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La transizione senza nucleare è irrealistica. Scrive Minopoli

Con i 54 nuovi reattori di grande taglia (oltre i 700 mw) in costruzione, l’attuale quota elettrica da nucleare salirà dal 10,3% al 15%. Il declino costruttivo degli anni ’80 e ’90 si è già invertito. Il maggior numero di nuove costruzioni è in Cina. Seguono Corea, India e Russia. Ma, come area regionale, è l’Europa (Francia e Uk in testa) il luogo dove i programmi di nuove costruzioni sono in numero più consistente

 

Se la fusione è il futuro prossimo dell’energia nucleare, oggi la realtà è quella della fissione. Attualmente, con 441 centrali attive, in 33 Paesi del mondo, la potenza installata, ricavata da energia atomica, è di 393,9 gigawatt. Il watt, come è noto, è l’unità di misura della potenza elettrica. Un gigawatt (gw) equivale a un miliardo di watt. Un megawatt (mw), invece, corrisponde a un milione di watt. I multipli del watt (kilo, mega, giga e tera) sono le unità di misura che calcolano l’energia elettrica.

Il nucleare conta per circa il 5% nel totale dell’energia primaria, quella prodotta da risorse naturali (fossili, sole, vento, nucleare, energia idraulica, geotermica e biomasse) dalla cui trasformazione ricaviamo elettricità, carburanti, prodotti chimici ecc. con cui si soddisfa il fabbisogno energetico del pianeta. Non sembra una percentuale molto alta, ma non è bassa la quota del nucleare: è molto alta, tra le fonti primarie, quella dei combustibili fossili (carbone, legna gas e petrolio). Con essi produciamo una montagna di terawattora (135.807 twh), l’86% dell’energia primaria del mondo. Con i vettori energetici facciamo tantissime cose, oltre a produrre elettricità. Sarà difficile rimpiazzarli. Il numero ci dà la misura dell’ampiezza e dell’asperità della transizione energetica.

I numeri del nucleare cambiano quando si passa alla produzione di energia elettrica, la forma più pregiata destinata a crescere nel futuro. Nella produzione di elettricità complessiva, la quota mondiale del nucleare è del 10,3% circa 2533 twh prodotti. C’è stata una leggera diminuzione nell’ultimo decennio (quando si erano chiuse più centrali di quante se ne fossero aperte), ma il dato si è ora invertito. Il peso dell’energia nucleare cambia se guardiamo ai Paesi industrializzati: qui essa pesa per un quinto del fabbisogno elettrico (il 28% nei 27 Paesi dell’ue).

Già da alcuni anni, nel mondo, il ritmo e la dinamica si sono modificati: 54 nuove centrali sono state programmate e alcune di queste sono state anche avviate; un grande numero, inoltre, di quelle attuali hanno ottenuto una licenza di estensione della vita operativa, e altre seguiranno questa via. Si parla ormai di una vita operativa delle grandi centrali fino ai sessant’anni e, addirittura, agli ottant’anni (la scelta fatta in America) per le centrali più nuove. Negli Stati dove i consumi elettrici ed energetici pro-capite sono quantitativamente e qualitativamente più elevati, l’energia nucleare copre un quarto dei fabbisogni ed è la prima fonte tra quelle non carboniche.

Tra Paesi che generano nucleare e Paesi che lo utilizzano soltanto, sono oltre 50 quelli che fanno ricorso all’energia atomica; infatti, chi non la produce, direttamente, finisce per importarla. È, praticamente, impossibile per un’economia industrializzata non fare ricorso, per una quota importante del proprio fabbisogno all’energia atomica. L’Italia e la Danimarca, per esempio, che non posseggono centrali, importano energia nucleare in abbondanza. Il caso dell’Italia è un paradosso. Nel 2021 ha importato, dall’estero, 42,8 terawattora (twh) di energia elettrica, il 13,5%, il massimo storico. Spesso questa energia proviene da centrali nucleari francesi, svizzere o slovene, più vicine ai territori del nord del nostro Paese delle centrali italiane che abbiamo chiuso.

E, per gli eventi esterni dei prezzi del gas e dell’Ucraina, le importazioni elettriche sono destinate ad aumentare. Alle centrali del mondo si aggiungono oltre 220 reattori di ricerca, usati per produrre radioisotopi per la medicina e l’industria. Gli Stati Uniti (789,9 twh) restano il Paese che produce più energia elettrica da nucleare, seguiti da Cina (344,7), Francia (338,7), Russia (201,8), Repubblica di Corea (152,6) e Canada (92, 2). Vengono poi altri 27 Stati. Nella distribuzione regionale della potenza nucleare installata, invece, è l’Europa che ha lo share di produzione elettrica nucleare più alto: con 125 reattori operativi (724 mw installati) precede gli Stati Uniti (99), Asia e Far East. La Francia è la prima nazione al mondo (56,4%) per quota di elettricità prodotta da nucleare sul totale dell’energia. Con i 54 nuovi reattori di grande taglia (oltre i 700 mw) in costruzione, l’attuale quota elettrica da nucleare salirà dal 10,3% al 15%.

Il declino costruttivo degli anni Ottanta e Novanta, dunque, si è già invertito. Il maggior numero di nuove costruzioni è in Cina. Seguono Corea, India e Russia. Ma, come area regionale, è l’Europa (Francia e uk in testa) il luogo dove i programmi di nuove costruzioni sono in numero più consistente. Sono significativi i nuovi entranti nella produzione da nucleare: Emirati Arabi, Turchia, Bangladesh, Bielorussia, Egitto. Stanno per aggiungersi Arabia Saudita e Giordania: Paesi ricchi, produttori di petrolio, e Paesi poveri, che cercano la via dello sviluppo. Oltre 30 Paesi, privi di energia nucleare, hanno dichiarato, all’iaea, interesse a adottarla. Essa è (40%) la prima fonte tra quelle non emissive di carbonio: fornisce il triplo dell’elettricità che viene dalla fonte solare e il doppio di quella dell’eolico. Transitare ecologicamente senza il nucleare è irrealistico.

(Estratto dal libro “Nucleare, ritorno al futuro. L’energia a cui l’Italia non può rinunciare” di Umberto Minopoli)

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