Skip to main content

Spread, salario minimo e quello scudo della Bce (sopravvalutato). Parla Cottarelli

Intervista all’economista e direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica. I rendimenti saliranno ancora, anche perché la Bce smetterà presto di acquistare titoli. Lo scudo anti-spread? Un parolone, semmai Francoforte interverrà in casi di vera emergenza. L’Europa ha ragione, certa spesa corrente ora non è giustificata, è tempo di investire

Inutile girarci troppo intorno, il costo del debito italiano salirà nei prossimi mesi. Lo dice il contatore dello spread Btp/Bund e il rendimento del titolo decennale italiano, costantemente oltre la soglia del 3%. Dobbiamo preoccuparci? Forse sì.

Carlo Cottarelli, economista a capo dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica con un passato da commissario alla spesa, vuole essere realista quando gli si chiede una prospettiva sul futuro delle finanze italiane. Ma le questioni all’ordine del giorno sono anche altre.

Partiamo da un tema tornato in auge, ancora una volta. Il salario minimo. Le imprese sono contrarie, perché l’unico modo di aumentare gli stipendi è incrementare la produttività. Ma i sindacati la pensano diversamente. Lei che dice?

Mi rifaccio a quanto detto dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. Ci sono tanti Paesi che lo hanno adottato, se fatto e pensato bene può funzionare. Noi in Italia abbiamo una contrattazione nazionale, certamente, ma il salario minimo può essere anche un passo in avanti, anche e non solo in ottica inflazione.

Il mese prossimo, salvo clamorosi ripensamenti, la Bce varerà la sua prima stretta monetaria in dieci anni. Ma basterà a fermare l’inflazione?

Non parlerei di stretta, semmai di aumento dei tassi graduale. Ricordiamoci che, al netto del costo della vita, i tassi sono ancora negativi. Non prevedo un grosso impatto sull’inflazione e sinceramente non userei troppo il termine stretta monetaria. Tutto sarà molto graduale, perché le banche centrali sono ancora prudenti.

Stretta o meno, i mercati si sono innervositi. I rendimenti sono saliti un po’ dappertutto, volendo fare una previsione?

Credo che l’aumento dei rendimenti proseguirà, il tasso sul decennale si è portato vicino al 3,4% e forse salirà ancora. Anche perché, ricordiamocene, la Bce oggi sta ancora comprando titoli di Stato, nella seconda parte dell’anno smetterà di farlo. E allora i rendimenti saliranno.

Però proprio in questi giorni circolano delle indiscrezioni su un intervento della stessa Bce per continuare l’acquisto di titoli e creare una sorta di scudo anti-spread…

Parlare di scudo, ancora una volta, è improprio. Francoforte altro non ha detto che è pronta a intervenire qualora gli spread salissero troppo. Per evitare che gli effetti della politica monetaria vengano trasmessi sui mercati in modo troppo marcato. Ma non credo che verrà messo un vero e proprio tetto agli spread.

Nelle sue ultime raccomandazioni, la Commissione europea ha sottolineato come l’Italia debba sforzarsi di fare della spesa produttiva invece di continuare nel solco della spesa corrente. Corretto?

Negli ultimi due anni, complice la pandemia, c’è stata parecchia spesa corrente. Ma sarebbe meglio evitare nel lungo termine una tale politica di spesa. Sono stati fatti degli errori, come il cashback.

Che cosa non ha funzionato del cashback?

Questa misura ha avuto come scopo quella di sostenere la domanda, ma la domanda sarebbe risalita lo stesso. E alla fine sono stati dati dei soldi a chi non ne aveva realmente bisogno.

C’è un’altra sfida da non fallire, quella del Pnrr. Preoccupato?

Non sono preoccupato dal Pnrr per com’è stato strutturato, ma dalla realizzazione. Con il Pnrr è previsto che si lavori sull’eccesso di tassazione, sull’eccesso di burocrazia e sulla lentezza della giustizia. Ma sono convinto che i traguardi delle riforme siano definiti in modo vago. Troppo.



×

Iscriviti alla newsletter