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Grano e sanzioni. Prove di intesa (anti occidentale) tra Lavrov e Cavusoglu

Da un lato lo sblocco delle rotte nel Mar Nero, dall’altro la richiesta dell’allentamento delle sanzioni contro la Russia. Ma senza le mine a Odessa chi assicura Kiev che Putin non attaccherà?

Turchia e Russia spingono per aprire e gestire un corridoio nel Mar Nero per il grano, offrendo così all’Ucraina la possibilità di esportare nei mercati globali i quantitativi che erano bloccati a Odessa. Così il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ricevendo il suo omologo russo Sergey Lavrov ad Ankara nel mezzo di una crescente crisi alimentare mondiale. Il governo turco ha aggiunto una postilla che proprio secondaria non è: ovvero la richiesta che in parallelo ci sia l’allentamento delle sanzioni occidentali contro la Russia. Senza le mine a Odessa chi assicura Kiev che la Putin non attaccherà?

Le promesse

In primis Lavrov ha assicurato che la Russia non avrebbe “abusato” del suo vantaggio navale se i porti dell’Ucraina fossero stati sminati e avrebbe “adottato tutte le misure necessarie per garantire che le navi possano partire liberamente da lì”. Passaggio su cui si registra la diffidenza di Kiev: “Non è vero, non sminiamo Odessa”. Ma è la Turchia a rabboccare il calice dei players seduti al desco diplomatico quando mette l’accento su due punti in particolare: questo piano è ragionevole e lo consideriamo fattibile, ha detto Cavusoglu ribadendo l’asse di ferro con Lavrov (e non con la Nato); in seguito considera legittimo l’allentamento delle sanzioni occidentali contro la Russia.

Grano paravento

“Se il mondo intero ha bisogno dei prodotti che devono essere esportati dall’Ucraina e dalla Federazione Russa, allora è necessario stabilire un metodo”, ha affermato, aprendo de facto alla vera partita che si cela dietro il paravento del grano: ovvero il riposizionamento delle forze dal campo bellico a quello commerciale e geopolitico, che impatta su tutta la partita legata a materie prime ed energia intrecciandosi allo status di tutti i paesi reduci da due anni di Covid.

E mentre l’OCSE taglia le prospettive economiche globali sulla guerra Russia-Ucraina, appare chiaro che sia la Russia che la Turchia trarrebbero un vantaggio dal piano di esportazione escogitato visto che quel pertugio tra le mine consentirebbe anche alla Russia di esportare cibo e fertilizzanti.

Garanzie

Nei giorni scorsi il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan hanno discusso più volte del corridoio marittimo sicuro, ma Kiev aveva chiesto garanzie di sicurezza, come la fornitura di armi per difendersi dalle minacce marittime e la partecipazione delle forze navali di paesi terzi a garanzia del piano stesso. Mosca continua a dire che non attaccherà Odessa in caso di apertura del corridoio, per cui torna di attualità parallelamente al grano anche una possibile ripresa dei colloqui tra Mosca e Kiev. Ma non mancano gli interrogativi.

Interrogativi

Quando Lavrov ridimensiona la crisi alimentare (“solo l’1% del grano bloccato”) non offre una sponda ragionevole ad un problema oggettivo, ma sembra seguire lo schema-Medvedev nei suoi strali anti occidentali. Al contempo quando accusa Zelensky di opporsi categoricamente allo sminamento delle coste (“La palla ora è nelle loro mani”) fa trapelare tutta l’intesa tattica che esiste con Ankara quasi a volerla far pesare come un macigno nel tentativo di evitare una crisi alimentare, che già c’è in Libano e Somalia: è questo un punto su cui la speculazione geopolitica non dovrebbe esserci.

Anche perché tra le altre cose il governo di Kiev al vertice di oggi sul grano non era rappresentato.

@FDepalo



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