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I droni sequestrati a Gioia Tauro erano diretti in Russia?

Gdf e Dogane hanno scoperto e bloccato i container. La Procura di Palmi indaga e l’Fbi è arrivata al porto. Il sospetto è che il materiale “made in Usa” non fosse diretto in Qatar per i Mondiali, come dichiarato. C’è l’ipotesi di un passaggio in Siria prima della consegna nella mani di Mosca. Pochi giorni fa il monito della Casa Bianca sull’aiuto iraniano a Putin in Ucraina

Dal Canada al Qatar passando per l’Italia. Attraverso questa triangolazione la Russia di Vladimir Putin avrebbe cercato di importare droni “made in Usa” da impiegare nella guerra in Ucraina. Ma il materiale, per droni dual-use, è stato scoperto e bloccato dalla Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle dogane nel porto di Gioia Tauro. È quanto rivelato da Repubblica. La Procura della Repubblica di Palmi, competente per territorio sul porto di Gioia Tauro, ha aperto un’indagine, ha appreso Formiche.net. La Direzione generale delle Dogane e il Comando generale della Guardia di finanza seguono direttamente la vicenda.

Ufficialmente la meta finale era il Qatar ma non è chiaro se fosse soltanto un’altra tappa prima che i container fossero inviati in Russia, il cui obiettivo è mettere le mani non tanto sugli aerei quanto sui complessi sistemi di guida e controllo. Le componenti, come spiega Repubblica, per un valore di decine di milioni di euro sono a oggi sotto sequestro. Ma, al di là del valore economico comunque elevato, si tratta di materiale con un alto valore tecnologico. E così, come riporta lo stesso giornale, quando gli americani hanno ricevuto dall’Italia la comunicazione del sequestro, una squadra dell’Fbi è volata immediatamente da Washington a Roma e poi a Gioia Tauro.

A quanto risulta a Formiche.net la versione ufficiale sulla meta era il Qatar, con i droni impiegati nel contesto dei Mondiali di calcio che si terranno tra novembre e dicembre. Non si escludono, come evidenzia Repubblica, ipotesi come “la possibilità di spegnere il localizzatore gps della nave container in partenza da Gioia Tauro per poi puntare, in incognito, sulla Siria”, dove la Russia disponibile di un alleato di ferro, il presidente Bashar al-Assad, ma soprattutto di una fondamentale base militare, Tartus. Il porto calabrese, ottavo scalo d’Europa, è spesso stato al centro di attenzioni internazionali, dall’ipotesi di un ruolo cruciale nella Via della Seta fino al narcotraffico gestito da Hezbollah, organizzazione terroristica sostenitrice del regime di Assad e legata a doppio filo all’Iran e in particolare ai Pasdaran.

D’altronde Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha lanciato un chiaro allarme pochi giorni fa, proprio mentre il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian, vicino ai Pasdaran, era a Roma per incontrare l’omologo Luigi Di Maio e la diplomazia vaticana: “Le informazioni in nostro possesso indicano che il governo iraniano si sta preparando a fornire alla Russia fino a diverse centinaia di UAV, compresi quelli con capacità di fuoco, in tempi rapidi”, ha detto durante un briefing alla Casa Bianca. È stata la prima volta che l’amministrazione statunitense ha accusato pubblicamente l’Iran di aiutare la Russia nella guerra in Ucraina.

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