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Non in Draghi ma nel draghismo le ragioni della crisi

Questo governo ancora in carica è composto dal meglio che abbiamo? Per molti versi sì, a cominciare dal premier che è un fuoriclasse e che ci mancherà. Ma sono proprio quelli bravi che devono trovare le soluzioni a problemi difficili, perché chiederle a quelli scarsi è fatica sprecata

Il governo Draghi ha potuto disporre della più forte mobilitazione di società civile che si ricordi nella seconda Repubblica, dell’appello esplicito di centinaia di sindaci, del sostegno di molti governatori, dell’appoggio garbato ma totale del Quirinale, dell’evidente favore di larghissima parte della comunità internazionale di tipo democratico e di ottima stampa anche (e forse soprattutto) nelle convulse ore dell’ultima settimana.

Nonostante tutto questo è crollato in poche ore, di fronte ad una manovra politica che ha visto protagonisti i due attori principali del governo giallo-verde d’inizio legislatura (Conte e Salvini) questa volta sostenuti anche da Silvio Berlusconi.

Come si è prodotto questo sorprendente risultato? Può essere solo figlio dell’ansia elettorale di partiti in calo nei sondaggi (elemento comunque assai rilevante) o dell’ormai piuttosto esplicita freddezza dello stesso premier di fronte all’idea di continuare?

A mio avviso no, per ragioni che proverò sinteticamente ad esporre.

Credo infatti all’esistenza di tre motivi essenziali e convergenti come causa della chiusura anticipata della legislatura, motivi che vanno seriamente analizzati anche in vista dei prossimi anni.

Il primo sta nel fatto che il governo Draghi nasce “costruito” per concludere la sua esperienza con l’elezione del Capo dello Stato, dopo aver gestito l’emergenza pandemica ed aver avviato le attività del Pnrr. Lì si sarebbe dovuta concludere la legislatura, con il passaggio dell’ex presidente della Bce al Quirinale. Le cose però sono andate diversamente (e a destra se ne pentiranno negli anni a venire) ma la partita si è chiusa comunque perché il suo motore “politico” interno ha cessato di girare. E soltanto lo scoppio della guerra russa all’Ucraina ne ha ritardato l’evidenza.

Il secondo è legato al fatto che in Italia da molto tempo a questa parte nessuno o quasi riesce ad immaginare più una campagna elettorale essendo forza di governo (ci riesce in parte solo il Pd, ma non la sinistra: ed è ben evidente che Pd e sinistra non sono la stessa cosa da anni). Quindi all’avvicinarsi delle elezioni tutti vogliono correre all’opposizione di qualcosa per sentirsi più sicuri.

Infine c’è la ragione più importante, almeno a mio avviso. Essa riguarda in parte lo stesso primo ministro ma soprattutto il fenomeno da lui generato, che vorrei chiamare “draghismo”. Cos’è questo fenomeno? Diciamo che è la convinzione di essere i migliori a prescindere, di avere ragione a prescindere, di saper indicare la strada giusta perché dotati di competenza, buone relazioni, esperienza invidiabile.

Ebbene questo “draghismo” ha per settimane irriso ogni altro soggetto o potere presente nel sistema, ha giocato come il gatto con il topo su molte decisioni, ha trattato il Parlamento (per inciso il peggiore della storia della Repubblica) come un mero esecutore delle volontà governative ed i leader politici (quelli che abbiamo, con tutti i loro evidenti limiti) come intralci fastidiosi.

Arrivato a pochi mesi dalla scadenza naturale, non più protetto dal timore di interrompere la legislatura con troppo anticipo e indebolito dal mancato passaggio al Quirinale del capo del governo, il “ draghismo” si è scoperto fragile, incapace di combattere (o di mediare, che in politica è la stessa cosa) ed è andato giù per volontà di poche persone cui ha opposto strategie perdenti ed anche un po’ patetiche (vedi la scissione di dieci giorni fa nel M5S), che hanno finito per accelerare la crisi anziché prevenirla.

I migliori cioè non hanno saputo trovare una forma di dialogo con l’anima populista (e popolare) della nazione, che, per quanto “stracciona” possa apparire vista da Capalbio, non può essere derubricata a fenomeno inesistente ed irrilevante.

Insomma il “draghismo” ha grandemente peccato di superbia. Quel governo (anzi questo, perché è in carica) è composto dal meglio che abbiamo? Per molti versi sì, a cominciare dal premier che è un fuoriclasse e che ci mancherà. Ma sono proprio quelli bravi che devono trovare le soluzioni a problemi difficili, perché chiederle a quelli scarsi è fatica sprecata.

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