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L’epopea western e non solo delle Mille lune di Sebastian Barry

Autore di teatro, poesia e prosa, oltre che candidato a numerosi premi letterari e acclamato da prestigiosi quotidiani e numerosi scrittori, Sebastian Barry ha scritto un nuovo romanzo tra Storia, guerra e intensità letteraria. Lo ha letto per Formiche.net Claudio Mattia Serafin

Sebastian Barry è uno scrittore dublinese nato nel 1955, considerato un’importante voce letteraria nell’attuale panorama culturale; è autore di teatro, poesia e prosa, oltre che candidato a numerosi premi letterari e acclamato da prestigiosi quotidiani e numerosi scrittori, tra i quali Ali Smith e Kazuo Ishiguro, vincitore del premio Nobel per la letteratura (qui una riflessione sull’autore).

Per la traduzione italiana di Anna Rusconi, arriva ora in Italia con Einaudi il suo romanzo storico Mille lune (A thousand moons, del 2020), ambientato nel Tennessee (Stati Uniti) del 1870; la protagonista è Winona, una nativa americana lakota che rimane orfana e dunque viene cresciuta da due soldati unionisti in congedo, Thomas McNulty e John Cole, che per lei fungono da veri e propri genitori adottivi.

Il passato d’infanzia della giovane è particolarmente doloroso, e per tale motivo lei tenta molto banalmente di non pensarci, di andare avanti; Cole, che ha anch’egli origini indiane, le insegna la lingua inglese, dal momento che il saper parlare quell’idioma può offrire qualche speranza di sfuggire ai pestaggi o ai linciaggi cui sono sottoposti i cittadini di colore oppure i nativi. Winona lo impara a modo suo, e infatti nel testo è reso molto bene l’apprendimento rapido, benché un po’ incespicante, della protagonista.

“Che il mondo era strano e smarrito non era in discussione. Che sulla terra non c’era posto dove stare che non fosse pericoloso era la realtà di ogni momento. Che io avevo delle anime che mi amavano e dei cuori che vegliavano su di me era una verità fin troppo evidente”, si legge alla pagina 213.

Winona svolge lavori di contabilità per l’avvocato Briscoe, un tranquillo borghese del posto, e ha un rapporto di attrazione-repulsione nei confronti di Jas Jonski, un commesso. Jonski è particolarmente ambiguo con la ragazza, tanto che le accade un drammatico incidente di violenza fisica, di cui lei non ricorda alcunché. Da quel momento in poi, prende il via un drammatico viaggio nei sentieri dei mancati ricordi, nel dolore della memoria, che si concluderà in un tentativo di vendetta, o comunque di riaffermazione di una parvenza di giustizia; Winona inizierà a vestirsi da uomo e, nelle sue legittime rivendicazioni, rischierà addirittura la vita per mano dei cosiddetti agenti della giustizia.

In realtà, quel che l’autore descrive molto bene è un sistema sociale e antropologico che una sua collocazione spazio-temporale precisa, ove di fatto sono il vacuum e la disperazione a regnare sovrani; il contesto è povero, privo di speranza, dotato di una sua metafisica quantomeno memorabile sul piano percettivo.

Non a caso, lo stesso Seneca viene citato in incipit: “A volte perfino vivere è un atto di coraggio”.

Atipica, ma sperimentale, è la volontà di ricollegare quella sorta di epopea western ad alcune situazioni critiche tipicamente odierne, come appunto quelle belliche (alla pag. 76 una potente citazione biblica: “La città sarà presa, le case saccheggiate, le donne violate”), della gender fluidity, eccetera; tutto ciò, in realtà, non allontana dalla solida cornice del trattato storico, di cui Barry era già affermato maestro in alcuni suoi precedenti scritti, che hanno incontrato anche grande fortuna cinematografica (ad esempio Il segreto). L’autore nelle note finali si dichiara debitore nei confronti di numerosi scritti, tra i quali Ragazzo indiano di Charles Eastman (Mursia).

Buona lettura e buon viaggio.

 

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