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L’economia tiene ma a fatica. Gli scenari economici di Confindustria

L’economia italiana, secondo l’ultimo report del Centro Studi della Confindustria, nel complesso tiene, ma il pericolo resta. La simbiosi con i trend dei mercati internazionali e le conseguenze della guerra in Ucraina possono ancora farsi sentire. L’analisi di Giuliano Cazzola

Il Centro Studi della Confindustria (CSC) ha pubblicato gli scenari riguardanti le prospettive dell’economia italiana e internazionale. Se si volesse riassumere in poche parole le valutazioni contenute nel rapporto potremmo cavarcela così: nel complesso – e vista l’aria che tira più che di compiacersi c’è da meravigliarsi – il sistema tiene, sia pure con forti differenze di comparti e di settori, ma il pericolo – come diceva un vecchio slogan – è diventato il mestiere del nostro apparato produttivo in necessaria simbiosi con il trend dei mercati internazionali. Il proseguimento della guerra in Ucraina costringe le imprese a fare i conti con i rincari delle commodity e la scarsità di materiali.

I prezzi dei prodotti energetici

Il prezzo del petrolio è balzato a giugno a 126 dollari al barile (da 113 a maggio), vicino al picco di marzo. Il gas naturale in Europa stava scendendo piano (81 euro/mwh da 89, pur restando 6 volte più alto da fine 2019), ma è bruscamente volato verso 120 euro per il taglio all’offerta russa.

L’industria

Nell’Industria emergono dati discordanti. La fiducia delle imprese manifatturiere (109,3 a maggio, da 109,9) è in costante diminuzione da novembre. A ciò si affianca un progressivo deterioramento degli ordini. L’indice PMI (un indicatore economico costituito da rapporti e sondaggi mensili, raccolti dalle aziende private del settore) continua a scendere (51,9 a maggio, da 54,5), ai minimi da un anno e mezzo, restando appena in area di espansione; la stessa indagine segnala un calo di attività e domanda. La produzione, invece, fino ad aprile sembra reggere, andando molto sopra le attese (dopo il -0,6% nel 1° trimestre). Il rischio è che questa resilienza produttiva delle imprese industriali italiane non duri a lungo, perché i margini sono molto ridotti (in alcuni casi negativi) a causa dei rincari delle commodity. È continuata l’espansione delle costruzioni nel 2° trimestre (+6,9% il prodotto nel 1°). Contribuisce anche una parte del reddito delle famiglie, speso per investimenti (in abitazioni-ristrutturazioni: oltre +5,0 miliardi nel 1° trimestre 2022 da fine 2019). Tali risorse hanno favorito la tenuta dell’economia italiana perché sostengono gli investimenti fissi totali (+3,9% nel 1° trimestre, -0,8% invece i consumi).

I servizi

Nei servizi il recupero è attenuato. Le previsioni più lusinghiere non si sono avverate. Si riteneva, infatti, che il calo delle restrizioni anti-pandemia potesse creare le condizioni di base per un recupero più robusto del turismo (spesa di viaggiatori stranieri a -25% a marzo dal pre-Covid, era -84% nel 2021). Ma ci si è messa di mezzo l’inflazione che erode progressivamente il poter d’acquisto delle famiglie. La mobilità per il tempo libero è in aumento, non è ancora pienamente ristabilita (-4,8% a maggio per gli italiani). Inoltre, il reddito e i risparmi accumulati delle famiglie italiane vengono erosi dai forti rincari di energia e alimentari (che contano per il 9,2% e il 19,5% del paniere di spesa). Questi fattori potrebbero limitare il recupero dei consumi “fuori casa”. Di conseguenza, il rimbalzo dei servizi nel 2° trimestre potrebbe essere inferiore rispetto alle attese iniziali. Questo scenario è coerente con la dinamica del PMI: in forte flessione a maggio (53,7 da 55,7), pur continuando ad indicare un’espansione nei servizi.

L’export

L’export italiano resta in aumento in aprile (+1,5% in valore; +1,8% extra-UE), sostenuto dalla crescita dei prezzi. Questo risultato – scrive il CSC – dipende da dinamiche molto eterogenee per mercati di sbocco: dimezzate le vendite in Russia, in ampio calo quelle in Cina e Giappone, in forte espansione negli Usa. A maggio, però, indicazioni negative per le prospettive dell’export vengono dagli ordini esteri del PMI manifatturiero e anche l’analogo indicatore per il commercio mondiale delinea una dinamica in calo.

L’inflazione

Il convitato di pietra inatteso è un’inflazione a livelli record nell’eurozona. Nel 1° trimestre si è avuta una moderata crescita del PIL (+0,3%), grazie al contributo di Spagna (+0,3%) e Germania (+0,2%), mentre la Francia è arretrata (-0,2%); modesto l’incremento della produzione industriale (+0,9%), con un’intensa caduta della manifattura tedesca a marzo (-4,5%). L’inflazione continua a salire (+8,1% a maggio), rischiando di frenare i consumi. È trainata dai prezzi energetici, che hanno colpito in misura differenziata i diversi Paesi: meno in Francia (+5,8% l’inflazione) per la maggiore autonomia nella produzioni di energia, grazie al nucleare, più in Italia (+6,8%), ai massimi in Germania e Spagna (+8,7% e +8,5%). I rincari di energia e alimentari, poi, si stanno man mano trasferendo sugli altri beni.

I tassi di interesse

Dopo 6 anni – sottolinea il CSC – tornano a salire i tassi. La Bce è decisa a frenare l’alta inflazione nell’eurozona (+8,1% annuo), che dipende soprattutto dai prezzi elevati di energia e materie prime alimentari, ancor più accresciuti dalla guerra in Ucraina. Nell’Eurotower di Francoforte – ricorda il CSC – era prevalsa la prudenza nella consapevolezza che il conflitto e gli impatti per le imprese europee, in termini di costi delle commodity e difficoltà di approvvigionamento, stanno pesando anche sulla dinamica del Pil, e perché si aspettava un’impennata temporanea. Ma ora le pressioni si stanno estendendo ai prezzi di altri beni e servizi, tanto che anche l’inflazione è cresciuta del 3,8% al netto di energia e alimentari, ed è prevista sopra il +3,0% nel 2022. A giugno la Bce ha rotto gli indugi, pre-annunciando un rialzo dei tassi di interesse a luglio (di +0,25%) e poi a settembre (di ulteriori 0,25/0,50%). I rendimenti sui titoli, del resto, erano già saliti: a giugno il BTP è a 3,57% in media (picco a 4,16% il 14), da 0,97% a dicembre 2021 (+2,60). Il rialzo è diffuso nell’Eurozona (Bund a 1,42% da -0,31%), ma avviene con ampliamento degli spread: +2,16 punti il titolo italiano sul tedesco (da +1,28), quasi ai valori 2018, molto più di Spagna (+1,20 da 0,74) e Francia (+0,39 da 0,29). Per fermare la corsa e migliorare la trasmissione della politica monetaria, la BCE il 15 ha dichiarato che applicherà flessibilità tra paesi nei reinvestimenti dei titoli in scadenza (quelli acquistati col Pepp) e definirà un meccanismo anti-frammentazione. I tassi hanno risposto calando dal picco. Anche se si è trovato un compromesso si deve mettere in conto che in una prospettiva di medio periodo finiranno anche gli acquisti dei titoli di Stato da parte della Bce.

La mossa Bce – scrive il CSC – mira anche a limitare l’indebolimento dell’euro, che alimenterebbe ancor più l’inflazione in Europa: accresce, infatti, il costo dell’import di commodity (quotate quasi tutte in dollari, tranne il gas). L’euro si è già svalutato da 1,22 dollari nel giugno 2021 a 1,05 nel giugno 2022 (-14%). Ciò riflette l’aumento dei tassi USA, anticipato rispetto a quello in Europa.

L’aumento dei tassi Bce dovrebbe frenare le aspettative di inflazione e limitare il trasferimento dei rincari agli altri beni; ma secondo il CSC non riuscirà a ridurre i prezzi di energia e alimentari e avrà un effetto recessivo. Infatti, i tassi pagati dalle imprese, da anni ai minimi (1,85% in aprile per le piccole e medie industrie sulle nuove operazioni, 0,87% per le grandi), rischiano di subire un aumento.

Il credito

Se salisse il costo del credito, si aggraverebbe la situazione finanziaria delle aziende, già complicata dalla pandemia nel 2020 (a cui si sommano ora le bollette energetiche) che ha condotto ad accumulare maggior debito. Il rialzo dei tassi sui Btp fa aumentare anche la spesa pubblica per interessi, seppur gradualmente, man mano che lo stock di titoli pubblici viene rinnovato ai tassi più elevati (7,1 anni la durata media del debito). Nel 2022, il rincaro riguarda oltre 300 miliardi di euro di titoli in scadenza. Inoltre, per evitare di far salire ulteriormente lo spread, occorrerà – suggerisce il CSC – una politica di bilancio prudente, proprio quando sarebbero necessari maggiori interventi per contrastare il caro-energia.

L’occupazione

Quali potrebbero essere gli effetti sull’occupazione? La rilevazione del CSC non affronta il tema. Si attendono i dati dell’Istat per il 2° trimestre dell’anno in corso. Nel 1° trimestre, l’Istat segnalava andamenti complessivamente positivi. Come se l’inversione del ciclo (rincari e conflitto) non fosse ancora avvertito dall’occupazione. In termini tendenziali l’aumento dell’occupazione (+905 mila unità, +4,1% in un anno) coinvolgeva sia i dipendenti, a tempo indeterminato (+369 mila, +2,6%) e soprattutto a termine (+412 mila, +16,3%), sia gli indipendenti (+124 mila, +2,6%). In forte calo il numero di disoccupati (-415 mila in un anno, -16,0%) e quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-846 mila, -6,1% in un anno). L’aumento tendenziale dell’occupazione si rifletteva nella crescita del tasso di occupazione (+3,0 punti rispetto al primo trimestre 2021) che si associava alla diminuzione dei tassi di disoccupazione e di inattività (-1,9 e -2,0 punti, rispettivamente).


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