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Intelligenza artificiale e questioni morali. L’essenza della robotica

Cosa ha portato l’umanità fino a questo punto della sua evoluzione? E perché gli esseri umani che sono altrimenti in grado di riprodursi naturalmente, hanno tanto desiderio di creare versioni artificiali di se stessi? L’analisi di Giancarlo Elia Valori

I robot intelligenti sono una minaccia per l’umanità? E comunque è solo questione di tempo prima che acquisiscano consapevolezza di sé. O sarà il prossimo passo nell’evoluzione umana? Stiamo forse per unirci con le macchine che stiamo creando. Del resto noi umani siamo, in un certo senso, robot organici.

Molte persone si preoccupano se noi ci sostituiremo o – peggio – saremo sostituiti dall’Intelligenza Artificiale, e ritengo sia una questione di cui preoccuparci.

Sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite di New York, 11 ottobre 2017. Viene offerto un saluto al vicesegretario generale delle Nazioni Unite, la nigeriana Amina Jane Mohammed: «Sono entusiasta e onorata di essere qui alle Nazioni Unite».

L’evento è una pietra miliare storica per l’umanità, in quanto il saluto non è dato da un essere umano, ma da un robot di nome Sophia: «Sono qui per aiutare l’umanità ad edificare il futuro».
Sophia è stata creata nel 2015 presso la società di Hong Kong Hanson Robotics. I suoi occhi sono incorporati nelle telecamere che le consentono di per vedere i volti, e mantenere il contatto visivo, di conseguenza e riconoscere gli individui.

Il robot è anche in grado di elaborare il discorso, avere conversazioni naturali e persino discutere in merito ai suoi sentimenti.

Appena due settimane dopo aver parlato alle Nazioni Unite, in una cerimonia apposita a Riyadh, in Arabia Saudita, Sophia ha raggiunto un altro traguardo: è diventata il primo robot a cui è stata concessa la cittadinanza. Al vertice in Arabia Saudita c’erano personalità appartenenti a governi di tutto il mondo, così come alcune delle menti più brillanti del pianeta nel settore tecnologico.

Quindi, che ne siamo consapevoli oppure no, quelle di cui si parla in realtà sono persone che guidano i nostri esecutivi, e studiano la possibilità d’integrare l’Intelligenza Artificiale nelle nostre vite.

Ciò che è assolutamente strabiliante in Sophia e altre entità robotiche è che i governi di tutto il mondo, compresa l’Arabia Saudita e l’Unione Europea, si stanno muovendo dando a questi esseri creati artificialmente dei diritti. Per cui è necessario chiederci: «Cosa sta succedendo?». Potrebbe essere che l’Arabia Saudita abbia concesso la cittadinanza a un robot non solo come trovata pubblicitaria, ma perché voleva essere la prima nazione a riconoscersi in quello che presto diventerà un fenomeno globale?

La creazione di robot, sofisticati e aderenti alla nostra realtà fisico-corporale vuol dire che dovranno essere trattati più o meno allo stesso modo delle loro controparti in carne e ossa?

Ritengo che gradualmente dovremo considerare i robot non solo più simili a un essere umano ma considerare che abbiano una determinata etica. E non mi riferisco alle “limitanti” tre leggi di Asimov sulla robotica. Alla fine, potrebbe anche esserci un “movimento per i diritti dei robot”, se pensiamo alla molteplicità dei movimenti venuti alla luce dopo il crollo delle ideologie storiche. Un’idea così bizzarra potrebbe davvero diventare realtà?
Chiediamoci innanzitutto: ma cosa ha portato l’umanità fino a questo punto della sua evoluzione? E perché gli esseri umani che sono altrimenti in grado di riprodursi naturalmente, hanno tanto desiderio di creare versioni artificiali di se stessi?

È affascinante che ci sia questo interesse nel far sembrare umano ciò che non lo è. Non è sempre la forma più pratica e di sicuro economica, ma ha una sorta di malìa. Forse è per vedere la nostra stessa immagine? Narcisismo? Vanità? Sostituirci a Dio? Vogliamo avere eredi senza il facile mezzo riproduttivo? Ossia creare la vita per partenogenesi meccanica? Tutto ciò è davvero radicato nel nostro ego. In un certo senso, ci dimostreremmo superiori rispetto al dare alla luce un bambino biologico. E se quel qualcosa somiglia a noi, poi si sentirà come noi; e allora questo ci fa sentire come se potessimo superare la nostra stessa mortalità.

Per cui diverrebbe possibile progettare specifiche condizioni, e se si sbagliasse, possiamo sempre ricominciare da capo. Sì, diventare degli dèi, con le stesse motivazioni che avevano gli dei.

Se si legge attentamente le storie della creazione, si nota che la forza divina vuole compagnia. Alcune delle storie dell’induista Vedanta dicono che gli dei fossero soli. Per cui hanno diviso la propria energia e l’hanno trasformata in esseri umani in modo che potessero stare tutti assieme dopo la creazione. Il pericolo però è che ci lasciamo trasportare dal nostro genio creativo.

Ci sono dei limiti che sono incorporati nella nostra biologia, ci sono dei limiti nella nostra anatomia, e se potessimo solo capire come immettere la nostra mente nel corpo del robot, potremmo diventare immortali. E forse è questo il nostro obiettivo: arrivare a quel punto di immortalità e di seguito – a consunzione avvenuta della macchina – sostituirla, e perpetuare noi stessi in un nuovo contenitore? Queste non sono speculazioni, ma ragioni precise che spiegano il perché l’essere umano vuole creare un se stesso contenitore, in quanto – a mio parere – le motivazioni che giustificano la creazione e l’uso dell’Intelligenza Artificiale a meri pretesti bellici (quale la creazione di cybersoldati, ecc.) sono alquanto insufficienti e di comodo: mascherano il nostro egoismo.

Nella grande letteratura di fantascienza, così come nelle sue trasposizioni cinematografiche, i robot del futuro sono raffigurati come esseri umani virtuali, più che semplici giocattolini-pupazzi a molla alla “Guerre Stellari” per bambini delle elementari.

I robot dei best seller SciFi e del grande schermo sono affamati di conoscenza e fin troppo desiderosi di sperimentare l’intera gamma delle emozioni umane. Nella cinematografia dedicata alla fantascienza – sia nella utopica, ma pure in alcuni casi nella distopica – è creato un mondo che ancora non esiste, ma che molti sperano di vedere messo in pratica presto.

Quando si ha a che fare con un’idea del genere – e sappiamo che senza idee non ci sarebbe una realtà creata da umani, ma “solo” alberi, mare, caccia, agricoltura e pesca – si cerca di rendere reale anche ciò che fa parte dell’immaginazione. Se fosse la scienza fare questi esperimenti questo vorrebbe dire che un giorno tutto questo sarà reale. Esplorando l’aspetto riguardante la coscienza del robot, esso non fa solo ciò che gli viene detto ma cerca anche di esprimere desideri e sentimenti basandosi sull’esperienza avuta accanto a un essere umano, e a seconda del sentimento, la macchina può cambiare atteggiamento e formulare domande (come già ne ho parlato nel mio recente libro Geopolitica, conflitti, pandemia e Cyberspazio, al Cap. 12, par. 11: La fuga in avanti del cyberspazio: dal golem al GPT-3).

Questo è l’aspetto più affascinante della robotica; e spesso viene chiesto agli addetti ai lavori della fase teorica, che si esplica visibilmente nel cinema, se la funzione che è creata diventerà realtà; e la risposta è che se fossimo già arrivati a quel punto il cinema e la fiction in qualche modo devono aiutare ad allargare i propri orizzonti, ossia “abituare a” ma non spaventando anche fuori sala, ossia qualcosa che possiamo digerire un po’ più facilmente. È roba di fantasia, è roba che non è reale, pensano. Ed infatti se è solo intrattenimento puoi semplicemente dire: «Oh! è davvero fantastico. Non è spaventoso. È solo una cosa inventata da uno scrittore». Per cui lo spettatore sta unicamente assistendo a un film e si lascia andare, si gode il film senza paura, dal momento che si tratta, secondo lui, di un’“invenzione”.

Le persone chiedono sempre se ci stiamo avvicinando a un momento in cui la finzione diventerà realtà, ma cosa ci fa pensare che non sia già realtà? Ed infatti se la fantasia dello sceneggiatore si basasse sulla realtà le reazioni sarebbero ben diverse: il predetto “saluto” all’ONU, ad esempio, è impressionante e fa pensare.

Sebbene la nozione di robot senzienti dai libri di fantascienza alla cultura popolare non sia un concetto nuovo, molti futurologi ritengono che la creazione di macchine dotate di intelligenza artificiale non solo sarà presto una realtà ma una volta che si manifesterà determinerà certamente l’estinzione dell’umanità. Il grande fisico Stephen Hawking ha affermato ben otto anni fa: «Lo sviluppo della piena intelligenza artificiale potrebbe segnare la fine della razza umana».

Molti scienziati sono convinti che la combinazione di cervelli guidati da computer e corpi virtualmente immortali, faranno sì che queste nuove entità si comporteranno come esseri umani in carne ed ossa, diventando tutto tranne che antiquati umani destinati alla morte. Ma non è tutto: alcuni studiosi non sono certi che tutte le forme di vita create artificialmente in cui ci si imbatterà saranno create dall’uomo, per la ragione che le macchine potranno autoriprodursi, come noi adesso riproduciamo esse medesime.


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