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Soldi al partito, non ai creditori. La scelta delle banche cinesi

Sono migliaia i risparmiatori del Dragone a cui viene sistematicamente negato il rimborso dei propri soldi da parte dei piccoli istituti di provincia, inguaiati dalla crisi immobiliare. Proprio mentre le grandi banche di Stato mettono fondi freschi per salvare Evergrande&Co

Da una parte si mettono soldi, tanti, ma solo perché lo dice il partito. Dall’altra non si dà quello che si deve e stavolta il motivo è ignoto. In Cina succede anche questo quando si parla di banche. Nelle scorse settimane Formiche.net ha raccontato della drammatica crisi di liquidità di molti piccoli istituti della provincia cinese, rimasti a secco in seguito all’erogazione di prestiti al mercato immobiliare, mai rimborsati dai grandi gruppi finiti in insolvenza. Di conseguenza è diventato impossibile per le medesime banche restituire ai creditori i soldi legati alla sottoscrizione di bond.

Il che ha dato vita a scene di ordinaria rabbia, con decine di obbligazionisti e depositanti che hanno cercato disperatamente di ottenere i loro soldi da una manciata di piccole banche rurali. Il governo cinese ha schierato grandi carri armati nelle strade per disperdere gli agitatori, resuscitando i fantasmi di piazza Tienanmen, 33 anni dopo. Nelle ultime settimane, decine di persone hanno protestato per le strade dopo che la filiale di Henan della Bank of China ha dichiarato che i risparmi dei cittadini nella filiale sono ora prodotti di investimento e non possono essere ritirati. Forse congelati, forse inesistenti.

I video che sono apparsi online mostrano più di mille depositanti che si riuniscono davanti alla filiale di Zhengzhou della banca centrale del Paese, Bank of China, per lanciare la loro più grande protesta. Secondo quanto riportato, il video risale al 10 luglio, ma è diventato virale il 21 luglio. Peccato che nel frattempo ci siano altre banche, certamente dalle spalle più grosse, che di soldi nell’economia ne mettono. Proprio quella Bank of China bersaglio dei risparmiatori e la China Development Bank, ambedue sotto lo stretto controllo di Pechino.

Le risorse non andranno a rimborsare i clienti ma ad alimentare quel fondo da 300 miliardi di yuan che nella logica del partito dovrebbe salvare dal baratro Evergrande e le sue sorelle. La prima fetta di finanziamenti è 45 miliardi di yuan, di cui 1,3 concessi attraverso una società di gestione di fondi infrastrutturali di nuova costituzione per finanziare un progetto di costruzione di autostrade nello Shanxi e un progetto di aeroporto nell’Henan. Tutte opere da affidare ai colossi in agonia, affinché possano fatturare e provare a risollevarsi.



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