Lo sblocco delle tonnellate di oro giallo ucraino può innescare una serie di effetti a catena, come il consolidamento delle “infrastrutture Nato” dal costone balcanico all’Egeo
Come anticipato da queste colonne un mese fa, è via terra che il grano ucraino può più facilmente essere sbloccato: tramite Romania, Polonia o Grecia. Il Mar Nero da sminare, il “gettone” da rendere a Erdogan e i rischi connessi su Odessa, fanno propendere gli analisti per mettere il grano su tir fino a Costanza anziché ipotizzare la via marittima. E magari da lì imbarcarlo a sud verso l’Egeo-Mediterraneo o a ovest verso il confine polacco-europeo.
Mare e terra
Il viceministro degli Esteri ucraino, Dmitry Senik, ha annunciato di voler organizzare due rotte attraverso la Polonia e la Romania per esportare il grano e prevenire così una crisi alimentare globale. Che il puzzle geopolitico e sociale non potesse essere risolto solo tramite la “disponibilità” di Ankara era protofanico, anche perché il livello di sicurezza verso meridione assicurato dalla presenza militare nei Paesi confinanti, che tra l’altro sono membri Nato, è senza dubbio maggiore rispetto alle condizioni oggettive con cui bisogna confrontarsi sulla tratta marittima (su cui però si ragiona ancora circa il player che dovrebbe scortare le navi di grano).
Secondo Senik la sicurezza alimentare globale è a rischio perché l’invasione russa dell’Ucraina ha ostacolato le esportazioni di grano di Kiev dal Mar Nero, causando notevoli carenze oltre all’aumento dei prezzi. L’ultimo report delle Nazioni Unite ha certificato che la maggior parte dei 140 milioni di persone che soffrono la fame acuta vive in Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Haiti, Nigeria, Pakistan, Sud Sudan, Sudan, Siria e Yemen. Tutti (o quasi) Paesi dove il grano ucraino giungeva prima della guerra, al pari di altri Paesi altrettanto sensibili come Libano, Egitto, Libia, che permangono a rischio carestia.
Vantaggi
Il vantaggio di un eventuale corridoio meridionale terrestre per il grano ucraino si troverebbe senza dubbio anche alla voce condizioni. Dal porto greco di Alexandroupolis fino alla Lituania è in itinere la Via Carpatia, la cosiddetta bretella Nato che collega i due lembi d’Europa da sud e nord: una sorta di autostrada garantita dall’alleanza atlantica. Il secondo tempo dell’eventuale viaggio da Costanza all’Europa sarebbe parimenti assicurato dall’insieme di garanzie date dall’allargamento a est dell’Ue, che trova in tre quarti del costone balcanico una sponda sicura. Inoltre man mano che si scende verso sud ovest si possono trovare una serie di altre vie percorribili per il grano, che vanno rispettivamente dai Balcani settentrionali alla parte più orientale della Grecia, tra l’altro servita da due scali portuali importanti come Alexandroupolis e Salonicco.
Fertilizzanti
Il grano è solo la punta di questo iceberg, che è composto anche da altri fattori determinanti come i fertilizzanti. La Russia incide sul 15% delle esportazioni mondiali di fertilizzanti azotati. A ciò si aggiunga che la Cina usa il carbone come principale fonte di energia appunto per la produzione di fertilizzanti, ma la politica green decisa dal governo di Pechino ha imposto una riduzione del consumo di carbone. Non va dimenticato che, in assoluto, un minor quantitativo disponibile di fertilizzanti impatta irrimediabilmente sulle filiere della carne, dove ci si dovrà confrontare con una riduzione di mangimi come soia e orzo: un insieme di elementi che hanno riverberi sia sulla qualità e quantità della carne che sui prezzi mondiali.
Scenari
Chi si sta riorganizzando per provare a sostituire la produzione ucraina di grano è il Canada: non sarebbe un’operazione semplice, anche perché la maggior parte del grano nell’Ontario meridionale viene piantato in autunno, il che significa che in questo preciso momento non ci sono molte opportunità per aggiungere altri acri e farlo nei tempi previsti. Ma gli agricoltori canadesi ci proveranno ugualmente, visti i potenziali margini di guadagno, portando a crescere le attuali piantagioni, anche se la difficoltà numero uno si chiama prezzi delle materie prime.
@FDepalo