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Perché il G7 ha aggiornato la strategia anti Via della Seta

I leader rilanciano l’impegno dell’anno scorso cercando di coordinare le politiche americane e quelle europee. Il terreno da recuperare sulla Cina è molto, ma la partita si può giocare sui valori

L’annuncio del Partenariato per le infrastrutture e gli investimenti globali (Partnership on Global Infrastructure and Investment), ovvero una versione aggiornata dell’iniziativa Build Back Better World lanciata al summit dell’anno scorso in Cornovaglia, è il principale risultato della prima giornata di lavori del G7 di Elmau. Stati Uniti e Unione europea appaiono decisi a integrare le proprie strategie – l’americana Build Back Better World e l’Europa Global Gateway – per rispondere ai progetti espansionistici della Cina, spesso definiti “coercitivi”.

IL PACCHETTO IN MILIARDI

L’impegno è a mobilitare 600 miliardi di dollari entro il 2027. Gli Stati Uniti dovrebbero investire 200 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni, tra trasferimenti, finanziamenti federali e capitali privati. L’obiettivo è finanziare infrastrutture “resilienti” davanti al cambiamento climatico, tecnologie energetiche “trasformative” e sviluppare catene del valore integrate per sviluppare fonti energetiche pulite, sviluppare le reti Ict, promuovere l’eguaglianza e l’equità di genere.

LA SFIDA DEMOCRAZIE-AUTOCRAZIE

“Dobbiamo consolidare l’uso di tecnologie fidate, in modo che le nostre informazioni online non possano essere usate dagli autocrati per consolidare il loro potere e reprimere i popoli”, ha dichiarato il presidente statunitense Joe Biden rilanciando lo scontro tra modelli, democrazie da una parte e autocrazie dall’altra. Il piano, infatti, è una risposta alla Via della Seta cinese. La partnership prevede già, ha affermato l’inquilino della Casa Bianca, “dozzine” di progetti in giro per il mondo. Sulla stessa linea hanno parlato i leader europei. “Sta a noi dare un potente impulso agli investimenti nel mondo: dimostreremo ancora una volta che le democrazie sono pronte”, ha spiegato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea. “Abbiamo bisogno di valori e standard”, ha detto invece Charles Michel, presidente del Consiglio europeo.

PAROLA AL CONGRESSO

“Non si tratta di aiuti o di beneficenza”, ha precisato Biden. “È un’occasione per condividere la nostra visione positiva per il futuro” perché “quando le democrazie dimostrano ciò che possiamo fare, tutto ciò che abbiamo da offrire, non ho dubbi che vinceremo la competizione ogni volta”. Parole che evidenziano sia la sfida democrazie-autocrazie sia gli ostacoli che il pacchetto potrebbe incontrare. Infatti, i 200 miliardi promessi dal presidente statunitense devono essere votati dal Congresso. È un “gesto piuttosto vuoto”, ha commentato Reinhard Bütikofer, europarlamentare tedesco dei Verdi, a Politico. ”Invece di aspettare che il Congresso faccia sul serio, l’Unione europea dovrebbe procedere con la propria Global Gateway Initiative”.

GLI OSTACOLI

Il Congresso non è l’unico ostacolo per l’iniziativa. Come detto, è un aggiornamento del piano lanciato un anno fa rimasto poco più che un impegno, come ha spiegato un rapporto del centro studi britannico Chatham House. E già questa non-notizia è una cattiva notizia. Ma i Paesi G7 e l’Unione europea partono anche in svantaggio. In tempo e investimenti. Infatti, Pechino ha rilanciato la sua Via della Seta nel 2013 e da allora spende da 50 a 100 miliardi di dollari ogni anno in infrastrutture all’estero.

LA REAZIONE DI PECHINO

Seppur i media più “falchi” a Pechino abbiano duramente attaccato il G7 per l’iniziativa, il ministro degli Esteri cinese ha risposto così, tramite il portavoce Zhao Lijian: “La Cina accoglie sempre con favore tutte le iniziative che puntano a promuovere la costruzione di infrastrutture globali” pur spiegando che si oppone “alla promozione di calcoli geopolitici in nome della costruzione di infrastrutture, e alle parole e ai fatti che diffamano l’iniziativa Belt and Road”. Forse il governo cinese è sicuro del suo vantaggio in tempi e investimenti. Il rischio, però, è ignorare che il paradigma è cambiato, che più che sui denari il G7 punta a far leva sui valori democratici e gli standard alti per contrastare la Via della Seta.



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