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Perché la Rai deve dire grazie ad Angelo Guglielmi

L’addio al leggendario direttore di Rai3 ha avviato una riflessione su quel che era e su quello che rappresenta complessivamente oggi l’azienda radiotelevisiva pubblica. Il commento di Gianfranco D’Anna

Impressionante l’incidenza della scomparsa di Angelo Guglielmi con il contemporaneo naufragio della Rai. La sola elencazione dei programmi rivoluzionari e innovativi creati dal mitico direttore di Rai 3, con annessa cascata di effetti collaterali apportati alla crescita politica e alla presa di coscienza del Paese, fa constatare quanto siano precipitati, con pochissime eccezioni, tutti i livelli culturali, sociali e informativi di quello che orgogliosamente si auto definiva il servizio pubblico.

Ancora più dirompente l’autolesionismo della Rai che invece di affidare a Guglielmi la guida della prima rete non solo lo epurò, ma fece fuori uno dopo l’altro anche i suoi eredi: uno per tutti Stefano Balassone.

Così la rivoluzionaria stagione di Guglielmi si è andata esaurendo e viene ora commemorata assieme al suo artefice con la definizione di irripetibile. Una irripetibilità biecamente imposta dalla peggiore politica in nome dell’occupazione clientelare che a ondate concentriche ha praticamente ridotto la Rai a un carrozzone a metà strada fra l’Alitalia ed un ente regionale siciliano passato alla storia, oltre che per il dispendio di denaro pubblico, per il nome emblematico: SoChiMiSi.

Un carrozzone con circa 12 mila dipendenti, 1858 dei quali giornalisti, che produce e promuove sempre meno cultura, continua a divorare risorse pubbliche, elargisce mega stipendi, appalti e consulenze a getto continuo, ma che è destinato a reggersi ancora per poco pubblicitariamente sul mito ed il patrimonio delle teche dell’epopea di Guglielmi e della Rai prima e dopo di lui.

La Rai di Vittorio Veltroni, Ettore Bernabei, Mario Soldati, Alberto Manzi, Sergio Zavoli, Enzo Biagi, Gianni Boncompagni, Antonello Falqui, Andrea Barbato, Giovanni Minoli, Raffaella Carrà, Renzo Arbore, Pippo Baudo e tanti altri ancora.

Attorno al feretro e alla autentica leggenda del grande direttore scomparso, epitaffi e lacrime di coccodrillo ora si sprecheranno, accompagnate da intitolazioni di viali, palazzine e sale varie.

Ma l’enorme debito di riconoscenza che la Rai ha nei confronti di Angelo Guglielmi si può onorare soltanto seguendone l’esempio e le intuizioni. Trasformando l’azienda brutta copia della politica incompetente e predona, nell’originaria Rai specchio e anima dell’Italia progressista e intellettualmente onesta. Possibilità concrete? Speriamo di sì, temiano di no…


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