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Fuori i putiniani dal governo. In Italia? No, Estonia

La guerra russa in Ucraina apre la crisi del governo estone, alleato chiave della Nato nei Baltici. La premier Kallas mette alla porta i centristi con l’accusa di essere troppo vicini al Cremlino. Sotto i riflettori un vecchio accordo con il partito di Putin simile a quello firmato (e non annullato) dalla Lega

Un contratto con il partito di Vladimir Putin val bene una crisi di governo. Succede in Estonia, dove la coalizione guidata da Kaja Kallas è appena finita in frantumi. Il motivo? La premier ha chiesto e ottenuto dal presidente Alan Karis la rimozione di sette ministri del Partito di Centro, accusati di ambiguità nei confronti del governo russo. “La situazione della sicurezza in Europa non mi permette di continuare a lavorare insieme al Partito di Centro, che non è in grado di mettere gli interessi dell’Estonia al di sopra dei propri”, ha detto Kallas.

La crisi lascia di fatto in carica un governo di minoranza, e non è ancora chiaro se i centristi estromessi cercheranno di creare una nuova coalizione con i due partiti di destra Isamaa ed Ekre. Una frattura che nasce da ragioni di politica interna – da settimane le distanze fra i due partiti al governo si erano fatte siderali sulle riforme – ma che rischia di avere conseguenze anche sul piano internazionale. La stabilità dei Baltici è infatti strategica per la Nato, che nel Mar Baltico domenica darà il via a un’esercitazione congiunta di 17 Paesi, tra cui le candidate Svezia e Finlandia.

Quella estone è la prima crisi di un governo europeo e Nato innescata dalla guerra russa in Ucraina. Segno che il sostegno alla resistenza di Kiev e le simpatie per il Cremlino sono diventate linee di faglia anche per la politica interna del fronte euroatlantico. L’accusa di Kallas contro il Centro, che fra i ministri dimessi conta anche la ministra degli Esteri Eva Liimets, è pesante: “Neanche in questa situazione riesce a fare in modo che la nostra indipendenza e i nostri valori costituzionali siano protetti”.

Come ricorda il Financial Times, la Russian connection del Partito di Centro – che ha governato in una coalizione con la destra di Isamaa dal 2019 al 2021 – parte da lontano, nel 2004, quando ha firmato un accordo di cooperazione con Russia Unita, il partito di Putin. Un documento simile e a tratti uguale a quello firmato nel 2017 dalla Lega guidata Matteo Salvini, con una cerimonia alla presenza del vicesegretario generale del Consiglio russo per le relazioni internazionali  Sergei Zhelezniak.

Come nel caso leghista, anche il “contratto” dei centristi estoni prevede uno scambio di informazioni continuo con la forza politica del presidente russo. Con una differenza. Il 6 marzo del 2022 l’accordo con la Lega è stato tacitamente rinnovato – a cinque anni dalla firma, come previsto dal testo – anche se disconosciuto informalmente da alcuni esponenti leghisti. Diverso il caso del Partito di Centro: con una riunione straordinaria convocata proprio per il 6 marzo, il comitato direttivo ha ufficialmente dismesso l’intesa putiniana rimasta in piedi per 18 anni dichiarandone “l’invalidità” e condannando l’invasione dell’Ucraina.



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