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La crisi e il miracolo politico di Mattarella

Con le dimissioni del premier Draghi l’aggrovigliato sviluppo della crisi politica è alle ricerca di un punto di equilibrio che si spera possa essere trovato dal Quirinale. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Un silenzio che lasciava sperare un miracolo seguito invece dalla conferma delle dimissioni di Draghi. Per ore apparentemente tutto tace nei palazzi delle istituzioni, dopo il vulnus irresponsabile dei grillini che al Senato non hanno votato la fiducia al governo del quale continuano a far parte, col clamoroso caso al limite dell’indecenza istituzionale del ministro Patuanelli che non ha votato la fiducia a sé stesso.

Il passaggio decisivo è stato quello del colloquio di un’ora al Quirinale fra il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il premier Mario Draghi. Sull’evidenza dell’ampio voto di fiducia, 172 voti, ovvero la maggioranza assoluta rispetto ai 321 senatori, pur senza il voto dei 5 Stelle, si potrebbe essere sviluppata la considerazione del Capo dello Stato che, in un momento così cruciale per il Paese, il governo non poteva certo dimettersi per un voto cosi nettamente favorevole, anche se certo andavano chiariti ed eventualmente risolti i motivi di dissenso o di divaricazione emersi nella maggioranza, in particolare con il Movimento 5 Stelle. Elaborazione affidata al Consiglio dei ministri. Per tentare di far rimarginare il vulnus della mancata partecipazione al voto di fiducia, sarebbe stato necessario cioè trovare un’intesa con i grillini e a seguire con tutte le altre forze di maggioranza sulle cose da fare nell’ultimo scorcio di legislatura. In caso di accordo, il governo Draghi si sarebbe presentato da lunedì al Parlamento per verificare con un nuovo voto di fiducia la ritrovata coesione della maggioranza. Ma il presidente del Consiglio allergico al tira e molla del politichese ha tirato dritto ed ha preferito dimettersi, anche se questo non impedirebbe al Presidente della Repubblica di rinviare il governo alle Camere.

Detto questo, su quello che eventualmente si può classificare la ricerca dell’ennesimo tentativo di miracolo politico di Mattarella, con la necessaria compartecipazione questa volta di Draghi, resta il fatto che è prevedibile che i contraccolpi della sceneggiata dei grillini al Senato manderanno ulteriormente in frantumi il Movimento 5 Stelle. Contraccolpi che riguarderebbero anche la Lega perché il ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti e i presidenti delle Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto, Fedriga e Zaia, e degli ambienti confindustriali del nord hanno stoppato ogni tentativo di fuga in avanti del segretario Matteo Salvini intenzionato a saltare sul treno in corsa dell’eventuale crisi di governo. Gli ambienti parlamentari e istituzionali concordano anche con l’incidenza delle preoccupazioni internazionali e dei mercati finanziarie, fatte pervenire ai vertici delle istituzioni per l’incomprensibilità di una crisi che rischia di incrinare il grande prestigio e il protagonismo di cui l’Italia gode in questo momento sullo scenario globale.

Miracoli in politica? Sì, perché, come osserva la scrittrice americana Jodi Picoult, è possibile che un miracolo non sia solo qualcosa che è successo, ma anche qualcosa che non è successo o che si può rapidamente risolvere. Come l’apertura di una crisi rovinosa e con conseguenze che per il Paese potrebbero essere incontrollabili.

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