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L’Italia libera (da Mosca) entro due anni. Da Trento la sveglia di Cingolani

Per la fine del 2024 il Paese sarà indipendente dall’ex Urss. Ma prima servono i rigassificatori. E Gros-Pietro difende la Bce: non è vero che è stata lenta sui tassi

L’Italia libera dalla Russia, o meglio dal suo gas, entro due anni. Il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, continua a predicare calma e ottimismo sullo sganciamento energetico di Roma da Mosca. L’occasione è stata il Festival dell’Economia di Trento, sul cui palco è salito, poche ore prima di Cingolani, il presidente della Consob Paolo Savona (qui l’intervento completo).

Il senso è sempre quello, ancora qualche mese e l’Italia potrà fare a meno del gas russo. “Nel secondo semestre del 2024 l’Italia sarà indipendente dalla forniture russe di gas. Abbiamo trovato 25 miliardi di metri cubi di gas da fonti e Paesi diversi dalla Russia, a fronte dei 29 miliardi di metri cubi importati dalla Russia. I quattro miliardi di differenza staranno in un piano di risparmi non draconiano. Da fonti diverse quest’anno arriverà qualche miliardo, l’anno prossimo arriveranno 18 miliardi, dal 2024 verrà tutto: nel secondo semestre 2024 saremo indipendenti dalle forniture russe”, ha spiegato Cingolani. Ma la “condizione importante è che gli stoccaggi siano riempiti entro fine anno. Dovremo risparmiare, ma abbiamo fatto per primi e meglio una diversificazione, mantenendo la promessa di decarbonizzare al 55%”.

Tra le infrastrutture messe nel mirino, non possono non figurare i rigassificatori, soprattutto in ottica Gnl. “Il governo sta cercando un paio di sedi buone per ospitare le due navi rigassificatrici in capo a Snam. Stiamo cercando un paio di sedi buone, devono essere attrezzate per ospitare queste navi e vicine a un punto di innesto nei gasdotti. Sulla prima nave, acquistata da Snam, la società ha fatto un lavoro egregio, in tempi rapidissimi” ha detto Cingolani. Su una seconda nave “c’è un’opzione d Snam, nelle prossime settimane si dovrebbe sciogliere anche questo contratto”.

Non è finita. Il responsabile della Transizione ha poi allargato lo spettro all’intero conflitto in Ucraina, parlando apertamente di nuova economia, un’economia di guerra. “Siamo già in presenza di un terremoto ed un uragano ed i cittadini se ne stanno accorgendo…Non vorrei che quello che ha detto il numero uno di Jp Morgan significhi implicitamente che siamo passati in qualche mese da una economia di mercato a una economia di guerra. Fino a 4-5 mesi fa ancora alcune cose si potevano fare. Ora no, essere in una economia di guerra a me spaventa moltissimo”.

C’è poi chi ha parlato di inflazione, come il presidente di Intesa San Paolo, Gian Maria Gros Pietro. “Non credo che la Bce si sia mossa in ritardo sui tassi. Considerato che l’aumento dell’inflazione è stato causato a problemi di offerta, l’aumento dei tassi non avrebbe assolutamente risolto questi problemi. Anzi li avrebbe potuti aggravare”.

Gros-Pietro ha ricordato che “l’inflazione che si sta vivendo ha avuto come origine uno shock di offerta causato inizialmente dalla pandemia. I prezzi sono saliti con la carenza di merce. Quello che può accadere dopo è che, una volta risolti i problemi di produzione, si sviluppa una spirale prezzi-salari come è avvenuto negli Stati Uniti. E allora la Banca centrale deve intervenire soprattutto perché si aggiunge la speculazione che ne approfitta”.

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