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Legame transatlantico e investimenti. La lezione dell’industria della Difesa

L’Europa è vulnerabile, e necessita di recuperare le proprie lacune capacitive e di equipaggiamenti. Fondamentale è aumentare gli investimenti, superando la soglia del 2%, e rafforzare le cooperazioni internazionali europee e transatlantiche. Questo il messaggio, forte e chiaro, dato dall’industria della Difesa nel corso dell’iniziativa organizzata a Roma dall’onorevole Tripodi con Mulè, Portolano, Carta, Serafini, Graziano, Catalano, Mariani, Procacci, e Festucci

L’invasione russa dell’Ucraina ha riportato la guerra in Europa, e adesso tutti i Paesi, Italia compresa, devono riflettere sui propri sistemi di difesa, che dovranno essere aggiornati e modernizzati attraverso la collaborazione con l’industria di settore. Di fronte a queste minacce è dunque necessario che la politica faccia la sua parte, incrementando il livello di investimenti, soprattutto attraverso il superamento della soglia del 2% del Pil da destinare alla Difesa, e potenziando le cooperazioni internazionali, europee e transatlantiche.

L’industria si incontra a Roma

Questo è il messaggio che è emerso dall’incontro a Roma “Industria della Difesa, scenari e prospettive nella crisi post Ucraina”, organizzato dal capogruppo di Forza Italia alla commissione Difesa della Camera, Maria Tripodi. Alla tavola rotonda si sono confrontati i vertici delle istituzioni, con il sottosegretario alla Difesa, Giorgio Mulè, e il segretario generale della Difesa, generale Luciano Portolano, e il top management delle principali aziende del comparto aerospazio, difesa e sicurezza presenti in Italia, con il presidente di Leonardo, Luciano Carta, il presidente di Fincantieri Claudio Graziano, l’ad di Iveco Defence Vehicles Claudio Catalano, l’ad di Mbda Italia Lorenzo Mariani, il ceo di Avio Aero Riccardo Procacci, il direttore Europa occidentale e Nato di Lockheed Martin Emanuele Serafini, e il segretario generale dell’Aiad, Carlo Festucci.

Servono gli investimenti

“L’attenzione e la priorità accordate al settore difesa a livello globale sono cambiate, il conflitto in Europa rappresenta uno spartiacque”, ha registrato il presidente di Leonardo, Luciano Carta, ben evidenziato dal fatto che “due Paesi tradizionalmente neutrali, Svezia e Finlandia, hanno chiesto l’adesione alla Nato e persino la Svizzera vuole rafforzare le relazioni con l’Alleanza atlantica”. Per il presidente, “la situazione geostrategica sta ora portando molte nazioni europee ad accelerare ed assumere impegni ancora più importanti: il ‘totem’ del 2% sarà superato in molti Paesi”. Questa accelerazione però è importante che “non siano presi sull’onda emotiva della situazione russo-ucraina, ma siano il convinto riconoscimento di uno stato di fatto: non c’è sostenibilità economica, politica, sociale, ambientale senza la sicurezza”. Di fronte a queste esigenze, dunque, “servono investimenti in impianti, attrezzature, personale qualificato, sforzi ed innovazione; senza questi cambiamenti rischiamo come Paese e come Europa di essere in una posizione di svantaggio rispetto a sistemi industriali di Paesi dell’Ue”, ha aggiunto Carta.

La Difesa europea tra sovranità e autonomia

Per il presidente Fincantieri e già presidente del Comitato militare dell’Ue, Claudio Graziano, sul tema della Difesa “abbiamo l’urgenza di una sovranità nazionale dal punto di vista industriale, nell’ambito di un’autonomia strategica europea, e di una maggiore collaborazione; sembrano due cose in contrasto, ma non lo sono”, e per coordinare queste due priorità parallele “sarà necessaria una forte azione politica”. Graziano ha quindi spiegato che nel contesto internazionale attuale, la creazione di una Difesa europea “può contribuire ad avere una Ue più solida ed autonoma, ricordando che autonomia strategica significa agire da soli quando possibile e con i partner quando necessario”. Secondo il generale, infatti, al momento ci sono

La partnership transatlantica

Importante, tuttavia, è che questa autonomia strategica dell’Europa non vada a detrimento dal legame transatlantico. “L’Europa si sente vulnerabile non solo per il fatto che i missili russi potrebbero colpirla, ma anche perché, facendo un inventario delle capacità disponibili, i Paesi si sono resi conto di non essere in grado di affrontare questo scenario”, ha detto il direttore western Europe e Nato di Lockheed Martin, Emanuele Serafini, aggiungendo che di fronte a queste lacune, diventa necessaria un’azione condivisa che ricomprenda non solo i Paesi europei, ma tutta la comunità occidentale. Per Serafini, infatti, la strada che l’Europa dovrebbe intraprendere per dotarsi di queste capacità “è la collaborazione con partner transatlantici, accanto ad un percorso europeo”.

L’industria della difesa è essenziale per il sistema-Paese

Per quanto riguarda il nostro Paese, come sottolineato dal generale Portolano, il comparto produttivo nazionale è “uno dei più importanti del sistema-Paese”. Per il generale, inoltre, in questo momento storico, con la crisi generata dal conflitto in Ucraina, c’è la necessità di riflettere “sull’ammodernamento dello strumento militare, anche nel campo dell’innovazione tecnologica”. Il conflitto, per Portolano, ha anche contribuito a dare nuovo vigore “al concetto di Difesa comune, che vuol dire anche avete una base tecnologica ed industriale condivisa”. Complessivamente “il dominio tecnologico ed energetico sono una sfida per il Paese – ha aggiunto il generale, rimarcando come – una solida base tecnologica ed industriale sia imprescindibile per il nostro sistema di Difesa e sicurezza”.

L’importanza dell’export

Secondo l’amministratore delegato di Mbda Italia, Lorenzo Mariani “è giusto pensare a un prima e a un dopo il conflitto in Ucraina, e il dopo deve essere strutturato in modo tattico e strategico”, e in questa proiezione, l’industria della Difesa può rappresentare “un importante strumento di politica economica, visto l’impatto sul Pil e sull’occupazione e, grazie all’export, può essere anche uno strumento di politica estera”. Su questo punto, il manager ha ricordato la vendita dei Rafale francesi agli Emirati arabi uniti: “Si parla di venti miliardi entrati direttamente in Francia con ricadute sul lavoro e sul territorio nazionale, e posso immaginare che ci siano altri accordi collegati e riferiti all’energia e all’intelligence”. Per Mariani, dunque, “è fondamentale che ci sia un sistema-Paese a supporto dell’export della Difesa, senza ipocrisie e falsi problemi”.

Il ritorno della guerra terrestre

Nello specifico, inoltre, la guerra in Ucraina ha riportato nel Vecchio continente un modo di condurre le operazioni militari di stampo tradizionale. “Assistiamo ad un aumento dell’interesse nella componente cingolata e nei veicoli di terra per la Difesa” ha illustrato l’amministratore delegato di Iveco Defence Vehicles, Claudio Catalano, aggiungendo come la sfida di oggi sia quella di “capire come lavorare bene per essere più veloci ed efficaci”, dal momento che “le nuove tecnologie cambieranno anche le modalità di impiego dei veicoli”. Per Catalano, dunque, “il nostro Paese ha un’industria della difesa terreste forte ed avanzata e che deve mantenere le proprie piattaforme”

Serve un’azione politica

Sulla questione è intervenuto anche il ceo di Avio Aero, Riccardo Procacci, secondo cui “la crisi ucraina, aggiungendo una minaccia convenzionale a quelle asimmetriche, impone di colmare il gap tecnologico del comparto della Difesa”, anche nel settore dell’aerospazio. Tuttavia, questa sfida non può essere raccolta “da singole aziende e singoli Paesi nei tempi necessari”. La necessità, quindi, è “che la politica indirizzi correttamente gli sforzi dell’industria della difesa europea anche per mettere a sistema le eccellenze industriali e creare sistemi europei che garantiscano la superiorità operativa”.

Una visione nazionale di lungo periodo

A conclusione dei lavori è intervenuto anche il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè, che ha sottolineato come l’Italia sia “pronta a rivestire un ruolo da protagonista in una difesa europea comune che però preveda una visione comunitaria”. Per il sottosegretario, dunque, per il nostro Paese è importante che sia un’azione di lunga visione, “che appartenga allo Stato, e non al governo di quel momento: un indirizzo politico chiaro, senza frammentazioni e rivalità”.

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