Pacifondai e razionalisti rimarranno sempre delusi a cercare una mediazione ragionevole con Vladimir Putin se non capiscono la vera natura della sua guerra contro l’Ucraina. Una crociata religiosa e ideologica che ha radici profonde. Il commento del generale Carlo Jean
Le dichiarazioni di Putin, di Medvedev, di Lavrov e del Patriarca Kirill sulla guerra in Ucraina, sulle cause dell’aggressione russa, sui reali obiettivi perseguiti da Mosca e sulle accuse e insulti agli Usa e all’Occidente, sono incomprensibili per noi occidentali. Questo è verosimilmente dovuto all’influenza sulle decisioni del Cremlino di dimensioni ideologiche e (pseudo)religiose che sfuggono alle analisi razionali che siamo abituati a fare.
Ad esempio che sia possibile per l’Ucraina “comprare la pace”, cedendo qualche provincia, come avveniva ai tempi di Federico il Grande. Questo non significa che la Russia sia nelle mani di matti. I suoi dirigenti seguono una logica ispirata a un determinismo storico-geopolitico, che sfugge alle nostre analisi costi/benefici/rischi. In molte occasioni, la fede sembra dominare la ragione e i calcoli.
Quindi le decisioni e la stessa propaganda del Cremlino. Esempi, al riguardo, sono stati la brutalità con cui Putin ha zittito pubblicamente il capo dell’Svr (il Servizio d’intelligence esterna russo), che contestava la sua ottimistica previsione di poter annettere senza difficoltà l’Ucraina, sostenendo di annettere solo le due repubbliche secessioniste di Luhansk e di Donetsk; oppure quando Medvedev, considerato un “moderato”, ha accusato l’Occidente di essere “degenerato”, riprendendo in pratica l’affermazione del Patriarca Kirill sulla missione storico-mistica della Russia di liberare l’Ucraina dalla banda di “nazisti gay” che la dominerebbero dopo il “colpo di Stato” dell’Euromaidan.
Ad accrescere la relativa oscurità sui suoi veri obiettivi, Putin ha più volte fatto riferimento a un “piano” che doveva inevitabilmente realizzarsi, perché “scritto”, come il “quarto mistero di Fatima” nel divenire storico e nella missione “divina” della Russia nel mondo. Nessuno ha mai saputo a che cosa si riferisse Putin. L’interpretazione più convincente al riguardo è stata data da Alexander Dugin (chiamato “la mente” o il “Rasputin” dello Zar del Cremlino), teorico del “neo-eurasismo”, che ha illustrato in vari volumi, in particolare in “Fondamenti di Geopolitica – Il Futuro Geopolitico della Russia” e in “La Quarta Teoria Politica” – quella che dovrebbe superare liberalismo, comunismo e fascismo.
Il suo pensiero, che ha trovato adepti in tutto il mondo, anche in Italia fra le estreme sinistra e destra è centrarsi sulla contrapposizione fra “bene e male”, fra “terra e mare”, fra “Atlantismo e Eurasismo”. Rifacendosi a miti del passato, ha posto in rilievo l’impatto dell’occultismo – da Julius Evola a Réné Guénon – sul nazismo. Ha anticipato la politica neo-imperiale di Putin, la condanna del liberalismo come teoria globale, il declino dell’Occidente, simboleggiato dalla tolleranza verso gli omosessuali, la battaglia apocalittica del “bene” contro il “male” e il mito della “Grande Madre Russia”.
Quest’ultimo è stato reso popolare dal XVI secolo ed è condiviso dalla maggioranza dei russi, persuasi della loro superiorità spirituale. Secondo tale mito, proprio anche di Mosca come “Terza Roma”, “Messia” avrebbe sottratto i popoli russi e l’Ortodossia dall’umiliazione – allora dell’invasione mongola, oggi del collasso dell’impero – per unificare il “Mondo Russo” e consentire a Mosca di assolvere il suo ruolo al tempo stesso storico e mistico di unificare l’Eurasia, pervadendola dei suoi valori spirituali.
È una teoria che a noi appare delirante. Putin però sembra crederci, anche per il declino degli abitanti slavi della Federazione (non raggiungono l’80% e sono in declino rispetto alle altre etnie che sono più prolifiche). Solo l’unione con l’Ucraina e con la Bielorussia potrebbe conservare il dominio dell’etnia slava – dei “grandi”, “piccoli” e “russi bianchi” – e dei suoi valori tradizionali, espressi dall’Ortodossia, da sempre “braccio spirituale” dell’impero di Mosca.
Come aveva già notato Primakov negli anni ’90 dello scorso secolo, la Russia non potrà mai rassegnarsi a essere uno Stato come gli altri. Deve essere un impero, la Terza Roma, destinata a una missione universale. La sua grande oppositrice non è l’Europa, destinata a far parte dell’Eurasia, ma l’“anglo-sfera”, cioè gli Usa, che l’hanno privata della sovranità, con l’aiuto dell’Uk, loro “colonia” europea.
Un tema ricorrente nella propaganda del Cremlino, ripreso frequentemente in tutta l’Europa, soprattutto in Italia, è che noi europei abbiamo abdicato alla nostra sovranità e che prendiamo ordini dalla Casa Bianca. Basta ascoltare qualche professorino che si esibisce in televisione affermando che Draghi va a prendere gli ordini da Biden, o che la continuazione della guerra in Ucraina è un complotto americano, per rendersi conto del livello dell’Università italiana e di come i deliri eurasisti siano diffusi anche in Italia.
La contrapposizione fra realismo politico e pensiero eurasista non ha solo interesse teorico, ma profonde implicazioni pratiche sulle politiche da seguire da parte dell’Occidente e soprattutto dell’Italia, che ne costituisce il “ventre molle”. Solo chi ha “Topolino” come sua lettura preferita, può pensare che la posta in gioco nel conflitto “cosmico” in Ucraina sia solo qualche provincia. Gli ucraini si battono per la loro identità e la loro sopravvivenza come nazione e come Stato. Ne sono consapevoli. Lo dimostra la pratica assenza di diserzioni e lo stoicismo con cui vengono accettate le perdite (da 500 a 1.000 caduti al giorno, l’80% delle quali causate dall’enorme superiorità dell’artiglieria russa su quella dell’Ucraina, a cui si vorrebbero negare i cannoni necessari per ridurre le perdite con la controbatteria.
Chi vuole negare tali armi all’Ucraina, dovrebbe essere consapevole di essere considerato un “voltagabbana”, se non un traditore, nell’Ue e nella Nato. Frasi come quella di volere una de-escalation o l’apertura di trattative sono una presa in giro, anche perché l’Italia fornisce all’Ucraina meno del 3% delle armi date dall’Occidente. I vantaggi che ne trarrebbe il nostro Paese sarebbero nulli. Il prezzo del gas o l’inflazione non muterebbero. Molto probabilmente avremmo difficoltà ad ottenere i fondi del Pnrr. Ai grandi investitori internazionali verrebbe passata voce dell’inaffidabilità dell’Italia. Non ce ne perdonerebbero una. Lo spread crescerebbe notevolmente.
E tutto questo per che cosa? Per raccogliere un po’ di voti per partiti politici in declino? O per l’“ego” di qualche politico da strapazzo? Spero che i proponenti dello stop alla cessione di nuove armi all’Ucraina siano consapevoli dei limiti di quanto può fare l’Italia e delle ritorsioni – quanto meno dell’emarginazione da ogni decisione importante – che ci colpirebbero in caso di rottura della solidarietà con i nostri alleati. Se ne fossero convinti potremmo proporli per qualche marginale incarico universitario!
In conclusione, una lettura attenta dei saggi sul sistema di valori e sui miti che determinano il comportamento di Mosca è essenziale per un giudizio pragmatico sulle cause e sui probabili sviluppi del conflitto in Ucraina. È stato un peccato che con le “geremie” sui bambini uccisi dalle forze russe, Dugin si sia (a parer mio giustamente) “incavolato” abbandonando una trasmissione televisiva in cui avrebbe potuto spiegare i fondamenti del pensiero e dei miti russi dell’aggressione russa all’Ucraina, da lui auspicata sin dal 2005.
In caso contrario, si continuerà ad auspicare la pace (senza precisare in che cosa debba consistere per soddisfare entrambi i contendenti), tutt’al più cercando di persuadere i riottosi “rompiballe” ucraini a cedere qualche provincia. Non lo faranno, a costo di passare a una guerra di guerriglia che infurierà per anni sull’intera Ucraina, distruggendola del tutto. Lo hanno fatto dal 1945 al 1950, contro la vittoriosa Armata Rossa. Lo faranno anche ora.