Il ritorno trafelato di Mario Draghi dal summit Nato per una crisi di vanità di Conte è il segno della fragilità del sistema-Italia di fronte al test ucraino. Un consiglio agli sfascisti in servizio permanente. Il commento di Francesco Sisci
La questione che sta mobilitando la politica italiana negli ultimi giorni è in essenza questa: in una conversazione (vera o falsa, non importa) il garante/fondatore del M5s Beppe Grillo e il premier Mario Draghi hanno concordato sul fatto che l’ex premier Giuseppe Conte è un incapace.
Conte non vuole essere considerato tale e quindi ne ha chiesto ragioni. Ciò non al suo “capo”, Grillo, ma al premier, minacciando in caso di mancato ascolto una crisi di governo nel mezzo di una guerra! Qui ci sono vari ordini di problemi. Dov’è il problema se Grillo e Draghi ritengono Conte un incapace? La politica sempre è fatta di tanti che si ritengono a vicenda, a torto o a ragione, incapaci.
Se Conte si offende per questo e pretende una dichiarazione bollata che dica “non ti ritengo un incapace”, allora tanto più si dimostra tale. Non se ne rende conto? Pare una versione moderna di una novella pirandelliana sulla patente di iettatore. Qui il soggetto in questione si appunta alla giacca la nuova patente di “non essere cretino”. Ma è chiaro che tale patente certifica invece la sua debolezza.
Il teatro che ha circondato la vicenda lo sottolinea. Conte ora si ritiene soddisfatto perché venerdì ha parlato al telefono con Draghi e lunedì lo incontrerà. Non è chiaro quale fosse il tema urgentissimo da richiamarlo da G7. Né è chiaro cosa dovrebbe importare agli italiani di questo tema urgentissimo.
Appare solo la vanità offesa di Conte. Così, però, il professor Conte appare ridicolo e la sua credibilità a pezzi. Il professor Conte, per il suo bene, dovrebbe cambiare atteggiamento e dimostrare coi fatti di non essere quello che altri pensano. Se non ci riesce che almeno non si agiti perché fa peggio per sé e avvantaggia solo i suoi nemici.
È possibile che anche i suoi M5s si rendano conto della stupidaggine della situazione ma qui c’è un problema più concreto. Ci sono centinaia di deputati e senatori che prima dell’elezione non avevano né arte né parte. Essi considerano lo scanno alla Camera come il posto fisso di Checco Zalone. Non è possibile Checco-Zalonare le Camere, ma comunque vogliono prolungare il più possibile prebende e privilegi.
Non sanno che fare e si accodano a Conte non per fare cadere il governo, cosa che li manderebbe tutti a casa, ma per strappare un briciolo di attenzione in più. Pensano così di raccogliere qualche voto disperato che li riporti in Parlamento alle prossime elezioni.
È improbabile che questo ottenga il risultato auspicato, anzi. Il crollo dei M5s alle recenti amministrative, la fuga degli elettori dalle urne dicono che su questo crinale Conte e i suoi sono animali in via di estinzione politica. Forse sarà anche un bene per il paese. Vuol dire che gli M5s non servono più all’Italia. Il popolo è sovrano e come promuove così boccia.
Il dramma è per la nazione in un momento delicato e importante dal punto di vista internazionale. Lo spettacolo imbarazzante di Draghi in fuga dal G7 per lenire una crisi di vanità isterica dimostra al mondo la debolezza strutturale del Paese. La cosa che non fa bene a nessuno tranne che agli sfascisti di turno. Essi non si rendono conto che i primi a soccombere sotto le macerie saranno loro.