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Senza difesa non c’è sostenibilità. Profumo sugli investimenti europei

Nonostante a seguito della guerra in Ucraina numerosi Paesi europei abbiano sentito la necessità di aumentare le proprie spese per la difesa, sottolineando al contempo l’opportunità di un’azione congiunta all’interno dell’Ue, la Banca europea per gli investimenti non ha ancora la possibilità di investire a sostegno del settore militare. Secondo Alessandro Profumo, ad di Leonardo, al Financial Times, una previsione che dovrebbe essere rivista

La Banca europea per gli investimenti (Bei) dovrebbe aprirsi al finanziamento del settore della Difesa, una necessità resa evidente dall’invasione russa dell’Ucraina. Lo sostiene l’amministratore delegato di Leonardo e presidente dell’Associazione delle industrie europee dell’aerospazio, sicurezza e difesa (Asd Europe), Alessandro Profumo, nel corso di un’intervista rilasciata al Financial Times. Secondo il manager, “una modifica sulle norme per la Bei su come finanziare il settore della difesa sarebbe estremamente rilevante, in quanto potrebbe creare una tendenza per il settore finanziario”. Secondo Profumo, inoltre, revisionare la politica di prestiti della Banca europea, consentendole di investire in progetti militari, sarebbe anche un modo per inviare un segnale importante per il rafforzamento della base industriale della difesa dell’intera Unione europea.

Le iniziative del Consiglio europeo

Sul ruolo della Bei nel settore della difesa europea era anche intervenuto a fine maggio il Consiglio europeo straordinario convocato a Bruxelles, durante il quale i leader dei Paesi europei hanno affrontato gli impatti dell’invasione russa dell’Ucraina, dalla sicurezza alimentari all’energia. Al vertice, tra le priorità di intervento per colmare le lacune del settore, è stato previsto il rafforzamento del ruolo della Banca europea per gli investimenti a sostegno della sicurezza e della difesa europea, in linea con la sua recente Iniziativa strategica per la sicurezza europea.

I limiti della Bei

L’istituto dell’Ue, infatti, è autorizzato a promuovere le diverse iniziative identificate all’interno dell’Unione, ma non può intervenire con investimenti che si inseriscono in attività della difesa o negli equipaggiamenti collegati, dalle armi alle munizioni. Secondo la Banca, il suo ruolo è quello di dare un sostegno all’industria in generale, in particolare per quanto riguarda la ricerca e sviluppo, inserendo all’interno di questo capitolo anche le tecnologie dual-use civile-militare. A marzo, poi, la Banca ha deciso di sostenere il finanziamento dell’Iniziativa strategica per la sicurezza europea, rafforzando gli investimenti nel settore delle infrastrutture critiche e per la sicurezza civile, ambiti con possibili ricadute anche per il comparto della difesa.

Gli impatti della guerra

L’accesso ai finanziamenti è stato fondamentale soprattutto per le aziende più piccole, ma a elevato livello innovativo, della catena degli approvvigionamenti. La guerra in Ucraina, poi, ha spinto diversi Paesi europei ad aumentare le proprie spese per la Difesa, con diversi Stati intenzionati a raggiungere la soglia del 2% del Pil da dedicare al settore. Berlino, in particolare, ha anche previsto lo stanziamento di un fondo speciale per l’innovazione militare da cento miliardi di euro. Bruxelles stessa ha presentato alcune proposte per aumentare e razionalizzare la collaborazione continentale sulla produzione di equipaggiamenti militari. Come ha registrato sempre Profumo, il conflitto in Europa orientale ha “cambiato significativamente la posizione di molti Paesi europei nei confronti del settore della difesa” aggiungendo come “non c’è sostenibilità senza sicurezza”.

I limiti della finanza sostenibile

Le parole di Profumo fanno riferimento alle previsioni della finanza sostenibile, basata in parte sui cosiddetti indici Esg, i valori che premiano le aziende che rispettano parametri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance, basate soprattutto sulle linee-guida dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite. L’anno sorso l’Unione europea ha deciso di non proseguire con l’adesione di alcune proposte in questo senso che avrebbero etichettato l’industria della difesa come “socialmente dannosa”, rischiando di compromettere il sostegno finanziario del settore a lungo termine. Il rapporto finale espresso da Bruxelles è “migliore di quello precedente” ha detto Profumo, ricordando come il tema non sia tuttavia ancora “fuori discussione”.

Riconfigurare il Fondo europeo per la Difesa

In definitiva, dunque, l’amministratore di Leonardo ha ricordato come l’industria sia favorevole a un aumento del bilancio da destinare al Fondo europeo per la difesa (Edf), l’iniziativa lanciata dalla Commissione europea alla fine del 2016 per finanziare la ricerca in ambito di difesa all’interno dell’Ue e per co-finanziare i progetti di sviluppo e acquisizione di equipaggiamenti militari tra Stati membri. A maggio dell’anno scorso la Commissione aveva rivisto il budget dedicato per il periodo 2021-2027, riducendolo dai previsti 13 miliardi di euro a 7,9 miliardi, una decisione presa a seguito della pandemia di Covid-19. “Chiaramente – ha commentato ancora Profumo – riteniamo che sia importante ridiscutere il budget per l’Edf e trovare un importo aggiuntivo per essere sicuri che i Paesi europei stiano davvero lavorando in modo appropriato sulla ricerca e lo sviluppo da un lato, e sulla ricreazione della base operativa dall’altro, e sulla ricostituzione della base operativa dall’altro”.

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