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Tra inflazione e recessione, il rebus della Fed secondo Generali

L’economia americana sconta il costo della vita più elevato da quattro decenni a questa parte. Ma un aumento su larga scala e prolungato dei tassi può aprire le porte della recessione. Ecco cosa dicono gli economisti del Leone

Inflazione può far rima con recessione. Il binomio è pericoloso e sono mesi che Jerome Powell ha deciso di prendere il toro per le corna. Prima un rialzo, 25 punti base, poi un secondo, 75 punti base. E poi, chissà. Però bisogna maneggiarli con cura, i tassi. Gli Stati Uniti crescono, creano posti di lavoro e la domanda è tornata aggressiva come un tempo. Per questo un’inflazione solidamente oltre l’8% non può stupire.

Però è altrettanto vero che denaro più caro vuol dire anche un freno a mano tirato sulla crescita. Meno soldi nell’economia, insomma. E allora, spiega un report a firma di Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments, bisogna stare attenti. “Nel supportare un’accelerazione dell’inasprimento dei tassi per combattere l’inflazione, Powell ha fortemente negato che la Fed voglia spingere l’economia statunitense in una recessione. Le proiezioni del Fomc (il braccio operativo della Fed, ndr) sono coerenti con un atterraggio morbido o piuttosto morbido nei prossimi due anni”. Ma non tutto è già deciso.

“La rapida stretta monetaria inasprirà ulteriormente le condizioni finanziarie e avrà un impatto significativo sulla crescita a partire dal secondo semestre. Abbiamo quindi ridotto le nostre previsioni di crescita al 2,2% quest’anno e appena al di sopra dell’1% nel 2023. La prima metà del prossimo anno vedrà una crescita trimestrale appena positiva”. La conclusione dell’analisi è netta.

“Il rischio di una recessione è aumentato notevolmente: stimiamo tale rischio appena sopra il 40% nei prossimi dodici mesi. La causa principale risiederà nell’aumento dei costi di finanziamento e negli effetti ricchezza negativi sui consumi. A differenza degli episodi precedenti, il sistema finanziario non presenta squilibri preoccupanti e i bilanci del settore privato sono in uno stato ragionevolmente sano; pertanto, la possibile recessione potrebbe essere probabilmente lieve. Tuttavia, l’ingente onere del debito potrebbe pesare sul successivo recupero”.

Ma forse Powell pensa che l’aumento dei tassi sia l’unico modo per preservare l’economia americana da guai peggiori. La scorsa notte italiana, nel corso di un’audizione alla Camera, il governatore della Fed ha ribadito che gli Stati Uniti hanno un’economia “molto forte” che si è “ripresa pienamente”. Tradotto, la Federal Reserve intende proseguire con continui aumenti dei tassi di interesse nelle future riunioni del direttorio.

“La portata di questi cambiamenti continuerà a dipendere dai dati che giungeranno e dall’evolversi delle prospettive economiche. Assumeremo le nostre decisioni volta per volta. Stimiamo che i tassi di interesse siano a un livello neutrale attorno al 2,5%” ma “al momento riteniamo appropriato portarli ad un livello superiore e leggermente restrittivo”. E poi “cercheremo prove evidenti che l’inflazione stia calando, in maniera coerente con il suo ritorno al 2%”.

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