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Si raffredda la pista europea per i chip di Tsmc

“Non abbiamo ancora piani concreti”, dice il presidente del colosso taiwanese in merito agli investimenti nel Vecchio continente. Germania e Italia erano in prima fila. Il pacchetto Ue è poco allettante?

“Non abbiamo ancora piani concreti”. Con queste parole pronunciate all’assemblea annuale degli azionisti, Mark Liu, presidente del colosso taiwanese dei semiconduttori Tsmc (Taiwan Semiconductor Manufacturing Co Ltd) sembra aver infranto le speranze dell’Unione europea, in particolare di Germania e Italia, di ospitare una possibile nuova fabbrica.

Si trattaerebbe, come raccontato su Formiche.net, di un investimento da circa 10 miliardi di euro, con la creazione fra un massimo di 5.000 e un minimo di 3.000 posti di lavoro diretti (senza contare l’indotto). “L’Italia si rafforzerebbe in un settore dove St Microelectronics è presente con prodotti di buon livello tecnologico, ma sul quale manca un ampio radicamento industriale”, notava il Corriere della Sera rivelando i colloqui in corso. Come Intel, che potrebbe aprire un impianto di packaging in Italia, anche Tsmc potrebbe fare ricorso ai sussidi chiedendo al governo ospitante una compartecipazione al 50%.

Ma “in Europa abbiamo relativamente meno clienti, ma stiamo ancora valutando e non abbiamo ancora piani concreti”, ha spiegato Liu. L’azienda, il più grande produttore di chip a contratto del mondo e la prima società asiatica quotata in Borsa, ha sanzionato 12 miliardi di dollari per impianti chip negli Stati Uniti e sta costruendo una fabbrica con Sony Group in Giappone. Liu ha dichiarato che Tsmc sta sta riscontrando costi più elevati di quelli stimati per la sua espansione negli Stati Uniti. “Ma possiamo farcela”, ha aggiunto.

Merito anche dei conti. Tsmc, infatti, prevede una crescita dei ricavi di circa il 30% quest’anno, al di sopra di una precedente previsione. La carenza di semiconduttori garantisce ordini continui e allo stesso tempo prezzi alti.

Raccontando, invece, delle prospettive europee l’agenzia Reuters fa riferimento allo European Chips Act presentato a febbraio, quando l’Unione europea ha definito Taiwan come uno dei “partner affini” con cui vorrebbe lavorare. La sensazione è che il pacchetto della Commissione europea non sia abbastanza allettante per Tsmc o che, quantomeno, l’azienda voglia chiedere maggiori garanzie all’Europa, a partire dai sussidi.

Su Taiwan rimane un’incognita: il suo futuro, con i timori di un’aggressione cinese. Ne ha parlato recentemente, con parole nette, Chen Wenling, capo economista del Centro cinese per gli scambi economici internazionali, gruppo di ricerca della Commissione per le riforme e lo sviluppo nazionale, la più importante agenzia di pianificazione economica del governo cinese. “Se gli Stati Uniti e l’Occidente imporranno contro la Cina sanzioni distruttive come quelle contro la Russia, dovremo recuperare Taiwan”, ha detto. Come raccontato su Formiche.net, al centro delle mire di Pechino c’è proprio Tsmc per la quale l’economista auspica una nazionalizzazione.

Nazionalizzare Tsmc dopo i suoi investimenti negli Stati Uniti, in Giappone e forse in Europa, che per giunta sono o sarebbero sostenuti dai governi con i sussidi pubblici, sarebbe un affare per la Cina. Ma l’invasione russa dell’Ucraina potrebbe aver scoraggiato Pechino. “Non credo affatto” che “abbia eroso la determinazione di Xi [Jinping] a ottenere il controllo su Taiwan”, ha spiegato William Burns, direttore della Cia, al Financial Times. “Ma penso”, ha aggiunto, “che sia qualcosa che sta influenzando i loro calcoli su come e quando farlo”.

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