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Torna il 2 giugno, quello vero. Il commento del gen. Arpino

È l’occasione per cui gli italiani, anche se per pochi minuti davanti al televisore, con emozione tornano a rivivere il mito dell’antica grandezza di Roma. Sono lontani gli anni in cui la parata, appiedando i corazzieri e limitando al massimo il numero dei militari, ha persino sfiorato il ridicolo e rischiato nuova estinzione

È ritornato il 2 giugno, quello autentico. Si, quello della festa di popolo più amata dai comuni cittadini, con tanto di parata militare in via dei Fori Imperiali, l’enorme bandiera che copre la facciata del Colosseo, i Corazzieri a cavallo, l’arrivo solenne dell’auto storica del Presidente della Repubblica e, infine, l’evento forse più atteso: il cronometrico sorvolo della Pattuglia Acrobatica Nazionale, che stende sulla folla plaudente il tricolore più lungo del mondo. E’ la Festa della Repubblica, quella festa che, almeno negli intenti, unisce tutti i cittadini. Che la vogliono così, con i militari. E’ l’occasione per cui gli italiani, anche se per pochi minuti davanti al televisore, con emozione tornano a rivivere il mito dell’antica grandezza di Roma. L’interruzione è gioiosa, ma purtroppo anche breve: appena i fumi colorati si dìssipano e l’aria ritorna tersa, cala il sipario ed immediatamente prevalgono i riti della nostra quotidianità.

Questa giornata per tutti noi è altamente simbolica. I simboli ci sono tutti: li abbiamo appena citati, sono quelli che meglio rappresentano l’Unità d’Italia. Il tricolore, il popolo, la fedeltà, le “stellette” e, per tutti e per tutto, il nostro Presidente della Repubblica. La data della celebrazione  dal 1950 ricorda il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, dove per la prima volta in Italia hanno votato anche le donne, sancendo dopo ottantacinque anni la fine della monarchia e la nascita della Repubblica. Non è stato certo un parto indolore.

Ma, rispetto ad altre “fratture” mai sanate, il trauma tra monarchici e repubblicani si è cicatrizzato in tempi sorprendentemente brevi. Dopo un periodo in cui, a partire dalla fine degli anni settanta, con motivazione di stampo economico (che nascondevano un substrato ideologico) la Festa era stata spostata alla prima domenica di giugno o addirittura non più celebrata, patriotticamente nel 2000 il Presidente Carlo Azeglio Ciampi reintroduceva con legge la celebrazione fissando la data del 2 giugno di ogni anno. Ricordo ancora con quanta soddisfazione questa decisione sia stata accolta dal popolo e dalle forze armate. Ne ha fatto fede l’edizione del 2 giugno 2001, e continua a farne fede una commovente intervista rilasciata a La Repubblica dal “Presidente patriottico” qualche anno dopo il termine del proprio mandato.

Era il 2 giugno 2016. Oggi riteniamo di rendere un servizio alla memoria riportandone solo alcuni passi. “Ci penso spesso al successo che ebbe il 2 giugno, la riscoperta di una data unificante, un giorno a sigillo della comunità nazionale”, aveva dichiarato con emozione. “Non era facile né scontato. Io stesso temevo che potessero valere letture strumentali di quella giornata di festa, che l’orgoglio della sfilata militare potesse avere il sopravvento sulle intenzioni…”.

E ancora: “Il successo della festa rinnovata fu straordinario, imprevedibile anche per me e i miei più stretti collaboratori. Venimmo in una certa misura travolti dalla partecipazione ed anche dalla contentezza. Talvolta c’è bisogno di applaudire collettivamente, condividere momenti di gioia in tempi difficili”. Sul perché della decisione, aveva continuato così: ”In tanti e con diverse intenzioni mi hanno domandato il perché di quella scelta: tirar fuori una data scivolata nel dimenticatoio del calendario civile. Sentivo di non poter tacere, come se avessi un appuntamento importante con la Storia, un compito da svolgere anche in rappresentanza di chi non c’era più…”.

Ho ripotato volentieri queste poche frasi, nella speranza che oggi, 2 giugno 2022, vengano rilette da molti, e che aiutino a rinfrancare i cuori e la fiducia nel futuro. Non è facile, ma questa festa va anche interpretata come un segnale di decisa volontà di ripresa, nonostante in prospettiva il panorama sia di nuovo denso di incognite. Lo sappiamo. E sappiamo pure che, anche dopo gli applausi del 2 giugno 2001, la decisione di celebrar questa festa ha subito varie traversie. Ad esempio, quando le iridate ed ambientaliste “bandiere della pace” hanno cominciato a far sentire e rendere appetibile una certa influenza politica, prontamente sono stati cassati dal programma aviogetti da combattimento, cannoni e cingolati, mettendo invece con cura in evidenza le ruspe utilizzate “anche “ per la protezione civile ed i gommoni utilizzabili “anche” per inondazioni e maremoti. Ammirevoli e meritevoli assieme ai loro operatori, ma sminuiti dal fatto di essere presentati come “alternativa”.

Vi è stato un anno in cui la parata, appiedando i corazzieri e limitando al massimo il numero dei militari, ha persino sfiorato il ridicolo e rischiato nuova estinzione, in linea con una delle tante Spending review. Persino chi scrive, che ai tempi di Carlo Azeglio Ciampi aveva avuto l’onore di servire come capo militare delle Forze Armate, era del parere che a quelle condizioni sarebbe stato molto più serio cancellarla del tutto. Per carità di Patria. C’è stato perfino un momento in cui la tribuna presidenziale aveva ospitato personaggi istituzionali  che ne scendevano i gradini salutando con il pugno chiuso o, al passaggio della Folgore, smettevano ostentatamente di applaudire voltandosi di proposito per chiacchierare con l’occupante del posto dietro. Indecente.

Ma ci fermiamo qui, perché siamo certi che non accadrà più. Oggi, accanto al Presidente della Repubblica, in prima fila c’erano un Presidente del Consiglio ed un Ministro della Difesa che, sempre in prima fila, giorno dopo giorno tanno difendendo il prestigio della nostra Patria. Chi oggi ha potuto stringere loro la mano, certamente lo ha fatto con orgoglio.


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