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Il gas e gli Usa mettono d’accordo Libano e Israele?

La risoluzione della disputa sul confine marittimo tra i due Paesi mediorientali potrebbe essere a un passo. Oggi Beirut ha firmato un accordo energetico con il Cairo e Damasco che sembra un indizio. Ma Hezbollah rimane un’incognita per tutta la regione e non solo

La disputa sul confine marittimo tra Israele e Libano va avanti ormai da decenni. Ma potrebbe essere arrivato il momento della svolta. La situazione sembra essersi sbloccata dopo la visita a Beirut di Amos Hochstein, consigliere del dipartimento di Stato americano e uomo di riferimento del presidente Joe Biden sulla sicurezza energetica dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Il mediatore statunitense ha spiegato in un’intervista ad Al Hurra di aver visto che “c’è tra i funzionari libanesi una preoccupazione comune, ovvero trovare una soluzione alla crisi economica del Libano, che può passare dalla fine del contenzioso con Israele e lo sfruttamento dei giacimenti di gas”.

IL COMPROMESSO (NON SCRITTO)

L’inviato, incaricato di facilitare le trattative dirette tra Libano e Israele (due Paesi che non hanno relazioni diplomatiche) per la spartizione delle risorse energetiche marittime, è stato ricevuto dal presidente Michel Aoun. Quest’ultimo avrebbe presentato all’ospite una proposta che sarebbe già stata trasmessa al governo israeliano. Lo riferiscono fonti a Globes, giornale economico israeliano. Il Libano non avanzerebbe alcuna pretesa sul giacimento di Karish, se Israele accettasse le richieste libanesi relative a Qana. Ma la testata sottolinea un aspetto: il piano di Aoun è stato comunicato verbalmente. Forse per timore che il compromesso venisse attacco dal partito sciita filoiraniano Hezbollah (che punta sul gas, presentandosi come il difensore del Paese contro i tentativi israeliani di rubare quello libanese, per coprire le proteste popolari). O forse ancora per evitare di firmare un impegno scritto. Hochstein, secondo quanto riferito da Globes, prevede di poter tornare in Libano all’inizio di luglio con la risposta di Israele, dove la recente crisi di governo e le prossime elezioni aggiungono incertezza allo scetticismo di Gerusalemme verso le proposte di Beirut.

ISRAELE E LA LEVA DEL GAS

La disputa risale al riconoscimento dell’indipendenza israeliana da parte delle Nazioni Unite nel 1948 ed è uno dei tanti disaccordi che esistono tra Israele e i suoi vicini arabi. I due Paesi sono ufficialmente in guerra dall’indipendenza di Israele e i periodici scontri al confine rimangono una preoccupazione per la stabilità e lo sviluppo della regione. Negli ultimi 15 anni, sulla base di valutazioni secondo cui i giacimenti al largo delle coste israeliane potrebbero contenere 34,5 trilioni di metri cubi di gas, Israele ha proceduto allo sviluppo di riserve di gas naturale al largo delle sue coste, alcune delle quali sono rivendicate dal Libano. Dal 2010, quando il Libano ha presentato alle Nazioni Unite la sua rivendicazione di un confine marittimo meridionale con Israele, diversi mediatori statunitensi hanno cercato di negoziare un accordo sul confine marittimo tra Libano e Israele che permettesse a entrambi i Paesi di procedere con lo sviluppo del gas offshore.

LA QUESTIONE HEZBOLLAH

Lo sforzo degli Stati Uniti per mediare il confine marittimo tra Libano e Israele, come ha sottolineato il Soufan Center, risponde anche all’obiettivo strategico di limitare la possibilità di ulteriori conflitti nella regione. Hezbollah ha individuato nello sviluppo dell’offshore israeliano un’opportunità “per rafforzare le proprie credenziali come movimento di resistenza e per mitigare i danni subiti dal partito nelle elezioni parlamentari libanesi di marzo”, scrivono gli esperti. Avendo perso la maggioranza parlamentare a marzo, Hezbollah ha poco da perdere se i negoziati dovessero deragliare e i problemi economici del Libano continuassero a peggiorare. Per questo, è “probabile” che gli Stati Uniti stiano intensificando i loro sforzi di mediazione sul confine marittimo tra Israele e Libano “per affrontare la moltitudine di minacce poste dalla continua disputa” che coinvolge anche l’Iran, aggiungono. Non è un caso che la scorsa settimana durante il colloquio con il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, il primo ministro israeliano Naftali Bennet abbia voluto parlare anche di Libano (in cui l’Italia è presente con oltre 1.00 soldati impegnati nella missione Unifil) e in particolare dei timori per le attività di Hezbollah.

IL TRIANGOLO CON L’EGITTO

In questo quadro si inserisce la firma oggi di Libano, Egitto e Siria su un accordo che prevede il trasporto dall’Egitto al Libano attraverso la Siria (e la Giordania) di 650 milioni di metri cubi di gas naturale all’anno. Oggi la maggior parte delle zone del Libano ha solo due ore di elettricità al giorno e gli ospedali e gli alberghi sono costretti a utilizzare generatori. L’accordo potrebbe alleviare almeno in parte la crisi elettrica nel Paese. Ma richiede ancora l’approvazione della Banca Mondiale, che si è impegnata a finanziarlo, e degli Stati Uniti per la conformità al regime di sanzioni contro la Siria. Ma durante la recente visita a Beirut l’inviato Hochstein ha assicurato il via libera americano. C’è un aspetto interessante di questo accordo: “se e quando il gas scorrerà attraverso il gasdotto, il Libano dovrebbe verificare se non è dipinto di blu e bianco, dal momento che Israele fornisce gas all’Egitto e alla Giordania”, come ha osservato il centro studi israeliano INSS. È possibile, infatti, che lo stesso gas che l’Egitto acquista da Israele poi raggiunga il Libano.

L’INTESA CON L’UNIONE EUROPEA

Il Mediterraneo allargato presenta opportunità anche per l’Unione europea (e dunque per l’Italia), tanto che la sua stabilità, minacciata dalla crisi alimentare legata all’invasione russa dell’Ucraina che ha bloccato il grano nei porti ucraini, è in cima all’agenda politica dei 27. La scorsa settimana la Commissione europea ha firmato un memorandum con Egitto e Israele tre per portare gas dai giacimenti Tamar e Leviathan in Europa tramite il cosiddetto “gasdotto della pace”. L’intesa, ha spiegato Vannia Gava, sottosegretaria alla Transizione ecologica, a Formiche.net, “rappresenta un altro tassello importante di una nuova politica energetica che stiamo costruendo settimana dopo settimana, per far fronte all’emergenza ma, soprattutto, per risolvere definitivamente il problema della dipendenza energetica dell’Italia e dell’intera Europa da un solo Paese (la Russia, ndr), una situazione di arretratezza che non è più sostenibile e che ci ha esposto, come risultato evidente a tutti, a tentativi di ricatto”.

(Foto: Energean.com)


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