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Ripresa e sfida cinese. Cosa resta dal G7 del 2021? Report Chatham House

Build Back Better World, Global Gateway e la review britannica. Le strategie lanciate l’anno scorso in Cornovaglia rimangono “poco sviluppate”, avvertono gli esperti sottolineando come in futuro servirà coinvolgere i privati. Lezioni per il G7 che si apre oggi a Schloss Elmau

Il G7 si riunisce da domenica fino a martedì a Schloss Elmau, sulle Alpi Bavaresi, per portare avanti il lavoro inizio l’anno scorso a Carbis Bay, in Cornovaglia: rispondere alla sfida delle autocrazie rilanciando un’agenda condivisa, a partire dai valori comuni. L’anno scorso al centro c’era la Cina, con la necessità di un piano di ricostruzione dalla pandemia Covid-19 che mettesse al centro standard più alti rispetto ai progetti di Pechino come la Via della Seta, spesso definiti dai Sette come “coercitivi”. Quella minaccia non si è affievolita, anzi se possibile si è rafforzata unendosi con l’altra: la guerra della Russia contro l’Ucraina e le sue conseguenze economiche e geopolitiche.

Dalle Alpi Bavaresi, il G7 dovrebbe lanciare una nuova iniziativa infrastrutturale volta a offrire ai Paesi a basso e medio reddito alternative di investimento trasparenti e di alta qualità. All’incontro, così come al successivo summit Nato di Madrid, i leader promuoveranno “una visione del mondo fondata sulla libertà e sull’apertura, non sulla coercizione, non sull’aggressione, non sulle sfere di influenza”, ha spiegato un alto funzionario.

Durante il vertice dell’anno scorso era stata annunciata l’iniziativa Build Back Better World a guida statunitense. Poi sono arrivate la Global Gateway dell’Unione Europea e una ristrutturazione della politica di sviluppo del Regno Unito. A che punto sono questi sforzi per spingere alla Via della Seta? Risponde un’analisi del centro studi britannico Chatham House. Le strategie “rimangono tutte poco sviluppate e non è chiaro come verranno realizzate”, si legge. Ecco i problemi: “i Paesi donatori hanno ancora strategie di sviluppo poco mirate, non riescono a massimizzare il potenziale dei partenariati globali e si impegnano poco con i partner del settore privato”. A cui si aggiunge la minaccia dell’invasione russa dell’Ucraina e delle incertezze economiche: “Il cambiamento delle priorità tra i Paesi donatori, indotto dagli eventi in Ucraina, rischia di spostare ulteriormente la politica di sviluppo verso il bilateralismo e la frammentazione all’interno del G7 e con i Paesi beneficiari”.

Che fare ora? “I Paesi del G7 devono dare priorità ai bisogni urgenti e crescenti delle economie in via di sviluppo”, recita il documento. La stabilità e la prosperità nei Paesi in via di sviluppo hanno e continueranno ad avere un impatto sulla politica interna, sulla salute, sulla sicurezza e sulla crescita economica all’interno del G7, spiegano gli esperti. Che poi individuano un’ulteriore sfida: “stabilire partenariati autentici ed equi con i Paesi beneficiari, con l’obiettivo di co-progettare politiche che integrino i piani nazionali esistenti dei beneficiari e diano priorità ai loro obiettivi di sviluppo”. Infatti, “concentrandosi sull’esperienza e sulle conoscenze dei Paesi beneficiari, i Paesi del G7 possono rinvigorire il multilateralismo”.

I Sette, però, devono far fronte anche a una dinamiche interna: la progressiva riduzione dei finanziamenti pubblici per lo sviluppo. Per questo, spiega il documento, “devono integrare gli attori del settore privato, sia in patria sia all’estero, nelle loro strategie di sviluppo internazionale. Questo obiettivo può essere raggiunto facilitando le iniziative innovative di finanziamento privato, sostenendo gli investimenti a più alto rischio nei Paesi in via di sviluppo e costruendo una pipeline sostenibile di progetti investibili”, conclude.

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