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Il Papeete bis è servito, Draghi ha i mesi contati. Parla Giannuli

Il politologo, frequentatore del M5S della prima ora: Movimento in frantumi, del disegno di Casaleggio neanche più l’ombra. Di Maio abile tatticista, Conte vuole un Papeete bis con Salvini e il voto anticipato per salvarsi

Se non è un Papeete bis ci assomiglia molto. A questo giro il bancone è più affollato. Con la resa dei conti nel Movimento 5 Stelle fra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte ormai agli sgoccioli si apre la stagione del libera-tutti. Ne è sicuro Aldo Giannuli, politologo, presidente dell’Osservatorio globalizzazione, attento conoscitore del Movimento 1.0, targato Grillo&Casaleggio. “Di questo passo Conte e Salvini cercheranno la spallata al governo Draghi entro l’autunno. Più vanno avanti, più si sgretolano. Le elezioni anticipate sono un’ancora di salvezza”.

Di qui il processo a Di Maio e ai governisti che lo seguono nel Movimento. Il duello a distanza, tra stoccate, insulti e veline al vetriolo, atterrerà sul tavolo del Consiglio nazionale convocato in fretta e furia da Conte e i suoi colonnelli per questa sera. Niente espulsione per il ministro degli Esteri: non spetta al Consiglio ma ai probiviri, dice il regolamento, e poi “non siamo riusciti ad espellere Vito Petrocelli, figurarsi Di Maio”, sussurrano dalle file contiane. Se espulsione dev’essere, l’ex premier ricorrerà al voto online della base: un plebiscito quasi assicurato. Più probabile per il momento una sfiducia politica, con un messaggio chiaro: Di Maio resta ministro ma non rappresenta più le idee e le istanze dei 5 Stelle dentro il governo.

Si consuma così lo psicodramma pentastellato, a due giorni dal voto in aula sulla risoluzione per l’invio di armi alla resistenza ucraina che ha acceso la miccia. “Lo psicodramma è iniziato da tempo – dice Giannuli a Formiche.net – durante il governo gialloverde, quando si è visto che il Movimento non è fatto per governare. Oggi né Di Maio né Conte incarnano il progetto iniziale di Gianroberto Casaleggio. Che era un grande sognatore ma anche un attento progettista”.

Di quel disegno, spiega il professore, rimane poco e nulla in questo Movimento un po’ di piazza e un po’ di palazzo, un po’ stampella dei progressisti e un po’ ammiccante del fronte del “no”, dai no-vax ai no-Ucraina. “Di Maio è lì dalla fondazione, ma è sempre stato un solitario. Ha un talento per il tatticismo: la svolta governista, checché ne dicano gli altri, è stata sua, non di Conte”. L’avvocato e capo politico, invece, “sta provando a dare la tirata antigovernativa nell’intenzione, anzi illusione di raccogliere un po’ di voti prima delle politiche. Ma quando un incanto si rompe non si può ricostruire”.

L’incanto a 5 Stelle si è rotto e lo dicono i numeri. Giannuli li sciorina impietoso: “Dal 2013 una parabola discendente sotto gli occhi di tutti. Dopo il miracolo del 2018 è stata una caduta libera. Dimezzati i voti nel primo anno, alle amministrative un disastro dopo l’altro, fino al recente 3%. I sondaggi che danno i 5 Stelle al 15% sono troppo generosi. Bisogna contare i fuoriusciti che presenteranno una loro lista alle politiche: Paragone di sicuro, Di Battista forse. Poi lo scenario di una scissione, che darebbe vita a tre, quattro liste diverse, tutte in difficoltà ad agguantare la soglia del 4%”.

Su questi cocci si trova a pattinare il Pd di Enrico Letta, reduce da una tornata amministrativa non proprio rassicurante per i fan del campo largo. Chi, tra Conte e Di Maio, porterà avanti il progetto di un Movimento progressista e a braccetto col Nazareno? “La logica vorrebbe che sia Di Maio”, risponde Giannuli. “È più coerentemente governista e vicino a Draghi di Conte. L’ex premier ha un vantaggio dalla sua. Non solo si porterà dietro la fetta più grossa di parlamentari ma erediterà il simbolo. Una magra consolazione, perché le politiche, con il taglio dei seggi, ridurranno drasticamente le rispettive ambizioni”.

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