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Dalla piazza alla banca, i cinesi che smettono di pagare i mutui

Dopo le drammatiche proteste dei giorni scorsi scatenate dalla crisi di liquidità di molte banche, ora l’attacco si sposta sul fronte del mattone. Con i piccoli proprietari che non ci stanno a pagare le rate per una casa che perde valore ogni giorno che passa o potrebbe finire all’asta a causa delle insolvenze dei costruttori

Chissà se c’è di mezzo la crisi di liquidità esplosa nei giorni scorsi, in tutto il suo dramma. Oppure l’ormai endemica sfiducia del mercato verso il comparto immobiliare, devastato dagli scandali che portano il nome di Evergrande, Shimao e persino Fosun. Fatto sta che in Cina un numero sempre crescente di proprietari ha deciso di rifiutarsi di pagare i mutui legati ai progetti rimasti incompiuti, consegnati in ritardo, oppure puntualmente ma immediatamente deprezzati a causa della crisi del mattone e dei suoi colossi. Aggravando i già gravi problemi immobiliari del Paese e alimentando il timore che la crisi si estenda al sistema finanziario in generale.

Come raccontato a più riprese da Formiche.net, all’origine della bolla immobiliare cinese c’è la realizzazione forsennata di interi quartieri, quando non vere e proprie città, da parte dei colossi del mattone, rimasti però vuoti e invenduti. Motivo per cui i prezzi sono crollati e il comparto ha cominciato la lunga discesa verso l’insolvenza. Dunque, da una parte le case comprate sulla carta valgono molto meno del valore atteso, dall’altra l’agonia di molte società ha messo a rischio le medesime abitazioni, che potrebbero un giorno essere utilizzate come mezzo di risarcimento per i creditori. Ora, come racconta Bloomberg, qualcuno si deve essere stufato di pagare un mutuo per una casa che forse un giorno andrà all’asta o, peggio, si deprezzerà, anche e non solo a causa dell’imminente crack di molti costruttori.

Nelle scorse ore, molti proprietari di case hanno interrotto il pagamento dei mutui per almeno 100 progetti in più di 50 città. Si tratta di una clamorosa protesta silenziosa, che in pochi giorni si diffonde a macchia d’olio: i development erano 28 lunedì e 58 martedì, secondo gli analisti di Jefferies. “I nomi sulla lista sono raddoppiati ogni giorno negli ultimi tre giorni”, ha scritto l’analista Shujin Chen in una nota. “La mossa potrebbe far deprimere il sentimento degli acquirenti – soprattutto per i prodotti pre-venduti offerti da costruttori privati, dato il rischio più elevato sulla consegna – e pesare sulla graduale ripresa delle vendite”.

Lo sciopero dei pagamenti mostra come la tempesta che sta travolgendo il settore immobiliare cinese stia colpendo centinaia di migliaia di cittadini della classe media, mettendo a rischio la stabilità sociale in vista del Congresso del Partito Comunista che si terrà quest’anno. Le banche cinesi, già alle prese con problemi di liquidità tra i costruttori, devono ora fare i conti anche con le inadempienze degli acquirenti. Sempre secondo Jefferies, i progetti immobiliari in ritardo e dunque oggetto della protesta pesano per l’1% del totale dei mutui cinesi. Se ogni acquirente dovesse risultare inadempiente, ciò porterebbe a un aumento di 388 miliardi di yuan (58 miliardi di dollari) dei prestiti non performanti.

Come se le banche che hanno prestato i soldi agli acquirenti imbufaliti non avessero abbastanza guai. In Cina il sistema bancario si sta lentamente dissanguando. Lo dicono i numeri. Negli ultimi mesi, in particolare tra aprile e maggio, gli investitori stranieri hanno venduto le loro azioni e obbligazioni cinesi per un controvalore di oltre 17 miliardi di dollari, un massimo storico, secondo i dati dell’Istituto di Finanza Internazionale (Iif). Un sell-off, termine tecnico per descrivere un disimpegno azionario e obbligazionario su vasta scala, che segue quasi due anni consecutivi di deflussi netti di portafoglio dalla Cina, incluso il quarto trimestre del 2021, con un deficit del conto capitale e finanziario di 320,6 miliardi di dollari.


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