Lo strappo di Lega, Forza Italia e Cinque Stelle al governo Draghi rischia di trasformarsi in un boomerang elettorale. E questo può diventare un problema per chi, al Cremlino, ha già brindato sulle macerie italiane. Il commento di Francesco Sisci
Ci sono dei conti di interesse e politici che non tornano in Italia e in Europa intorno alle prossime elezioni del 25 settembre.
I partiti che hanno fatto cadere il governo di Mario Draghi, il Movimento 5 Stelle, la Lega e Forza Italia, guidati rispettivamente da Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi oggi hanno circa il 60% dei rappresentanti in Parlamento. Secondo i sondaggi di questi giorni i tre, a causa di scissioni e calo dei loro voti, al prossimo Parlamento dovrebbero raccogliere tutte insieme forse il 20-30% dei seggi.
I tre, un triunvirato in sostanza, avevano peraltro respinto la candidatura di Draghi al Quirinale sostenendo che avrebbe dovuto continuare a lavorare come premier. Sei mesi dopo, lo hanno anche sfiduciato da premier. Gli elettori non sembrano gradire il doppio tradimento.
È possibile che nei prossimi due mesi possano recuperare qualcosa, ma è molto improbabile che rinverdiscano i fasti attuali. La caduta del governo potrebbe essere stato un loro colossale errore? I loro voti, con questa legge elettorale, però sono cruciali per le coalizioni, di destra (Lega e FI) o sinistra (M5s), dicono gli scettici.
Forse sì, ma forse ancora no, perché sia a destra che a sinistra il triumvirato è minoritario. Il rischio per loro è di scendere ancora di più se non trovano un accordo di sostanziale sudditanza con i partner di schieramento. Naturalmente tutti questi sono ragionamenti astratti, da verificare con le urne, ma difficile che vengano radicalmente rovesciati.
Il triumvirato è fatto anche uomini legati al presidente russo Vladimir Putin e ostili a fornire aiuti all’Ucraina. Quindi certo la caduta del governo Draghi, grande sostenitore dell’Ucraina, può essere stata una lieta notizia al momento per Putin. Ma la punizione elettorale dei suoi tre interlocutori italiani sarebbe un risultato ferale per il leader russo.
Non è chiaro chi vincerà tra destra e sinistra, è chiaro che i sondaggi per il voto non premiano i tre. Da un punto di vista del loro interesse sarebbe stato meglio aspettare, restare acquattati fino alla scadenza naturale del Parlamento. Avrebbero contato di più.
Oppure i conti sono diversi. Lega e FI pensano che nonostante il calo dei voti vinceranno insieme a Fratelli d’Italia (FdI) di Giorgia Meloni e quindi forse credono che riusciranno a incastrare la giovane leader. È possibile, ma la Meloni si è dimostrata finora meno ingenua del previsto.
Inoltre, al di là della facile propaganda putiniana, in un Parlamento molto più nettamente anti Putin, è difficile che i triumviri, per quanto più saldamente al governo, riescano a condizionare gli aiuti per la guerra in Ucraina più di quanto abbiano fatto adesso.
Inoltre non è impossibile, anche se difficile al momento, una vittoria del Pd e dei suoi alleati di centro. C’è grande caos e divisione nel Pd, nel centro e tra gli schieramenti ma è possibile che qualcosa si ricomponga. Nel qual caso i triumviri sarebbero del tutto tagliati fuori.
Sono ragionamenti banali e qualcuno a Mosca forse avrebbe dovuto farli e sconsigliare una resa dei conti. Ma questa è la politica del ricatto, funziona fino a quando ottiene gli effetti opposti rispetto a quelli desiderati. Lo stesso vale con il taglio delle forniture del gas russo all’Europa.
I russi possono contare che visti gli aumenti dei prezzi possono ridurre le forniture all’Europa del 80% continuando a guadagnare come prima. Benissimo, ma se si raggiunge quella quota, per cui i Paesi europei ricevono solo una frazione del gas promesso, la Ue si cercherà altri fornitori e il rapporto col gas russo sarà tagliato per sempre.
Mosca può forse sperare che il balzo di inflazione, la pressione sociale spinga la vecchia Europa ad allontanarsi dall’Ucraina. È possibile ma è improbabile che questo poi fiacchi anche la determinazione degli europei ex sovietici e dell’eco che essi hanno a Washington. Anzi può accadere il contrario.
In una recente intervista il consigliere della sicurezza nazionale Usa Jack Sullivan ha detto che bisogna vincere la Russia per dissuadere la Cina a mosse aggressive con Taiwan e in Asia. Questa posizione cambia il paradigma di visione della guerra in Ucraina. Essa non è più solo un conflitto locale, per quanto devastante, ma è parte di una battaglia con l’avversario principale americano, la Cina, e quindi ciò muta la prospettiva anche per l’Europa e l’impegno europeo in Ucraina.
Cioè si tratta di scommesse da parte della Russia che certamente creano danni in Europa ma rimangono difficili da realizzare. In ciò un Parlamento italiano meno putiniano, vinca destra o sinistra, avrebbe un effetto sugli equilibri della guerra. Così la palla torna a Mosca. Le converrebbe cercare una pace come che sia, prima che sia, prima che qualcuna delle tante palle in aria con cada per terra. Ma chissà quali sono i calcoli invece di Putin.