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I frugali hanno vinto e la Bce si è inchinata. La stoccata di Piga

Intervista al docente ed economista di Tor Vergata. La gang dei Paesi frugali si è risvegliata, spingendo Francoforte verso la stretta e infischiandosene dei danni collaterali ai Paesi indebitati, come l’Italia. L’inflazione qui molto probabilmente sarà transitoria, non come negli Usa. Per questo la mossa della Bce non ha lo stesso significato

C’è poco da scherzare con uno spread quasi a 250 punti base e un rendimento sui Btp decennali oltre il 4%. Il debito italiano è tornato sotto pressione, all’indomani dell’annunciata stretta sui tassi da parte della Banca centrale europea e dell’assordante silenzio su un possibile scudo anti-spread futuro. I mercati non l’hanno presa bene e qualcuno dovrà regolarsi di conseguenza, a cominciare dal governo italiano, spiega a Formiche.net, Gustavo Piga, economista e docente a Tor Vergata e saggista.

Lo scorso venerdì abbiamo assistito a un terremoto sui mercati e oggi non va meglio, i rendimenti sono oltre il 4%. Adesso che cosa dobbiamo aspettarci?

Dipenderà come al solito dalla politica: da sempre gli spread sono docili sudditi. Ma come tutti i sudditi, sono rapidi a carpire al volo chi sono i padroni. In questo caso è evidente come abbiano intuito il cambiare del vento, ovvero le priorità della maggioranza politica europea. Non c’è più la Merkel, che aveva ordinato nel 2012 agli spread di placarsi, autorizzando Mario Draghi a dichiarare whatever it takes, e in questo vuoto di potere la gang dei frugali del Nord si è risvegliata, chiedendo una politica monetaria restrittiva per frenare l’inflazione, senza badare ai drammi di crescita dei Paesi a debito più alto.

Senza considerare che la Banca centrale europea si è tenuta piuttosto vaga su possibili interventi in caso di spread sovrani fuori controllo. Non le pare un atteggiamento ambiguo e poco opportuno?

Ambiguo? Solo un poco, il cambio di direzione è alquanto evidente, malgrado sia mascherato. Poco opportuno? Opportuno per chi? Per noi debitori certamente, per loro i creditori certamente no. Ed è qui il problema: noi, loro… A dimostrazione della clamorosa mancanza di una coesione europea.

Che situazione complessa Piga, intricata…

Sì, ma tuttavia, quando c’è un contrasto in una Unione, come quella europea, il criterio da adottare è quello del porre l’orecchio alle rimostranze dei più deboli e più in difficoltà: e non c’è dubbio, guardando alla performance economica degli ultimi 20, 10, 5, 2 ed 1 anno chi sono questi, siamo noi. Noi che un debito-Pil così alto, per la bassa crescita anche causata dall’austerità impostaci e da noi accettata, viene solo a crescere con tassi d’interesse più alti. Una Italia più fragile e dunque un’Europa più fragile, in un momento in cui siamo in guerra. Più sado-masochisti di così si muore.

Però c’è il Pnrr. Non per fare dell’ottimismo spiccio, ma…

Il Pnrr non ha nulla di keynesiano. È un piano di riformismo orientato alle grande imprese e non alle piccole perché alla fine, dato che sarà necessario correre per spendere le risorse, si faranno gare grandi e verranno affidate alle grandi multinazionali sia consulenziali che industriali.

C’è chi vede nell’inflazione la causa di tutti i mali, inclusi quelli italiani. Ovvero, nell’impossibilità di famiglie e imprese di sostenere il costo della vita, nel lungo termine. Lei che dice?

No, questo è il caso forse negli Stati Uniti, dove l’inflazione è arrivata a tali livelli a causa di scelte volontarie, l’espansione di bilancio via deficit, che sospinge la domanda interna. Scelte intelligenti, fatte per sostenere l’economia statunitense, ma che ora devono tenere conto che sono state sfruttate al loro massimo.

E da noi?

Da noi, e in questo concordo col prof. Giavazzi, l’inflazione è imposta da eventi esterni, è probabilmente transitoria, e non dovrebbe generare allarmi tali da giustificare una restrizione come quella intrapresa dalla Bce. Ma Giavazzi afferma anche come oggi la priorità numero uno è ridurre il rapporto debito/Pil e lo possiamo fare accelerando Pil, il Pnrr può consentircelo. In questo Giavazzi innova positivamente e nuovamente nel suo pensiero, argomentando come sia tramite la crescita e non tramite l’austerità che si riduce il rapporto debito-Pil e si diviene più sostenibili. Ma…

…Ma?

Ma Giavazzi dovrebbe spiegarci, se questa è la soluzione, la crescita tramite il Pnrr, perché questo governo continui ad accettare supinamente il diktat europeo di ridurre drasticamente il deficit nei prossimi tre drammatici anni, invece di rafforzare il Pnrr con maggiori investimenti in deficit come ha fatto Biden. Questo governo è dunque supino sia sulla politica monetaria che sulla politica fiscale, rendendo il nostro Paese sempre più fragile?



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