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Guerra e intelligence. Il piano A e il piano B di Putin

In Ucraina i bilanci dei combattimenti si alternano con le prospettive della durata del conflitto. Nonostante gli allarmi del presidente Zelensky la situazione sembra essersi stabilizzata. Nell’analisi di Gianfranco D’Anna gli scenari moscoviti dietro le quinte dell’invasione

Avanzate e ritirate circoscritte da parte russa e ucraina. Sul fronte incandescente fra Severodonetsk, Lysychansk, Bajmut e Sloviansk la guerra di posizione si sta stabilizzando, nonostante il pessimismo del Presidente Volodymir Zelensky che paventa un calo di tensione degli Stati Uniti e dell’Europa nell’essenziale supporto militare dell’Ucraina. Ai blitz avanzati dei reparti corazzati russi preceduti da bombardamenti a tappeto, Kiev ha replicato centrando e distruggendo a Kadyivka una base del gruppo Wagner, gli pseudo mercenari agli ordini del Cremlino, e utilizzando i cacciabombardieri per martellare le posizioni russe a Kherson.

Le fasi dell’invasione dell’Ucraina vengono seguite in diretta dai satelliti dell’intelligence occidentale. Mai come in questo conflitto anticipare le mosse dell’avversario è decisivo. L’intelligence Usa, Britannica ed europea ha raggiunto un livello di previsione e di conoscenza preventiva dell’elaborazione offensiva dell’apparato militare di Mosca in grado di “leggere” e prospettare le modalità tattiche e strategiche dell’invasione dell’Ucraina. E’ il risultato dell’incrocio e dell’elaborazione di un’infinità di dati, di input e di report informativi, denominati sigint, humint, techint, imint e così via, a seconda della classificazione dell’origine umana, tecnologica, statistica, o sulla base di immagini e dati telemetrici delle fonti d’informazione.

Ne emerge un quadro complessivo focalizzato sul Cremlino e sul teatro di guerra in Ucraina. A Mosca, dietro la facciata delle dichiarazioni rassicuranti di Putin sulla Russia “che non farà la fine dell’Urss” e che ritroverà lo spirito combattente dello zar Pietro il Grande o le minacciose affermazioni antioccidentali di Medvedev, c’è un clima cupo che lascia intravedere la tendenza al riposizionamento degli apparati e dei vertici del regime che intuiscono di essere sempre più vicini al punto di rottura e di implosione.

In prima linea il continuo sforzo offensivo è caratterizzato dall’enorme dispendio di vite umane, mezzi corazzati e armamenti e dal ricambio dei comandanti, uccisi in combattimento o “avvicendati”, cioè silurati e sostituiti dal Cremlino. Due situazioni paradossali, con un corollario di escalation di crisi economica e sociale, alla lunga insostenibili ritengono a Washington e a Londra, dove tuttavia nessuno riesce a quantificare ancora per quanto tempo si protrarrà questo contesto e soprattutto cosa comporterà il “dopo”.

Nell’anticipo delle mosse russe, “il dopo” Kiev è in fase di definizione. Gli scenari dipendono dalla “tenuta” o dall’uscita di scena di Putin. L’esito dell’invasione è determinante. Ma nel frattempo, oltre al proseguimento senza alternative dell’invasione, quali sono le mosse del Cremlino? Sostanzialmente quattro: provocare uno shock energetico e alimentare, scatenare assalti cibernetici coinvolgendo la Cina, per manipolare l’economia, i sistemi elettorali e la stampa dell’occidente, dividere l’Europa, finanziare segretamente e aizzare populismi e trumpismi vari. Tutte azioni già avviate, ma che non sono in grado di bloccare l’incessante e sempre più sofisticato ed efficace riarmo dell’Ucraina.

Cosa prevede allora il piano b di Putin? Semplice: un cessate il fuoco che congeli la situazione sul campo con le regioni meridionali dell’Ucraina invase. Situazione che consentirebbe al Presidente russo di mistificare di avere raggiunto gli obiettivi prefissati e di procedere all’annessione, con referendum farsa, dei territori occupati. Prospettiva che fa insorgere gli ucraini che invece vogliono unanimemente continuare a combattere e ad opporsi all’invasione fino a ricacciare i russi oltre i confini del loro Paese.

Eventualità assolutamente raggiungibile, ha sostenuto in una recente intervista al Financial Times l’ex capo del Secret Intelligence Service (MI6) Sir John Sawers, secondo il quale mentre le sanzioni contro Mosca e le difficoltà crescenti russe a sostenere lo sforzo bellico stanno facendo precipitare la capacità di Putin di tenere sotto controllo la situazione, si dovrebbe assolutamente evitare che il ventre molle europeo, rappresentato dal Presidente francese Macron e dal cancelliere tedesco Scholz, consenta al Cremlino di non pagare il prezzo delle tragedie che ha provocato. “Difendere la sovranità di Kiev e dissuadere la Russia da analoghi attacchi a Paesi europei in futuro, per l’Occidente è vitale”, scrive l’ex capo dell’intelligence estera britannica.

Un errore già commesso dall’Europa con la Russia, nel 2008 in Georgia, con l’occupazione dell’Ossezia, e nel 2014 in Ucraina. Ma da allora la consapevolezza europea è cambiata e, a dispetto delle ricorrenti tesi di Parigi e Berlino sul “non bisogna umiliare Putin”, sono proprio i paesi nordici (Finlandia e Svezia) e dell’est (Polonia e repubbliche baltiche) che hanno vissuto sulla propria pelle il trovarsi in bilico o al di là della cortina di ferro ad essere determinati assieme, agli Stati Uniti, all’Inghilterra, all’Italia e alla Spagna, a sostenere fino in fondo l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina.

Fidarsi ulteriormente di Putin consegnerebbe l’Europa e lo stesso popolo russo ad un nuovo appuntamento con la guerra e all’inasprimento della dittatura. Ben oltre l’apparente progressiva avanzata territoriale dell’armata russa sul fronte fra Severodonetsk e Zaporizhzhia, l’ultima (si spera) tragica partita a scacchi fra le democrazie occidentali e le autocrazie post comuniste é incardinata sullo scacco matto al quale sta andando incontro l’ultimo erede della schiera dei caporali e degli ufficiali di carriera autoproclamatisi Caudillo, Duce, Führer, Imperatore e Zar…


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