“Risollevarsi dalla desertificazione insieme” è il tema scelto per oggi 17 giugno Giornata Mondiale contro la Desertificazione, istituita dall’Onu nel 1995. Il problema tocca da vicino l’Italia, con il fiume Po che ha un metro in meno di livello dell’acqua. Ma anche vaste aree dell’Europa sono a rischio siccità
Che la siccità e la desertificazione dei suoli siano ormai un problema da affrontare con misure urgenti e non più rinviabili ce lo ricordano le cronache di tutti i giorni e i continui allarmi degli scienziati e degli operatori dell’agricoltura. I rappresentanti dei governi di tutto il mondo, riuniti a maggio ad Abidjan, in Costa d’Avorio, in occasione della 15esima Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla desertificazione, hanno stimato in 55 milioni le persone che in tutto il mondo, ogni anno, sono colpite dalla siccità, il cui impatto su società, ecosistemi ed economie rimane ancora sottostimato. Ed entro la metà del secolo, si stima che circa tre quarti della popolazione mondiale sarà interessata da siccità e ondate di calore. Un fenomeno non più limitato alle Terre Aride, ma trasversale a tutti i continenti.
Assume, allora, sempre più importanza questo 17 giugno, Giornata Mondiale contro la Desertificazione, istituita dall’Onu nel 1995, all’indomani della ratifica della Convenzione sulla Lotta alla Desertificazione, per “sensibilizzare i governi, le organizzazioni e gli individui sulla responsabilità collettiva nell’utilizzo sostenibile dell’acqua e di prevenire la desertificazione e la siccità”. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, infatti, “perdiamo12 milioni di ettari di terreno ogni anno e 2 miliardi e mezzo di persone traggono il loro sostentamento da terreni che sono a rischio desertificazione”.
Il tema scelto quest’anno è “Risollevarsi dalla desertificazione insieme”, proprio perché il problema riguarda tutto il pianeta. Anche vaste aree dell’Europa, mettendo in grave difficoltà le produzioni agricole. Soprattutto per i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo. Oltre all’Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Malta. Ma anche Ungheria, Slovenia e Romania. Secondo il rapporto Copernicus sulla siccità, il più grande fiume italiano, il Po, ha oggi un metro in meno di livello dell’acqua e nel nostro Paese il 28% del territorio è a rischio desertificazione. E non riguarda solo le regioni del Sud Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna, ma anche Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna.
Le cause della siccità e della progressiva desertificazione dei territori, lo sappiamo tutti, sono i cambiamenti climatici, le temperature sempre più elevate con conseguenti periodi sempre più lunghi senza piogge. Secondo l’ultimo rapporto di Ispra, l’Istituto per la Ricerca Ambientale, sul clima in Italia, il decennio 2011-’20 è stato il più caldo in assoluto e le precipitazioni hanno registrato un meno 75% a gennaio e un meno 77% a febbraio. Il numero massimo di giorni asciutti consecutivi sono stati registrati in Sardegna e in Sicilia (fino a 90 giorni senza pioggia). I danni per l’agricoltura stimati da Coldiretti a seguito della siccità ammontano a un miliardo di euro l’anno.
Sono anche altre le cause della desertificazione dei suoli: la deforestazione, la siccità, il cambiamento climatico, l’agricoltura intensiva, gli incendi, l’urbanizzazione. Ad Abidjan i delegati di 196 Paesi e dell’Unione Europea hanno preso una serie di impegni tra i quali: ripristinare entro il 2030 1 miliardo di ettari di suolo degradato; aumentare la resilienza alla siccità; affrontare la migrazione forzata e lo sfollamento causato dalla desertificazione e dal degrado del suolo; migliorare il coinvolgimento delle donne nella gestione del territorio; promuovere posti di lavoro dignitosi per i giovani e l’imprenditoria giovanile in agricoltura.
Sotto la spinta delle Nazioni Unite, un po’ tutti gli organismi internazionali stanno ricorrendo ai ripari. Lo scorso novembre la Commissione europea ha approvato la “Strategia del suolo 2030” (“Suoli sani a vantaggio delle persone, degli alimenti, della natura e del clima”). “Arrestare e invertire l’attuale tendenza di degrado, scrive la Commissione, potrebbe generare fino a 1200 miliardi di euro di benefici economici a livello mondiale ogni anno. Il costo dell’inazione rispetto a questo fenomeno va ben oltre il calcolo economico: non solo porterebbe a una perdita di fertilità a discapito della sicurezza mondiale, ma dovrebbe anche alimentare un impatto sulla qualità e la nutrizionalità dei prodotti”.
Da non sottovalutare, tra l’altro, gli effetti a più lungo termine provocati dalla siccità che riguardano la riduzione delle falde acquifere e l’impoverimento della biodiversità (flora e fauna). Per prevenirli occorre incentivare l’agricoltura sostenibile (meno suolo e meno acqua per le produzioni); piantare più alberi e difendere dal degrado i boschi esistenti; incentivare l’edilizia sostenibile e bloccare il consumo del suolo.
L’Italia, alla fine del secolo scorso, ha adottato il Piano d’azione per la lotta alla siccità e alla desertificazione, sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite. Con le peculiarità proprie delle regioni che si affacciano sulla sponda nord del Mediterraneo. “La siccità è uno dei disastri naturali più distruttivi, ricorda una nota del ministero della Transizione Ecologica, poiché causa impatti severi quali perdite di raccolti su vasta scala, incendi e stress idrico. Esacerbata dal degrado del suolo e dai cambiamenti climatici, la siccità sta aumentando con ritmi crescenti. Le azioni contro la siccità sono però possibili e praticabili e possono essere intraprese a tutti i livelli, dai cittadini, dalle imprese, dai governi: tutti possono dare una mano. I governi, assieme ai cittadini, possono promuovere e attuare programmi di rigenerazione dei suoli, incentivare la coltivazione di colture resistenti alla siccità, irrigare in modo efficiente, favorire il riciclo e il riutilizzo dell’acqua”.
Il Pnrr stanzia 300 milioni di euro per il “contenimento del suolo e il ripristino dei suoli utili, oltre alla valorizzazione delle zone protette nelle vicinanze delle aree metropolitane”. Il 50% di questi fondi sono destinati alle regioni del Mezzogiorno. Prevede inoltre la piantumazione di oltre 7 milioni di alberi per la tutela del verde urbano. Vi sono poi le risorse destinate alla rete idrica nazionale.
“La risorsa idrica non è solo vitale per la nostra sopravvivenza, ma è un elemento attraverso il quale passano le disuguaglianze tra nord e sud, tra centri urbani e aree interne”, il commento del ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini sui dati pubblicati dal Servizio Idrico Integrato. “Abbiamo problemi molto seri in termini di qualità dei nostri acquedotti e della gestione in generale delle risorse idriche. Per questo nel Pnrr abbiamo scelto l’investimento nelle infrastrutture idriche come una delle grandi priorità dei prossimi anni”. Il Piano destina alla tutela del territorio e della risorsa idrica 4,4 miliardi di investimenti, di cui 3 miliardi e mezzo alle aziende del servizio idrico integrato. Sono state, inoltre, già assegnate risorse per 300 milioni di euro destinate alla riduzione delle perdite di rete e digitalizzazione delle infrastrutture nelle regioni del Sud Italia.