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Senza Supermario, si balla. Borse a picco, spread in fibrillazione

Al termine di una giornata al cardiopalma Borsa e spread hanno detto la loro, Draghi avrebbe dovuto restare a Palazzo Chigi. Piazza Affari perde il 3,4% mentre il differenziale tra Btp e bund si impenna a quota 228 ma poi ripiega non appena Draghi rientra dal Colle e si rimette a lavorare. Un segnale inequivocabile, servito a poco. E domani?

I mercati votano Mario Draghi e non è certo un mistero. Nella giornata al cardiopalma che ha sancito la fine del governo guidato dall’ex presidente della Bce, Borsa e investitori hanno comunque detto la loro, in modo inequivocabile: il padre del whatever it takes deve restare a Palazzo Chigi, anche orfano del sostegno del Movimento Cinque Stelle e continuare a governare l’Italia fino alle elezioni del 2023. Punto. Ma non sarà così.

Il primo verdetto è arrivato dalla Borsa che non ha per nulla gradito il colpo di mano al Senato dei grillini, sprofondando di buon mattino del 2,9% per poi portarsi a fine seduta a quota -3,4%. Miliardi di capitalizzazione bruciati perché sembrava che il premier avrebbe rimesso il mandato nelle mani di Sergio Mattarella. Ma è dal fronte dello spread che sono arrivati i segnali più eloquenti.

Mentre Draghi e Mattarella erano a colloquio al Quirinale, il differenziale tra il Btp e il bund tedesco toccava i massimi di giornata, a quota 228 punti base e con il rendimento sul titolo decennale al 3,2%. Ma, subito dopo l’incontro, durato circa un’ora e con il rientro di Draghi a Palazzo Chigi, lo spread cominciava a calare, fino a chiudere la seduta a 218 punti base, in aumento del 6% rispetto alla giornata precedente. Segno che gli investitori, che ogni anno sottoscrivono debito italiano per 400 miliardi di euro, non ne vogliono sapere di un cambio della guardia o, peggio, di un voto anticipato.

D’altronde, e non serve uno scienziato per capirlo, su un Paese con un debito e con i precedenti dell’Italia, pesano sempre i ricordi legati alla crisi del 2011 e finisce rapidamente nel mirino della speculazione ogni volta che l’incertezza prende il sopravvento sulla capacità di garantire stabilità. L’ex presidente della Bce è considerato una garanzia dai mercati internazionali, anche per sua comprovata capacità di far valere il peso dell’Italia sui tavoli internazionali. Il timore che immediatamente si diffonde, anche oltre le oggettive difficoltà che si possono prospettare, è che un equilibrio precario possa facilmente rompersi.

Saranno gli sviluppi delle prossime ore a indirizzare il comportamento dei mercati. L’apertura formale della crisi è ormai conclamata e domani potrebbe innescare una reazione a catena e bruciare miliardi in capitalizzazione, con una contestuale corsa dello spread. D’altra parte, un chiarimento del quadro, se si aprisse uno scenario di minore incertezza, potrebbe raffreddare la tensione. Peccato che alla fine il premier abbia deciso di gettare la spugna. Proprio nelle ore in cui la Commissione Ue ha abbassato le stime per la zona euro, indicando l’Italia quale fanalino di coda: crescerà appena dello 0,9% nel 2023, rispetto all’1,9% previsto in maggio, con il dato peggiore tra i paesi membri dell’area. A domani.

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