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Russia, disinformazione e dossieraggi inventati. Parla Urso (Copasir)

Intervista al presidente del Copasir: da noi nessun dossier, semmai garantiamo che non siano fatti. Tuteliamo la libertà di opinione di tutti, il rapporto sulla disinformazione russa non è stato scritto da noi e non fa alcuna lista di proscrizione. L’emergenza è reale, in Italia la guerra ibrida di Mosca attecchisce, ma non da oggi

Nessun dossieraggio. Il Copasir non controlla l’attività e le libere opinioni di influencer, professori e tantomeno di parlamentari. Lo spiega a Formiche.net  il presidente del comitato di controllo dell’intelligence, il senatore di Fdi Adolfo Urso. Che risponde, legge alla mano, alle polemiche che hanno circondato l’organo di Palazzo San Macuto e le mosse del governo italiano contro la disinformazione russa durante la guerra in Ucraina.

Il Copasir fa dossieraggi?

Assolutamente no, semmai controlliamo che nessuno li faccia. Il Copasir è una commissione di controllo che deve appunto verificare che l’intelligence operi nel pieno rispetto delle regole costituzionali. Cosa che in questo caso ci pare acclarata.

Cosa fa allora il Copasir?

È un presidio democratico che controlla il rispetto assoluto della garanzie costituzionali da parte del governo nella sua attività a tutela della sicurezza nazionale e tanto più dell’attività di intelligence. Anche per questo è presieduto per legge da un esponente della opposizione ed è composto dai rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari. Peraltro ogni nostra deliberazione è presa alla unanimità.

Allora questo rapporto sulla vostra scrivania cos’è?

Un bollettino informativo sulla minaccia ibrida russa. Realizzato da un gruppo di lavoro interministeriale a cui partecipa tra gli altri l’AgCom, cioè l’autorità sulle comunicazioni, sulla disinformazione che – lo ha ricordato ieri l’Autorità delegata Franco Gabrielli – è in attività dal 2019.

Quando a Palazzo Chigi c’era Giuseppe Conte. E cosa c’è nel rapporto?

È un documento classificato, realizzato sulla base di fonti aperte, che raccoglie, sintetizza e spiega gli elementi informativi più significativi sul funzionamento delle campagne di disinformazione registrate negli ultimi mesi.

Quale sarebbe l’allarme?

Come già emerso in maniera evidente durante la pandemia, i sistemi autoritari e autocratici in questa fase così delicata utilizzano a pieno la macchina della disinformazione e della propaganda. Uno sforzo che, nel caso russo, era stato già segnalato dalle istituzioni europee più di dieci anni fa. Allarme ribadito con forza nell’ultima risoluzione del marzo 2022.

Avviso ignorato?

Già nel marzo del 2015, poco dopo l’annessione della Crimea e l’inizio della guerra in Donbass, il Consiglio europeo ha invitato l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue a elaborare un piano di comunicazione strategica per contrastare le campagne di disinformazione russa. Un pericolo denunciato in seguito da una risoluzione del Parlamento europeo del 2016 che sollecitava gli Stati ad agire.

Quindi nessuna sorpresa.

Non lo scopriamo oggi. La disinformazione è parte integrante della “guerra ibrida” teorizzata da Valery Gerasimov, il Capo di Stato maggiore della Difesa russa già nel 2013. Tanto più ora, dopo la seconda e più terrificante invasione russa dell’Ucraina, dobbiamo tutelare da questa campagna le nostre democrazie insieme all’informazione, al pluralismo e la libertà che ne sono a fondamento.

Torniamo al fascicolo sulla disinformazione russa in Italia. Dunque l’intelligence ha un faro puntato?

In questa legislatura la prima relazione in Parlamento del Copasir, avviata dall’allora presidente Lorenzo Guerini, è stata dedicata alla minaccia cibernetica. Una minaccia non lontana, perché gran parte dell’informazione e della disinformazione viaggia oggi nel dominio cyber.

Siamo alle liste di proscrizione?

Assolutamente no, non esiste alcuna lista di proscrizione. Se così fosse, sarebbe una grave violazione dei diritti costituzionali che noi per primi al Copasir saremmo chiamati a individuare e segnalare. Dobbiamo invece garantire il contrario: la libertà di opinione, qualunque essa sia, il pluralismo, la libertà di cronaca e critica, i valori fondamentali delle nostre democrazie occidentali che i sistemi autoritari intendono conculcare.

Eppure in questi giorni si è parlato di giornalisti, influencer, perfino politici monitorati.

Non ci può essere alcuna attività di monitoraggio su parlamentari e giornalisti. Entrambi svolgono funzioni fondamentali per le nostre democrazie.

Un articolo del Corriere della Sera riporta però di una raccolta di informazioni da parte del comitato.

Che sia chiaro: il Copasir non fa e non può fare raccolta di informazioni. Ha ricevuto il bollettino sopra menzionato, un documento classificato, che abbiamo visionato tre giorni dopo la sua divulgazione sui media.

Allora rigiriamo la questione: di cosa si deve occupare il Copasir?

Fin dagli inizi il Copasir ha sempre realizzato indagini conoscitive concluse con una relazione al Parlamento, come previsto dalla legge 124 del 2007 sulla Sicurezza della Repubblica. Semmai ricordo che, fatta eccezione per l’ultima relazione chiusa a guerra iniziata, nessuno di questi documenti è stato oggetto di un esame in aula o in Commissione: un deficit che di recente abbiamo finalmente colmato.

Perché ora monitorate la disinformazione?

Non è la prima volta. Due anni fa, sotto la presidenza Volpi, il comitato ha approvato una relazione sulla disinformazione delle autocrazie russa e cinese durante la pandemia. Già allora abbiamo espresso preoccupazione spiegando l’esistenza di una diffusa attività di disinformazione online da parte di attori statuali, think tank, professionisti della comunicazione, con la diffusione di fake news per esempio sulla efficacia dei vaccini, denunciando appunto le mire straniere tese anche a destabilizzare la società italiana.

Ora avete avviato una nuova indagine. Di cosa vi occuperete?

Sulla disinformazione e le ingerenze straniere, anche in riferimento alle minacce ibride di natura cibernetica. Come ogni volta, concluderemo l’indagine con una relazione al Parlamento nella speranza di contribuire ad aumentare la consapevolezza e la resilienza democratica del Paese e di indicare eventuali soluzioni legislative e normative.

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