti concessi a imprese e famiglie. Nel 2020, il distacco era stato inferiore a un punto percentuale (50,4% contro 49,6%): 39,5 miliardi contro 38,7 miliardi. Il divario tra commissioni e prestiti è passato, in soli 12 mesi, da 688 milioni a 5,8 miliardi.

In termini percentuali, il distacco è passato da meno di un punto a oltre 8 punti percentuali. “Negli ultimi 11 anni l’intero circuito bancario italiano ha bruciato più di 15 miliardi di quella parte di fatturato legato ai prestiti (margine d’interesse) a beneficio degli altri ricavi. Le banche, ormai, stanno “rinunciando a fare credito e questo dipende principalmente dal fatto che i prestiti rappresentano un’attività poco profittevole e sempre più complessa. Insomma, molti costi e tanti rischi, ma poca redditività”, ha spiegato Sileoni.

Il bilancio messo a fuoco dalla Fabi è dunque a due facce e dimostra il cambio di pelle già avviato negli ultimi anni, con più utili dalla vendita prodotti e servizi finanziari e assicurativi, sempre meno proventi derivanti da attività di intermediazione creditizia a famiglie e imprese. Per tutto il sistema bancario nazionale, il quadro complessivo dei ricavi è certamente positivo, grazie a una crescita complessiva del “fatturato” di ben 4,1 miliardi di euro.

“Bisogna fare attenzione agli effetti, a mio avviso pericolosi, derivanti dall’ingresso di grandi operatori di internet nel mercato e nel business delle stesse banche: dopo i pagamenti, adesso, è il caso di Apple, c’è il credito al consumo e tutto questo esaspererà la concorrenza sfrenata fra i gruppi bancari italiani, con ripercussioni negative anche per la clientela”, ha chiarito Sileoni.

“Mi riferisco, in questo caso, all’argomento delle indebite pressioni commerciali del quale ho parlato, documentando, dinanzi alla Commissione parlamentare d’inchiesta per spiegare soprattutto che si tratta di una questione di carattere sociale e non solo strettamente sindacale. Se i giganti del web, peraltro favoriti dalla sostanziale assenza di regole, eroderanno quote di mercato alle banche, quest’ultime punteranno sempre di più sulla vendita di prodotti finanziari. Il rischio è che le banche non svolgeranno più quell’importante ruolo sociale di un tempo e i danni li toccheremo con mano sui territori”.

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