Il regista degli Accordi di Abramo e portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Lior Haiat, spiega a Formiche.net come la visita di Mario Draghi a Gerusalemme potrà aiutare questo processo che vedrà presto l’adesione di altri paesi arabi. “Nel Medio Oriente le persone non vogliono tornare al passato. Siamo andati ad Abu Dhabi per trovare una via di pace anche con Ramallah”
Gerusalemme. L’Italia, così come gli altri Paesi europei, deve sostenere pubblicamente gli Accordi di Abramo in quanto possono avere un ruolo per facilitare questo processo che una via importante per arrivare alla pace in Medio Oriente. È quanto ha spiegato Lior Haiat, portavoce del Ministero degli Affari Esteri israeliano e regista degli Accordi di Abramo, a Formiche.net nel corso di un’intervista concessa a Gerusalemme poche ore prima dell’arrivo del premier italiano, Mario Draghi, per una visita ufficiale nel Paese.
“Certamente i temi principali di questa visita sono altri, come la crisi in Ucraina e la questione energetica che vede i due paesi cooperare – ha spiegato il diplomatico – ma certamente si parlerà anche degli Accordi di Abramo sui quali l’Italia può avere un ruolo di supporto importante”.
Haiat racconta di aver deciso di intraprendere la carriera diplomatica dopo aver visto la firma degli accordi di Camp David e di aver pensato che “come diplomatico se c’è una cosa che voglio fare è aiutare Israele a trovare la pace”.
Dopo aver svolto servizio all’estero è stato richiamato a Gerusalemme, poco prima della firma degli Accordi di Abramo con gli Emirati Arabi Uniti. “Sono andato ad Abu Dhabi per questo motivo per primo. Sono andato negli Emirati tramite Francoforte nonostante il Covid. L’aeroporto era vuoto ma c’era solo l’aereo di Etihad che ci ha portato nella capitale emiratina. Quando siamo arrivati nell’aeroporto di Abu Dhabi siamo stati accolti in un modo che non dimenticherò mai. I rappresentanti emiratini ci hanno detto ‘Benvenuti nel vostro paese, vi stavamo aspettando”.
Negli Emirati come presenza diplomatica, Israele c’era da una ventina di anni ma non in modo ufficiale come ora. Mai una delegazione ufficiale aveva ricevuto una delegazione proveniente da Israele fino a quel momento.
“Poco dopo il nostro arrivo hanno sventolato la nostra bandiera in aeroporto. In quel momento i media israeliani non avevano giornalisti sul posto ed ero io i loro occhi nel Paese. Ora abbiamo 15 voli diretti tra Israele ed Emirati, già un milione di israeliani hanno visitato il Paese”.
Haiat si dice quindi orgoglioso di essere stato “parte di un momento storico in Medio Oriente e di cambiamento storico per Israele”. Dopo, con la stessa delegazione è andato in Bahrein e poi in Marocco per poi ritornare nel Golfo e inaugurare le ambasciate israeliane ad Abu Dhabi e a Manama.
“Nell’anno 2020, gli accordi di Abramo sono il fatto più rivelante per noi e tutto il mondo ha concentrato lo sguardo su questa regione. Ne sono scaturiti infatti 62 accordi bilaterali firmati con i tre paesi arabi”.
Successivamente c’è stato il summit del Negev con sei ministri degli Esteri (Egitto, Marocco, Bahrein, Usa, Emirati e Israele). “Abbiamo creato un gruppo di 6 Paesi e ci sono altri che vogliono essere coinvolti in queste strutture che non c’erano prima. Un’opportunità per tutta la regione e i cittadini israeliani”.
L’interesse del mondo rispetto a questi accordi è forte tanto che “quando abbiamo celebrato il primo anniversario della firma degli Accordi di Abramo ho battuto un record: ho rilasciato 99 interviste in un giorno con 99 paesi diversi per celebrare questo evento”. Al momento ci sono molti paesi con cui Israele è in contatto in Medio Oriente per proseguire questo cammino. “Con il Sudan abbiamo iniziato una trattativa molto lenta in quanto la situazione politica in quel paese ha rallentato il processo, anche se siamo in una fase molto avanzata”.
Israele ha deciso però di rivolgersi ai popoli arabi anche parlando direttamente con loro, tramite i social media. “Dopo aver visitato per la prima volta il Marocco, abbiamo avuto purtroppo l’operazione militare a Gaza. Siamo ritornati nella realtà del Medio Oriente e abbiamo visto che la gente non vuole ritornare al passato. Gli accordi di Abramo dividono i paesi in due gruppi: se prima la divisione era tra ebrei e arabi ora è tra moderati o estremisti. Chi vuole un futuro per i suoi figli e chi vuole violenza e conflitto. Ogni leader mediorientale può decidere da che parte stare. Noi siamo andati ad Abu Dhabi come una via per arrivare a Ramallah, tramite gli arabi vogliamo arrivare ad una pace con i palestinesi”.