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Dopo lo stop alla russa Rosatom, quale futuro per le bombole friulane Faber?

Palazzo Chigi ha fermato la cessione a una sussidiaria del colosso di Mosca. Ora due fondi potrebbero tornare alla carica. Si tratta del francese Tikehau e dell’italiano Clessidra della famiglia Pesenti

Dopo che Palazzo Chigi ne ha fermato il passaggio a una sussidiaria del colosso nucleare russo Rosatom, che cosa accadrà a Faber Industrie Spa? Il futuro dell’azienda friulana, leader mondiale nella progettazione e produzione di bombole e sistemi per lo stoccaggio di gas ad alta pressione, potrebbe essere ancora italiano o francese.

Come raccontato su Formiche.net, la decisione di fermare l’operazione di Rosatom rappresenta una prima volta sia per quanto riguarda la Russia sia per quanto riguarda il settore strategico dell’idrogeno. La notifica dell’operazione per la cessione del 99,41 per cento del capitale sociale di Faber Industrie Spa per circa 150 milioni di euro era stata presentata dalla società Fafin Srl, la finanziaria che controlla Faber Industrie Spa, e Rusatom GasTech LLC, società fondata nel 2020 e guidata da Nikita Davydov, che è anche manager di Umatex, divisione materiali compositi di Rosatom State Corporation.

Faber Industrie Spa, operante nel settore dell’energia pulita (biometano e idrogeno), dei gas tecnici, medicali e alimentari, delle miscele antincendio e di aria respirabile, ha sede a Cividale del Friuli (Udine).

Secondo quanto riportato dal Gazzettino, i soci di maggioranza dell’azienda non avrebbero problemi a trovare un altro acquirente. Nei mesi scorsi, infatti, erano arrivate altre offerte o manifestazioni d’interesse da parte di fondi italiani e internazionali per l’azienda, racconta la testata locale. In particolare si sarebbero fatti vivi il fondo francese Tikehau, 35,5 miliardi di asset gestiti, e anche l’italiano Clessidra della famiglia Pesenti “sarebbe stato in pista con offerte milionarie”.

La scorsa settimana una gran parte degli oltre 300 dipendenti di Faber Industrie ha aderito a uno sciopero per il premio di produzione e di risultato. Venerdì è arrivata l’intesa. “Siamo riusciti a convincere l’azienda di mantenere per almeno due anni il premio attuale con un incremento economico di 240 euro sull’indice di redditività, alzando così il premio complessivo a oltre 3.000”, ha spiegato Pasquale Stasio, segretario della Fim del Friuli Venezia Giulia, al Gazzettino. “Ora la parola passa ai lavoratori. L’azienda ci ha comunicato che sta scontando grossi problemi a causa dei rincari dei costi dell’energia. Abbiamo chiesto all’amministratore delegato Giovanni Toffolutti di questa notizia dello stop alla vendita, voce che circolava già da mesi ma sempre smentita dalla società: lui si è limitato a confermare solo che c’erano dei contatti in corso con un’azienda dell’Est”.

La società non ha risposto a una richiesta di commento di Formiche.net.

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